Capitolo Due.

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Quando riaprì gli occhi il cielo era diventato rosso, il sole era già sorto ed i primi raggi di un'alba maestosa la accecavano, al punto tale da ostentarle la vista.

Sfuocate, un numero indefinito di figure burbere e fumose la accerchiavano, additandola, con in mano un pugnale dalla lama scintillante, una corta ma larga daga di argento, con la quale fendevano l'aria pulita del mattino.

Discutevano tra di loro in modo selvaggio, in modo furioso quanto sconcertato, contestando la sua curiosa presenza a bordo della loro nave da carico, piena di merce seminata ovunque, e non soltanto barili puzzolenti di pesce fresco.

Era l'unica donna, ed era una clandestina: probabilmente, ipotizzò scaltra la bambina, si chiedevano come, e perché, ella si fosse intrufolata sulla fatiscente imbarcazione.
Eppure, nemmeno lei era capace di rispondere ad una domanda simile, e per quanto potesse lambiccarsi, ricordava ben poco, quasi nulla, se non qualche frammento sconnesso della sua malinconica infanzia, quando da piccola accompagnava sua madre al mercato, si ingozzava di caramelle gommose e leggeva libri per la prima volta, smarrendosi nei meandri della sua fervida immaginazione da amorevole fanciulla.

Ma del giorno prima, del giorno in cui si immischiò a bordo di quella vecchia nave pericolante, non aveva memoria, ed echeggiava unicamente il vuoto, il buio: la paura di una parziale amnesia, che non le dava un attimo di tregua dalla sua onerosa, acutissima inquietudine.

I trafficanti bofonchiavano, arrabbiati.
Emisero un grugnito e tutti la osservarono, la scrutarono con attenzione, inclinando la testa.
Emisero due grugniti, e diedero inizio ad un'altra chiassosa diatriba.
Emisero tre grugniti, e tutti abbassarono di nuovo i loro sguardi rozzi e minacciosi sulla sua minuta presenza.

Il cuore della bambina cominciò a battere ancora più velocemente, così tanto velocemente che sembrava quasi stesse per esploderle in mezzo al petto, mentre ansimava, il respiro irregolare, che nonostante il cielo fosse illuminato condensava in nuvole fredde di vapore.
Si trascinò atterrita sui palmi delle mani, indietreggiando fino a sbattere contro il parapetto con la propria schiena ossuta.
Senza alcuna via di scampo, cinque forti grugniti sprezzanti, infine, la fecero sobbalzare, ed un uomo con una folta barba nera e sudicia le si avvicinò prontamente, venuto ad una conclusione.

Due mani grandi, da gigante, la afferrarono per il bavero della sua camiciola di flanella, e la sollevarono da terra.

Realizzò in quell'istante di avere quasi percorso, dall'Islanda, precisamente dalla località di Hof, tutto il Norskehavet, il mare di Norvegia, e tutto il mare del Nord, senza concludere mai la sua lunga traversata, senza mai attraccare in nessun porto.

Cercò di dimenarsi dalla sua presa, continuò a contorcersi senza fiato, quando la morsa si strinse attorno al suo collo e si fece sempre più vincolante, ma era troppo debole, scossa, da non riuscire a muoversi, rigida per via dell'angoscia.

Il commerciante urlava, la minacciava severo, ma lei non comprendeva le sue parole, e dalla ciurma, che innalzava i pugnali alti sopra le loro teste, si levarono altri grugniti.
I marinai esultavano, e la bambina venne scaraventata a terra, con così tanta violenza che le pericolanti ed umide travi della vecchia nave si ruppero sotto i suoi piedi, con un tonfo secco e brusco.

Avevano pensato di farla schiava, di incatenarla ad uno dei remi e di venderla ad un buon prezzo una volta che sarebbero arrivati sulla terra ferma, ma decisero infine di sbarazzarsene, dal momento che tenerla in vita, per l'intera durata dell'interminabile viaggio in balia delle onde, con pochi viveri e risorse a disposizione, sarebbe stato troppo dispendioso.

Dopotutto, a nessuno sarebbe mai servita, come moglie o come serva, una ragazzina flaccida e febbricitante come lo era lei.

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