Corpi.
Corpi che, sudati, si intersecano tra loro, si muovono, danzano, fanno capriole, acrobazie.
Uomini truccati, strappano un sorriso agli spettatori con battute di vecchio stampo.
Gente.
Gente che ride, che riempie quella specie di arena al coperto per ammazzare il tempo.
Animali sottomessi, dietro a tanta bravura si nasconde tanto dolore, tante torture.
Tutto quel trucco fa da maschera.
Si può definire utopia? Felicità immaginaria, apparente.
Dietro a quei sorrisi allegri si cela lo sguardo triste di un uomo che farebbe di tutto pur di pagarsi i sigari.
Acrobati che tentano l'impossibile agli occhi degli osservatori. Mettono a rischio la loro vita per qualche applauso e un po'di spiccioli.
Cala il sipario, lo spettacolo finisce, sotto al tendone regna la quiete generale.
Non più un rumore, non più una risata.
La gente si alza e se ne va.
E gli artisti tornano i comuni esseri umani, noiosi, la routine è ormai insopportabile.
Il trucco cola sugli occhi piangenti, il rossetto rovinato disegna una bocca all'ingiù.
Non bisogna mai giudicare dall'appartenenza.
Cala il sipario, torna il silenzio, torna la tristezza, e il mondo si tinge di grigio.
Cala il sipario, nessuno vede più dietro, nessuno vede niente.
Cala il sipario, si chiudono gli occhi, cessano i battiti.