Ma nel cuore nessuna croce manca

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Ma chi può tollerare di sapere
quali stelle sono già morte?
C'è qualcuno al mondo che possa
sopportare di sapere che lo sono tutte?
(J.K.Rowling – Il seggio vacante)





"And we can stop our whoring and pull the smiles inside,
and light it up forever and never go to sleep.
My best unbeaten brother, this isn't all I see.
Oh, no, I see a darkness.
Oh, no, I see a darkness.
Oh, no, I see a darkness.
Oh, no, I see a darkness."





Ti svegli di colpo, col respiro mozzo, la gola secca, chiusa, ostaggio di un grido strozzato.

Le dita si contraggono, si aggrappano alla stoffa vischiosa delle lenzuola, mentre con uno scatto involontario ti sollevi sul letto, il corpo scosso da brividi isterici. Tenti di ricacciare in fondo all'esofago il rigurgito acido che ti ustiona la bocca – invano –, e ti prendi la testa fra le mani, reprimendo un gemito, la mente tesa nello sforzo di tornare presente a se stessa; cerchi di ritrovare, per quanto possibile, una briciola di lucidità, un minimo di autocontrollo.

Illuso. Sei soltanto un povero illuso.

È successo ancora.

Come tutte le notti.

Lo stesso incubo, la stessa follia, la stessa paralizzante morsa allo stomaco.

Rimani per un momento immobile, rigido e muto nella cupa penombra della stanza, spoglia e a malapena rischiarata dal baluginio fioco di una lampada a olio. Ascolti il gocciare ovattato della pioggia che si riversa rabbiosa contro il legno scheggiato delle imposte, toc toc toc. È un suono dal ritmo cadenzato, ipnotico, alienante: rammenta il rantolo di una bestia in agonia, lo stridore di un artiglio che gratta sul vetro. È uno stillicidio beffardo, un pungolo affilato che esaspera i nervi già logori, un'eco spettrale del boato continuo e sordo e furibondo che ti ruggisce nelle orecchie e ti perfora le tempie con un accanimento quasi crudele.

«Albus?»

La sua voce ti scivola carezzevole addosso, morbida e suadente come il manto di una tigre.

«Ti ho svegliato? Non volevo, mi dispiace» sussurri in tono sommesso, piatto – anche se lo sai, lo sai che lui percepisce le tue emozioni con l'istinto immediato di un serpente che saggia gli odori nell'aria, persino durante il sonno.

Lo avverti muoversi alle tue spalle – lento, silenzioso, aggraziato –, quel tanto che basta per portarsi alla tua medesima altezza e inginocchiarsi mollemente accanto a te. Abbassi le palpebre, trattenendo appena il fiato, in attesa. Un istante – un battito di ciglia, forse due – e sei fra le sue braccia. Ti stringe con la delicatezza della seta e la forza dell'acciaio. Preme piano la fronte contro la tua schiena, facendo aderire il suo corpo nudo al tuo, i polsi incrociati sopra il ventre, i palmi aperti sui tuoi fianchi, le labbra calde a sfiorarti la pelle.

«Smettila di torturarti. Non è stata colpa tua.»

«È stata solo colpa mia» esali in un soffio, lacerato, tremando fra le sue mani, lottando per bloccare il rapporto mentale che lega inesorabilmente i pensieri di uno alle ferite e ai tormenti dell'altro.

«No, ti prego no, non chiudermi fuori, non ritrarti da me. Lascia che ti aiuti, sai che posso farlo. Lasciami entrare

Non sarebbe giusto, non è giusto, bredhu. Questo è il mio fardello.

È il nostro fardello, amore mio. Non c'è nulla, nulla che non possiamo condividere, ricordi?

Inspiri ed espiri a lungo, incapace di opporti ancora a ciò che il tuo cuore invoca con foga a ogni palpito mancato. Intrecci saldamente le dita alle sue, abbandonandoti contro il suo addome; segui il richiamo della sua mente, schiudendoti in risposta al suo tocco deciso, e alla fine gli permetti di entrare, di riempirti, di sentire e accogliere l'ondata travolgente della tua angoscia.

Vide cor tuum [GRINDELDORE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora