Simone si svegliò con la luce del sole filtrata dalla piccola finestra della camera di Manuel.
Ancor prima di aprire gli occhi sentì un peso premergli sull'addome e, istintivamente, tastò con la mano accorgendosi ben presto che si trattasse del su braccio.
La ritirò con urgenza per paura di svegliarlo, aprendo gli occhi di colpo.
Voltò il capo leggermente e si accorse che il ragazzo accanto a lui dormiva a pancia in giù, con il viso rivolto verso di lui, le ciglia lunghe a fargli ombra sul viso e la bocca semi aperta. Il ritmo del suo respiro era regolare, al contrario del proprio, che aveva iniziato ad accelerare a quella vista.
Probabilmente Manuel non avrebbe mai smesso di fargli quell'effetto.
Si passò una mano sul viso, cercando di fare mente locale di tutti gli avvenimenti della giornata precedente.
Dante, Jacopo, Manuel, Jacopo, Manuel, Manuel.
Manuel ovunque.
Una consapevolezza raggiunse il suo cervello, inaspettata e più veloce di un fulmine: Jacopo gli doveva voler davvero tanto bene se aveva deciso di regalargli un tizio con una matassa di ricci ingrati, un marcato accento romano, un amore sconfinato per i motori e la capacità sia di farlo uscire fuori di testa che di farlo sentire la persona più amata del mondo.
In realtà si sentiva più confuso che mai, da tutti i punti di vista.
La sua mente andò per un attimo a suo padre, con cui non sapeva come comportarsi. Si sentiva trattato da stupido, da entrambi i genitori. Se gli avessero detto tutto prima, se avessero considerato l'ipotesi di fargli affrontare la questione quando erano ancora in tempo, avrebbe potuto dare a Jacopo la memoria che si meritava, anche se non sarebbe bastata.
Jacopo doveva essere lì con lui, tra le sue cose, tra i suoi giochi, nei loro litigi, Jacopo avrebbe dovuto essere un uragano nel cielo nuvoloso che era Simone, per spazzargli via tutto il maltempo che l'aveva sempre accompagnato.
O forse con Jacopo quel maltempo non sarebbe mai esistito.
Strinse gli occhi e non poté fermare la lacrima che gli scese silenziosa, in punta di piedi.
D'altra parte forse neanche i suoi genitori avevano avuto forza di affrontare una cosa così grande, magari portando il loro matrimonio ad un punto di non ritorno. Ci dovevo rimettere io, però - si ritrovò a pensare, ragionando su quanto avesse sofferto per la separazione, per l'assenza del padre, per il suo inaspettato e ingombrante ritorno che gli aveva scombussolato tutti i piani. Era stato proprio quel ritorno a farlo arrivare a quella giornata, altrimenti chissà per quanto altro tempo gli avrebbero nascosto tutto. Un'altra lacrima zampettò sul suo viso, ma cercò di non agitarsi per non svegliare Manuel che ancora dormiva beato con un braccio su di lui.
Si voltò leggermente per guardarlo e sorrise.
Manuel l'aveva riportato in vita.
Il giorno prima si era davvero sentito morire, più di una volta.
Si era sentito come se gli stessero strappando via il cuore con la forza, gli cedevano le gambe, non aveva più aria nei polmoni, sentiva lo stomaco preso a calci e pugni e semplicemente aveva pensato di meritarlo. Si stava arrendendo a quella sensazione angosciante finché non era arrivato Manuel a strapparlo via dall'inferno con quell'inspiegabile forza che ardeva come fuoco nei suoi occhi, che non c'era mai stata neanche quando aveva dovuto salvare sé stesso. Cosa aveva fatto per meritarselo? Aveva davvero meritato tutta quella preoccupazione, quella dedizione, quelle parole, quelle carezze? Manuel era capace di essere il più rude degli uomini e il più dolce degli angeli, se ne era reso conto quando il riccio l'aveva stretto a sé.