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Dal minivolley poi siamo passate agli under, ciò significa che il livello si alzava assieme alla rete.
Sono sempre stata bassa, tutt'ora a 15 anni non arrivo neanche al metro e sessanta.

L'altezza nella pallavolo è importante, ma non fondamentale: dipende dal ruolo.

Il primo ruolo che mi è stato assegnato è stato il palleggiatore, ma ovviamente non mi andava bene perché sognavo di somigliare a Miriam Sylla, la capitana della nazionale italiana femminile di volley.

L'adoro tutt'ora, e grazie a lei sono riuscita a comprendere situazioni che prima non avrei compreso molto facilmente.
Mi ha insegnato a lottare per i miei sogni e che nonostante gli ostacoli e le difficoltà a cui si può andare incontro bisogna affrontare ciò che ci troviamo davanti come lei stessa ha detto.

È una forza della natura Miriam. Inizialmente l'avevo notata nella nazionale soprattutto perché ha il mio stesso nome rendendomi conto anche di quanto fosse brava, dunque ho iniziato a fissarmi con lei, ma crescendo ho iniziato a conoscerla anche se non dal vivo: lei è pura, trasparente dunque è come se la conoscessi perfettamente.
Man mano che passavano gli anni ho iniziato ad avere curiosità nel conoscere la sua storia per poter seguire le sue orme da campionessa, e infatti quando uscì il suo primo libro non ci pensai due volte a torturare i miei genitori per acquistarlo.

Non mi è mai piaciuto leggere, però quando si tratta di biografie mi si apre il cuore e mi sciolgo come un cubo di ghiaccio al sole.

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Crescendo ho imparato moltissimo.

Tutti sappiamo che i problemi che possono avere i ragazzini per la maggior parte delle volte sono problemi banali, ma certi pensieri mi facevano scoppiare la testa.

Domande come "Perché nessuno mi dice che sono brava?", oppure pensieri o "Sono brava. Non c'è bisogno che me lo dica qualcuno. Gli altri sono solo invidiosi".

Solo i miei genitori e quelli delle mie compagne si complimentavano con me per la mia bravura. Io mi sentivo proprio brava, ma allo stesso tempo mi creavo tantissime paranoie. Ho sempre avuto bisogno di acclamazioni per poter andare avanti, ma non da persone qualunque o dai miei genitori, perché loro è ovvio che non avrebbero potuto dirmi che stessi andando male, ma per me contava il giudizio degli allenatori.

Uno spazio nel mio cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora