12 e 13 Luglio 20191.Arianna
Andammo a prendere Giulio la mattina del 12, mia madre arrivò sotto casa alle otto del mattino, con un anticipo insensato perché il bambino sarebbe atterrato a mezzogiorno. Uscita dal palazzo rimasi qualche istante a fissare il cielo attraversato da qualche nuvola leggera, era da un mese che non uscivo di casa di mattina così presto e mi ero quasi dimenticata del piacere che quella flebile luce mattutina poteva regalare.
Essendo così in anticipo mi volli fermare in un negozio di giocattoli dove comprai qualche regalo per mio nipote.
Parcheggiammo nell'area di sosta dell'aeroporto ed andammo ad attendere mio cognato e il bambino nella zona arrivi, aspettammo più di due ore sedute su delle scomode poltroncine color rosso sbiadito.
Vidi quasi subito Alberto tra la folla di passeggeri che uscivano carichi di valigie, mi abbracciò con affetto fraterno, avrebbe preso l'aereo successivo così gli facemmo compagnia un'oretta nel bar affollato dell'aeroporto.
Mentre Giulio sorseggiava un succo di frutta, mio cognato raccontava le novità della loro vita Torinese, non fece mai allusione alla fine del mio matrimonio anche se ero certa ne fosse al corrente, gliene fui grata.
Quando ci salutammo, ci ringraziò moltissimo, disse che per Giulio quelle settimane in più di sole sarebbero state benefiche, mentre mi abbracciava un'ultima volta mi sussurrò all'orecchio
"Ricordati che sei forte"
Lo conoscevo da quando ero una ragazzina, eppure quella frase sembrava non appartenere all'Alberto che conoscevo, sempre scherzoso e irriverente, non gli risposi, ma lo guardai per qualche istante intensamente mentre sentivo che i miei occhi cominciavano a pungere.
Quando restammo sole con Giulio la cosa che mi colpì subito fu che il bambino pelle e ossa che ricordavo era cresciuto molto, le guance gli si erano riempite e le braccine e le gambe mi sembrarono più robuste. A differenza dei bambini della sua età aveva uno sguardo molto maturo, mamma provò a farlo ridere più volte in macchina mentre rientravamo dall'aeroporto verso la città, ma il bambino non si scompose mai troppo.
Arrivammo a casa di mia madre che erano da poco suonate le tre , lei fece vedere al bambino la stanza che aveva preparato per lui, nel lettino vicino alla finestra aveva messo delle lenzuola colorate e gliele indicò sorridendo, io invece cercai di accendere il suo interesse mostrandogli i giocattoli che avevo comprato per lui.
I giocattoli funzionarono, Giulio aveva finalmente sorriso e dopo aver ringraziato aveva iniziato a giocare sul pavimento con una macchinetta della polizia che avevo comprato quella mattina nel negozietto del centro.
Il pomeriggio passò placidamente, il bambino non fece mai capricci e non chiese mai una volta di sua madre o di suo padre cosa che sorprese sia me che mia madre.
Verso le sette, la mamma andò in cucina per iniziare a preparare la cena, mentre tagliava delle patate la vedevo pensierosa, mi ricordai della vicina che qualche giorno prima mi aveva vista rientrare in casa in condizioni pietose, mi chiesi se quella vecchia donna invadente avesse già messo al corrente mia madre di quello che era successo per le scale del mio palazzo e mi venne un po' d'ansia.
Ero proprio convinta che presto la mamma avrebbe preso l'argomento e mi sentii in imbarazzo, decisi di prendere il toro per le corna e le chiesi avvicinandomi e posandole una mano sulla spalla:
"C'è qualcosa che non va?"
Lei si fermò, posò il coltello sul tagliere e fece un profondo respiro:
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Diventando Mare
General FictionUna spiaggia, un tramonto, impronte sulla sabbia. Sveva, una donna che ha perso la memoria intraprende un viaggio interiore alla scoperta della propria identità perduta. Arianna invece sa esattamente chi è ma preferirebbe non saperlo. Due donne dive...