Il fuoco di Pyras - Il messaggero inaspettato

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Nelle decadi successive ricevettero la notizia che effettivamente l'imperatore aveva deciso di scendere a sud per negoziare con l'elaion.

L'elaion di Ermon, dal canto suo, aveva annunciato che sarebbe partito al più presto per precedere l'imperatore e accettare l'ospitalità di Ruggero Dorati, conte di Stellio.

Mentre il castello veniva preparato per ospitare le due importanti personalità, Edwyn cercava di tenersi distante dalla vita di corte; per questo passava gran parte delle giornate nel tempio.

Stellio era una grande fortezza costruita su una motta di terra in mezzo ad una pianura, e fuori dalla prima cinta muraria si estendeva un piccolo villaggio, in quei mesi meta di molti che cercavano di fuggire dalla guerra. Dopo che il pastore locale era morto per un'epidemia durante l'assedio, Edwyn si era offerto di officiare i riti sacri temporaneamente e molti dei popolani accorsi richiedevano spesso di poter parlare con lui per confessarsi o chiedere supporto.

Adesso Ed era solo, in ginocchio di fronte all'altare principale, quello vuoto, dove nessuna statua era posta a rappresentare il Padre delle Dame e dei mortali. Di fronte a lui c'era solo una rudimentale pala d'altare con su raffigurata una luce dorata sulle teste di una folla di uomini e donne in adorazione. Di fronte all'immagine sacra Edwyn teneva il capo chino, gli occhi chiusi e le mani giunte, ma non pregava. La sua mente era altrove.

Cercava di ricostruire tutti gli eventi degli ultimi otto anni per capire cosa sarebbe successo adesso. Quale sarebbe stata la prossima mossa dell'imperatore? Per il poco che Ed lo aveva conosciuto sapeva perfettamente che Alaric Holm non era certo il tipo da accettare una sconfitta così facilmente.

Era bello pensare di aver vinto, ma in quei giorni lo aveva pervaso una strana sensazione: il kladio sarebbe morto, era evidente, ma cosa sarebbe successo dopo? Edwyn sarebbe riuscito a prenderne il posto? Per farlo era necessario che l'elaion riuscisse ad imporsi sull'imperatore, il quale non avrebbe assolutamente accettato che proprio lui assumesse un incarico così importante. Tutto dipendeva da quanto l'imperatore si sentisse con le spalle al muro, e da quanto l'elaion sarebbe stato in grado di farcelo sentire.

Il suo momento di solitudine terminò in fretta. Sentì i passi pesanti di qualcuno percorrere il tempio dall'ingresso principale. Non si girò: voleva dare l'impressione di essere completamente immerso nella preghiera. Anche se adesso si sentiva come colto sul fatto, e cercò di dissimulare i suoi pensieri assumendo l'espressione più serafica che poté.

I passi pesanti si fermarono esattamente dietro di lui: «Perdonate, fratello Edwyn, se interrompo la vostra preghiera». La voce aveva una tonalità familiare, eppure era così diversa da ogni altra che avesse sentito recentemente. Era come se fosse qualcosa di relegato molto lontano nella memoria, eppure ancora vivo. Il ricordo era stato ripescato da quella semplice parola: fratello.

Ed aprì gli occhi. Si alzò tenendosi la tonaca. Si voltò lentamente. L'uomo non doveva essere troppo più giovane di lui. I capelli castani erano tagliati al modo dei frati, il volto scavato. La tonaca grigia era consunta e sudicia e lasciava perfettamente intuire le forme del corpo scheletrico, tanto fragile che Ed si chiese come potesse sostenere il peso della veste. Il priore del Crocevia scrutò l'uomo per qualche istante. La sua pelle era pallida, la barba incolta copriva solo in parte gli zigomi pronunciati, gli occhi grigi e senza passione, il naso adunco. Ma nella sua espressione c'era ancora qualcosa di quel giovane.

«Rath?» Ed non ci poteva credere.

«Ed» il giovane saloasiano lo chiamò come nessuno lo aveva più chiamato da anni. Mentre pronunciava il suo nome un sorriso malinconico gli piegò le labbra e Ed lo vide allargare le braccia come per abbracciarlo.

Lunga vita al reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora