Nell'anno 2020 scoppiò l'emergenza sanitaria, perciò ci fermammo fino alla stagione successiva.
A settembre finalmente ripresero gli allenamenti e di conseguenza il campionato.
Finalmente arrivò il momento di spiccare.
A distanza di un mese, ad ottobre, mentre stavo facendo allenamento, arrivò una chiamata al cellulare di mia madre. Era l'allenatore che ci proponeva di farmi passare in una squadra con un anno di differenza rispetto a me, la stessa in cui avevano trasferito la ragazza che mi disturbava da piccola.
Così, quanto mia mamma a fine allenamento mi comunicò questa notizia scoppiai in lacrime: per me era un sogno che di avverava.
Il primo giorno con la mia nuova squadra andò tutto benissimo.
L'allenatore mi elogiava e mi prendeva come esempio per le mie nuove compagne di squadra e così facendo mi rendeva la ragazza più felice al mondo.Insulti, insinuazioni false, saluti tolti e offese volavano come nulla fosse da parte delle mie vecchie compagne e io mi motivano ancora di più a fare meglio, sempre e comunque. Certo, ci rimanevo male, però grazie all'aiuto dei miei genitori capii la realtà dei fatti e le vere motivazioni del loro comportamento: solo invidia, nient'altro.
Mi piace definire tutto questo una semiretta, un percorso che ha un inizio definito ma una fine sconosciuta perchè non riuscivo a sottrarmi da tutto quello, era come una droga per me.
Amore puro e trasparente che non si può provare per una persona ma solo per ciò che appassiona di più come attività, nel mio caso la pallavolo.
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Uno spazio nel mio cuore
ContoMiriam a 10 anni aveva già le idee chiare: voleva diventare una pallavolista. Per lei la pallavolo è sempre stata l'unica certezza, l'unica cosa di cui si poteva fidare. Era appassionata, innamorata. Dedicava tutti i suoi pensieri allo sport, pens...