L'ora del decesso

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Era stanco.
Tornato a casa si buttò di peso sul letto, non aveva fame, non voleva niente.
L'aveva vista con i suoi occhi, la speranza che si frammentava in milioni di pezzi.
Si sentì sconfitto da tutti quelli che gli avevano detto che non ce l'avrebbe fatta, perché avevano avuto ragione, e intanto sentiva di aver deluso chi aveva creduto in lui e chi non poteva far altro che affidarsi a lui.
Conosceva le sue capacità, sapeva che avrebbe potuto farcela... ciò gli faceva ancora più rabbia, perché quell'errore era evitabile, e quell'errore ha avuto un prezzo da pagare troppo alto.
-Ora del decesso: 03:49-
Gli passò alla mente un primo frammento.
Fu stupito dal modo distaccato in cui solo poche ore prima, quella notte, pronunciò quelle parole. Ma quello non era lui, era solo la maschera che era costretto ad indossare sperando che, una volta tolta, sarebbero spariti anche i sentimenti che tentava di reprimere.
Ma la maschera stava scoppiando di emozioni represse e, mentre si preparava ad annunciare l'accaduto ai familiari del suo paziente, quel sottile laccetto che la manteneva sul viso si sganciò: in un istante sentì gli occhi lucidi.
Doveva restare professionale, lo sapeva. Non poteva farsi vedere dai parenti del paziente in quello stato.
Pensò che lo avrebbero odiato, e che avrebbero fatto bene: era il migliore nel suo campo, avevano fatto pieno affidamento su di lui, e lui aveva sbagliato.
Cercava la maschera nella sua testa, ne aveva bisogno, ma era stata distrutta in troppi frammenti, non poteva più ricostruirla.
Allora iniziò a respirare profondamente, inspirò più aria che poteva, ed espirò sonoramente.
Non aiutò.
Si poggiò al muro, gli mancava la forza, lasciò che le sue braccia seguissero la forza di gravità e non quella delle sue articolazioni, e guardò il soffitto.
-Devo farlo- sussurrò.
Delle persone lo stavano aspettando, doveva prendersi le sue responsabilità.
Non ne era capace, ma non poteva neanche prolungare le speranze di quelle persone.
Più si spera, più si resta fottuti, lo sapeva.
Allora mise da parte la ricerca della maschera, e iniziò a camminare un passo alla volta. Sembrava uno zombie, era pallido e sudato, le articolazioni delle braccia non avevano intenzione di muoversi, e non aveva idea di come fosse possibile che stesse muovendo le gambe.
Li riconobbe, erano a pochi metri di distanza da lui, in quel largo corridoio bianco.
Una ragazzina lo guardò, e attirò l'attenzione degli altri indicandolo.
Una donna, -sua madre- pensò, lo guardò dritto negli occhi, e lui si sentì rompersi in milioni di pezzi.
Si immobilizzò, non riusciva più a muoversi, poi perse completamente la forza nelle gambe e cadde per terra.
Nessuno si avvicinò per aiutarlo, ora piangevano tutti.
Lui iniziò a strisciare dalla parte opposta, aiutandosi con le mani, finché una sua collega non lo vide e lo aiutò.
Ora era lì, buttato sul suo letto.
Chiuse gli occhi, ma a differenza di qualcun altro, non li chiuse per sempre.

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