Capitolo 2 Ciò che non doveva accadere

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E poi era successo esattamente ciò che non sarebbe dovuto succedere.
Stava facendo un giro per il sottomarino in cerca di Coulson quando li aveva sentiti parlare da lontano, lui e un altro, e si era avvicinata per sentirli meglio.
Erano in una cabina chiusa e lei ringraziò il cielo che la porta fosse di cartapesta e sputo così non dovette neanche sforzarsi per capire la conversazione.
-... insisto, deve essere mandata a casa, non può stare qui, è un pericolo per se stessa e per le persone che le stanno accanto, basta guardare l'agente Evans che per poco non ci rimetteva il braccio ...- si lamentava l'uomo a voce alta.
- E io ti ripeto che per quanto instabile e pericolosa sia, non c'è nessuno che sia tanto in gamba da sostituirla in questa missione. Abbiamo un disperato bisogno di lei.- ribatteva altrettanto vivacemente Coulson.
Intanto lei sorrideva mesta e cercava di capire se quello fosse un complimento o meno. Ma in fondo non le importava, in teoria stava prendendo le sue difese e questo le bastava.
Inoltre stare in piedi era inutile, avrebbe comunque dovuto aspettare che i due avessero finito di discutere e poi avrebbe parlato con Coulson, dopotutto era quello il motivo per cui era uscita dalla sua cabina.
Quindi si mise con la schiena sulla parete di fianco alla porta e si fece scivolare lentamente fino al pavimento. Appoggiò le braccia alle ginocchia e vi affondò il viso dentro, in attesa.
Cosa si aspettava, era sempre stato così, e ormai avrebbe dovuto abituarsi. E invece no. Cosa c'era che non andava in lei?


Continuarono per un'altra mezz'ora, ma alla fine essendo di livello più alto, Coulson impose la sua decisione, chiudendo la discussione.
L'agente Jones allora aveva buttato a terra la sua tazza a ed era uscito, furioso. Non si poteva abusare in questo modo del proprio rango, pensava. E mentre camminava inciampò in qualcosa: dei piedi.
Così accorse di lei: era accucciata di fianco alla porta, e lui non poté che chiedersi quanto avesse ascoltato del discorso .
Lei intanto lo guardava. Ne con cattiveria, ne odio. Lo guardava, con curiosità forse, nulla più.
Era strano essersi appena battuto così attivamente contro quella stessa ragazza che aveva ora davanti agli occhi.
Eppure, mentre tutti gli agenti in quel sottomarino le andavano contro, lui, in quel momento, non poteva far a meno di pensare che quella ragazza, così minuta e graziosa, forse non meritava tutto questo.
Si pentì di ciò che aveva fatto pochi minuti prima e le tese una mano per aiutarla ad alzarsi, ma lei non sembrava vederla e continuava a guardarlo, senza quasi battere ciglio.
Allora si accorse che c'era qualcosa in quei due occhi marroni: dolore, molto dolore.
E mentre si chinava per afferrarle la mano e tirarla su Coulson era uscito dalla cabina e lo lo aveva avvisato: -Jones, a meno di non voler fare la stessa fine dell'agente Evans io non le consiglio di toccarla...-
All'ora l'agente si era riscosso dai propri pensieri e senza aggiungere parola si era allontanato, cercando di capire se davvero quella ragazza rappresentasse un pericolo.


-Desideravi vedermi Re?- le si rivolse non appena l'uomo girò l'angolo.
-Veramente pensavo fossi tu che aveva bisogno di parlarmi: mi avevi detto che, bhe, circa mezz'ora fa avrei dovuto incontrarti per approfondire i dettagli della missione.- la ragazza si chiese se stesse scherzando o lo avesse dimenticato.
Poi lo vide guardare sconcertato l'orologio: se l'era dimenticato. Ma era mai possibile scordarsi di cose del genere?!
-Oh come passa il tempo quando ci si diverte... sì, entra, e aspetta qui ti porto il resto degli scienziati con cui lavorerai per questa missione...- aveva detto con fare sbrigativo, era evidente che era ancora pensieroso per la discussione che aveva avuto poco prima, ma non sarebbe stata sicuramente lei ad aprire l'argomento.
-No aspetta, cosa? Io lavoro da sola. Lo sai ch-...
-Che potresti rischiare di rompere qualche gamba o braccio anche a loro o è solo perché se avrai qualche risultato vuoi che sia solamente merito tuo?-Non aveva urlato, ma era arrabbiato, si vedeva.
Era allibita. Mai avrebbe pensato... proprio da Coulson poi...
Era questo ciò che pensava realmente di lei? Allora era proprio come tutti gli altri...
Quello era un colpo così basso e sentiva la voglia di mettere le mani addosso a quella persona di cui si era così fidata per 8 anni e che ora, davanti a lei, le diceva le stesse parole che avevano detto tutti gli altri.


Ma anche lui era stupito per ciò che aveva detto e aveva cercato di fermarla e dire che gli dispiaceva, ma lei era già andata, arrabbiata come non l'aveva mai vista, verso la sua cabina e lui per la prima volta temette seriamente per la salute delle persone che quella furia avrebbe incontrato durante il tragitto.
Fermarla o seguirla sarebbe stato da stupidi e avrebbe peggiorato le cose, lui lo sapeva, quindi non gli restò che pregare abbandonato sullo stesso muro dove poco prima stava lei con la testa le mani.

La noia regna sovranaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora