Dovevo dargli delle certezze. Simone tendeva ad avere degli atteggiamenti femminili nei miei confronti: voleva sempre avere risposte alle sue continue domande, si insospettiva quando conoscevo qualcun altro, voleva sapere cosa pensavo di lui ogni volta che succedeva qualcosa tra di noi. Forse era un comportamento da semplice persona innamorata ma io mi sentivo impedito nel donargli quelle risposte tanto ambite, fuggivo sempre, cercavo sempre di scampare dai miei obblighi da persona normale che ricambia dei sentimenti, lo amavo solo che non potevo ammetterlo in quel momento. Avrebbe rotto la magia che vi era tra di noi, sapevo che aveva solo occhi per me ma quando lessi sullo schermo quel messaggio non potei non trattenere un'imprecazione. Chi era quello? Tutte le mie certezze si fecero da parte lasciando spazio al puro timore di perderlo per sempre, non aspettai nemmeno che mi desse delle spiegazioni a riguardo, sapendo fin troppo bene che non mi avrebbe mai detto in faccia che provava qualcosa per qualche altro ragazzo. Solo il pensiero mi destabilizzò, i nostri nasi si sfioravano e le sue labbra mi imploravano di farle congiungere con le mie. Una scossa di adrenalina percorse la mia schiena quasi come se mi sentisse il vincitore di quella battaglia nata per amore, tra rivali in amore. Avevo l'occasione di renderlo mio, di togliergli tutti i vestiti, di baciare tutti i punti del suo corpo perfetto, di fargli promesse sussurrate all'orecchio, di dirgli che avrei potuto amarlo a qualunque condizione. Ma non lo feci, Manuel Ferro non si sarebbe mai lasciato andare a quella passione, non avrebbe mai lasciato vincere il cuore sul corpo. Mi ritrassi appena mordendomi il labbro inferiore. «annamo' a fare na' camminata?» domandai con voce flebile, mi avrebbe sentito perché eravamo ancora molto vicini. Lessi la delusione nei suoi occhi, lo sguardo speranzoso e colmo di desiderio aveva lasciato spazio ad uno neutro, formale. «sei sicuro che te la senti?» mi domandò ed io non rimasi sorpreso a vedere il suo solito intento di protezione costante che adottava con me. «sì, so sicuro Simò.» gli risposi alzandomi definitamente. Anche se ero a casa sua e dovevo essere l'ospite non mi feci problemi a prendere sia il suo piatto che il mio tra le mani. Li posai nel lavello e mi asciugai al volo le mani con uno straccio. Mi voltai per guardare Simone e notai piacevolmente che mi stava fissando con sguardo consenziente e impaziente allo stesso tempo, desiderava tanto quel bacio, glielo leggevo in faccia. «sei euforico vedo..» lo presi in giro lasciandomi scappare una dolce risata. Lui alzò piano il dito medio con un sorrisetto falso che faceva emergere la voglia segreta che aveva di avermi accanto.Quindi ci dirigemmo verso la pista ciclabile decidendo che avrei fatto un giro turistico per Milano un altro giorno. Camminare mi faceva bene, farsi un giro con la moto era decisamente meglio, ma dato che non era possibile scaricare la tensione in quel modo mi accontentai di una passeggiata semplice, che banale non era perché avevo accanto Simone. Camminavamo ed io non seppi cosa dire all'inizio, sapevo che mi amava ancora, una prova erano state le sue labbra che cercavano avidamente le mie come se fossero le uniche labbra che voleva toccare, sfiorare, baciare. Me le sfiorai con due dita sperando di non farmi notare, ero felice. Tuttavia sembrava che Simone non lo era quanto lo ero io: non aveva ottenuto quello che voleva, era frustato, dovevo baciarlo e basta?
