Capitolo 3 Odio

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Odio.
Odio verso tutti quanti . Travolse senza pietà tutte le persone che incontrò, meditò se fare del male serio a qualcuno per essere rimandata a casa.
E mentre si dirigeva in cabina si ricordò di avere un compagno di stanza, decise che se fosse stato lì lo avrebbe massacrato, non le importava delle conseguenze.
Ormai non aveva più nessuno, anche l'ultima singola speranza di un futuro al fianco di qualcuno era evaporata nel momento stesso in cui aveva guardato gli occhi pieni di rancore di quell'uomo che per otto interminabili anni aveva ritenuto quasi un padre.
Ma si era presa in giro e ora lo sapeva. La odiavano e temevano tutti: nessuno escluso.
Tirò fuori il suo inseparabile pugnale e aprì la porta della sua cabina con un calcio.
Ciò che vide la lasciò basita: il Capitano Steve Rogers era davanti a lei, in mano i vestiti appena tirati fuori dalla valigia aperta sul letto.
Ma lo stupore durò poco: non le importava chi fosse, aveva un dannatissimo bisogno di sfogarsi.
Gli si avventò contro puntando a uccidere: con lui se lo poteva permettere, non sarebbe comunque riuscita a ferirlo seriamente e lasciò libero tutto ciò che teneva dentro da mesi in quei pochi minuti.
Alzò il pugnale a gli corse incontro. Lui arretrò e si trovò spalle al muro .
Il tavolino che aveva davanti si trasformò in un trampolino di lancio e mentre la valigia cadeva e il contenuto si spargeva sul pavimento il coltello si conficcava nel muro a pochi centimetri dall'orecchio del famoso Capitan America .
Già, Coulson lo adorava.... Lo avrebbe adorato ancora se quel suo bel visino fosse stato sfregiato? Decise di verificare.
Rabbia. Una rabbia ceca prendeva controllo di lei mentre veniva spinta per terra . Voleva bloccarla, ma lei era più agile e riuscì a rotolare su un fianco prima che le fosse addosso.
Lo spazio però era poco e il capitano essendo grosso era in difficoltà; lei invece vi si trovava benissimo e ringraziando mentalmente la sua corporatura minuta si era portata alle spalle della sua vittima che stava cercando di rialzarsi e gli aveva avvolto il collo con un braccio.
Intanto lui cercava di liberarsi dalla presa, ma lei era forte, troppo.
E lui giocava solo in difesa. Già perché lui era troppo nobile e puro per attaccarla pensava amaramente mentre insieme sbattevano contro i muri della stanza. Ma una fitta alla spalla destra le aveva fatto allentare la presa: era il manico del coltello ancora piantato nel muro.


Lui aveva colto l'attimo e si era liberato della ragazza. Allora era corso alla porta dove si era radunata una piccola folla di curiosi. Aveva detto a tutti di tornare ai loro posti e non preoccuparsi perché era tutto sotto controllo.
In quelle condizioni la ragazza poteva coinvolgere qualcuno, anche solo per sbaglio. Preferì non rischiare e chiuse a chiave la porta.
Sapeva che l'unico modo per risolvere quella situazione era farla stancare. Quindi, diamine, avrebbe combattuto. E intanto lei si stava già rialzando puntellandosi al muro e tenendosi la spalla con la mano.
Che furia, pensò il capitano mentre lei, urlando, staccava il coltello dal muro e ritornava all'attacco.
Ma i vestiti per terra le impedivano un perfetto controllo dei suoi movimenti e continuava a scivolare .
I suoi colpi per questo perdevano di forza e precisione e finalmente, dopo un paio di affondi andati a vuoto, era riuscito a disarmarla torcendole il polso.
Lei dopo aver lasciato la lama cadere aveva ritirato di scatto la mano e lui ovviamente non l'aveva trattenuta. Però aveva messo un piede sul coltello e lo aveva lanciato sotto il letto.
Ormai la ragazza era stanca, ma non aveva intenzione di mollare. Anche senza arma la sua determinazione non era venuta meno ed era tornata alla carica .
Ma proprio quando il suo pugno avrebbe dovuto colpire il viso del capitano era scivolata su una maglia e lui l'aveva presa di peso e bloccata contro la parete.
Non bastò neanche quello: lei gli era scivolata via e lo aveva colpito allo stomaco; poi al volto.
Lui parava e basta. Ma dopo un po' iniziò ad incalzare, destro, sinistro, destro.
Lei aveva continuato a schivare tutto anche se con una certa difficoltà.
Poi si era spinta contro il muro e con un calcio volante che lui non aveva potuto evitare per mancanza di spazio e lo aveva messo al tappeto.
Ma anche lei atterrandogli di fianco aveva messo un piede male ed era scivolata all'indietro atterrando di schiena sopra il petto del soldato.
Rimasero in quella posizione entrambi a riprendere fiato.
-Sei a posto ora?- le aveva domandato lui tra un colpo di tosse e un gemito di dolore.
-Si-
-Bene-

La noia regna sovranaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora