Se domani la nostra guerra
non fosse più soltanto un selfie
tra le bombe della noia,
se infilati nella mimetica
con un calcio ci spedissero al fronte -
prima che mi risucchi la trincea,
prima di nascondermi fra i morti
nel modo più vigliacco di combattere,
vorrei chiedere perdono.
Perdonami se ti ho vissuto con pigrizia
se ti ho sciolta nell'acido della routine,
se ho interrotto il ponte radio
mentre facevamo sesso
e ho viaggiato con la mente
nel modo più vigliacco di tradirti.
Perdona i miei ingranaggi i meccanismi
il moto elicoidale che dà la gioia.
Perdona le bottiglie molotov,
le cariche di quando dentro
si allentano le viti e non c'è luogo
violento come casa nostra!
Ma non intendo per violenza l'atto
l'urto in superficie, piuttosto
penso a un urlo sotterraneo,
qualcosa che striscia
nel tunnel delle vene. E ti domando
se così non siano state più feroci
le carezze, o se a volte nel perdono stesso
non si nasconda il ringhio
di un'indole con la museruola.