Ero lì lì per aprire la bocca e dire una delle mie solite batuttine di pessimo gusto nei confronti del suo strano silenzio. «ti sei innamorato?» io camminavo leggermente più avanti di lui, ero più spedito mentre lui sembrava che mi seguisse solo perché qualcuno lo aveva obbligato a farlo. Mi fermai di colpo e quella domanda mi colpì il pieno petto. Avrei voluto dirgli tutto, sapevo quindi che aveva letto il messaggio di mia madre, volevo dirgli che centrava lui, solo lui, che avevo paura ad ammettere la mia bisessualità. Ero io quello fragile, non Simone. Non riuscì a sorridere, non riuscì a controbattere, non riuscivo a dire niente di ironico o divertente. «chi te l'ha detto?» sussurrai girandomi a guardarlo. Lo vidi stabile più del solito, mi ricordo che l'ultima volta si era arrabbiato parecchio quando aveva scoperto che ero stato con Alice, sembrava deluso per l'ennesima volta dal mio comportamento. «non importa chi me l'ha detto..è vero o no?» si era fermato anche lui, a un metro di distanza da me. Avevo il timore di avvicinarmi a lui, avevo paura che avvicinandomi il suo sguardo mi avrebbe fatto male, il dolore che provavo era più forte di un calcio nello stomaco. Mi calmai, risposi con calma, senza sembrare uno colto dal panico più profondo. Mi girai verso di lui guardandolo in viso, i suoi occhi mi chiedevano pietà. «sì.» ammisi mentre sentivo la gola pizzicare, lui ci rimase malissimo. Ora sì che aveva gli occhi colmi di lacrime, sbuffò facendo qualche passo indietro come se mi volesse lasciare lì, in mezzo alla strada pedonale senza dire altro. «Simò..» feci qualche passo verso di lui pronto ad afferrarlo se avesse provato ad allontanarsi ancora di più da me. «abbi il coraggio di guardamme in faccia!» alzai il tono di voce guardando le sue spalle, non potendo fare altro. Ebbi paura di vedere la sua espressione, il suo sguardo mi uccideva come una falena intrappolata nella ragnatela del ragno. «guardarti in faccia? Come posso guardarti in faccia dopo che mi hai detto che ami na' altra? Mi prendi per il culo?» sbraitò guardandomi in viso, il viso era rosso e gli occhi vetrati dalla disperazione. «no, non è come pensi!» allargai le braccia, pronto a dargli spiegazioni. Come potevo farlo sentire meglio? Non potevo ammettere di essere innamorato di un ragazzo, mi avrebbe reso troppo fragile. «allora spiegami, hai conosciuto una donna, chi è? Una tipa più grande scommetto..oppure sei tornato semplicemente con Alice?» era davvero incazzato con me. Si era messo ad urlare, non mi sbraitava in faccia da quando gli avevo detto quelle frasi orribili, poche ore prima dell'incidente che avrebbe potuto costargli la vita. «non sono tornato con Alice, sai com'è fatta mi ma' me vede con una donna e pensa subito le peggio cose..» lo presi per le spalle per farlo ragionare. Dovevo cercare di fargli capire che lo amavo senza espormi troppo. «no, vaffanculo Manuel non credo più alle tue cazzate!» sbraitò nuovamente dandomi una spinta, fui costretto a fare qualche passo indietro. «spiegami perché sei tornato qui..spiegami perché hai fatto quello che hai fatto, non ci capisco mai niente con te!» urlò rimanendo fermo. Era la prima ultima possibilità.
In quel momento potevo perderlo per sempre, tornare a Roma dopo che mi avrebbe buttato fuori casa sua, sarei tornato da mia madre in lacrime, peggio di prima. Avrei perso l'unica persona che amavo veramente, avrei perso tutto, il motivo della mia intera esistenza. Per un momento rimasi fermo, lo sguardo puntato verso le mie scarpe, non avendo più la forza di sostenere quello sguardo tagliente. Non riuscivo a dire niente, dovevo dirle due semplici parole per farlo rimanere. Dovevo pensare al fatto che sarebbe stato un nostro segreto, che nessuno mi avrebbe preso in giro. Non ero pronto a sentirmi dire insulti su insulti per i sentimenti che provavo per quel ragazzo moro, non riuscivo a guardarlo in faccia e a dirglielo, avevo timore delle conseguenze. Non volevo sembrare sbagliato, non volevo essere deriso, non volevo sentirmi diverso dai miei coetanei, non volevo guardare in faccia quella parte di me. Anche se il tempo stava scorrendo ed io mi sentì in tensione come quando fai una gara e hai sempre sotto controllo i minuti che scorrono portandoti via la vittoria. Era scaduto il tempo, lo capii dai passi di Simone che si diressero nella parte opposta a dove ero io, non ero riuscito a dire niente. Lo avevo perso per sempre.
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