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Quando il giorno successivo Maria Rosa uscì di casa per dirigersi verso il cimitero, sapeva che le parole della cugina, Agnese, le sarebbero ronzate nella testa nonostante si fosse detta, e questo dal giorno precedente, che non era affar suo, che lei aveva già fin troppi problemi e tanti dolori. Non aveva tempo da perdere dietro a impicci e pettegolezzi. Una manciata di minuti dopo, in piedi e ferma a contemplare la tomba dell'amato defunto, si ritrovò a pensare che invece di tempo libero ne aveva eccome da quando era pensionata. Scrollò il capo, in fondo tutto quello che Maria Rosa aveva sempre voluto era una vita tranquilla, lontana da pensieri e turbamenti. Incrociò le dita davanti al petto per darsi un contegno e sussultò quando le parve di notare, con la coda dell'occhio, le sopracciglia dell'amato, ritratto sulla lapide, alzarsi.
«Cosa?»
Strabuzzò gli occhi, poi li strofinò e si accostò alla tomba: nulla era mutato, così come è immutabile nel tempo chi muore. Dante sorrideva.
«Hai alzato le sopracciglia?» gli chiese, senza ricevere risposta; subito però si guardò intorno per vedere se qualcuno la stesse osservando. Era sola, decise comunque che era troppo per quella mattina. Sempre con l'intento di sorvolare il pettegolezzo e non dare valore alla notizia, salutò Dante e si avviò verso l'uscita.

«Salve!» Un uomo di origini indiane alzò la mano e la salutò.
«Buongiorno» rispose Rosa, riscossa dai suoi pensieri.
«Cosa si dice in paese?» L'uomo reggeva un attrezzo da giardinaggio e stava sistemando rose di vari colori in un vaso pieno d'acqua.
«Niente di nuovo» tagliò corto lei.
«Tolgo spine» disse lui con il suo accento marcato, vedendo che Rosa fissava le sue mani, «non mi piace che signore si pungono mentre salutano proprio cari.»
«Sei gentile.»
«È mio lavoro!»
«Essere gentile?» domandò Rosa, chinando leggermente il capo.
«No.» L'uomo rise. «I fiori.»
Risero entrambi, ma l'uomo non dimenticò la sua prima domanda, la fece posando l'attrezzo e pulendosi le mani sui jeans che sembravano lavati al tè, in realtà erano così sporchi che i lavaggi non servivano più a un gran che.
«Allora? Cosa si dice in paese? Ho saputo di macellaio!»
Le notizie arrivavano alla svelta persino fino al cimitero, ben lontano dal centro del paese.
Sarà passata Agnese di buon mattino, pensò Rosa.
«È passata sua amica... Quella con la quale viene qui spesso» insistette l'uomo.
Appunto! «È Agnese, mia cugina» spiegò lei.
«Ah...»
Probabilmente all'uomo non importava molto il grado di parentela tra e due donne, ma i suoi occhi bramavano lo scoop, anche se era lui a saperne di più qual giorno.
«Io non so molto del macellaio» Ed era vero; Maria Rosa non sapeva di più di quello che la cugina le aveva accennato.
«Cugina ha detto che uomo ha ucciso.»
Era vero, o almeno era quello che si diceva in giro.
Sembrava che la mattina precedente, i carabinieri avessero ricevuto la telefonata del macellaio, Mario Visconti, in cui diceva di aver trovato la moglie morta. L'uomo, a suo dire, quando era suonata la sveglia si era alzato, aveva fatto colazione e poi era sceso in bottega dove aveva trovato la moglie distesa esanime, dietro il bancone.
«Lui vive sopra negozio?» chiese a quel punto del racconto il fioraio.
«Sì, certo.»
Il negozio del macellaio faceva parte di alcuni dei negozio storici del paese. Situato lungo uno dei due viali principali, quello alberato, era rimasto più o meno come quando era stato aperto, decenni prima, forse cento anni prima, ed aveva la residenza del proprietario proprio al piano superiore.
«Anche in India, noi vive dietro negozio... Uguale.»
«Eh, uguale!» Ma la donna non era proprio convinta fossero simili le due situazioni, ma non aveva prove del contrario, non era mai uscita dall'Italia.
L'indiano chiese a Maria Rosa se il negozio fosse già stato aperto quando il marito l'ha trovata morta e la donna si trovò ad accorgersi di non aver posto quella domanda a Agnese.

Il pettegolezzo uccideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora