Immaginazione

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Non sono un ragazzo popolare. Non ho molti amici, diciamo che presto particolari cure solo ai più cari. La mia famiglia non ha molti soldi, ma di certo possiamo ancora permetterci di mangiare fuori ogni tanto. Non posso lamentarmi del mio rendito scolastico.

Insomma, vivo una vita normale, ho sì i miei difetti, ma riesco anche a riconoscermi dei pregi.

Ad esempio, in quest'ultima categoria possiamo collocarci la mia fervida immaginazione. Essa mi ha sempre permesso di viaggiare nel tempo, andare oltre le concezioni della psiche umana. Immagino il futuro, tento di ricordare il passato, anche quello più remoto, il presente di quando ero ancora un infante che succhia avido dal seno prospero della vita.

Ebbene, sono sempre andato fiero della mia immaginazione. Crescendo, mi sono isolato, fino a cominciare a vivere in un limbo, utopia infinita.

Solo gli amici cari sopracitati sono rimasti al mio fianco, nel mio eterno viaggio all'interno di codesto subconscio.

Ho iniziato da tempo a odiare le persone, senza un motivo apparente.

Forse perchè le considero inferiori, no, loro sono inferiori.

La modestia è solo ipocrisia.

La consapevolezza di se stessi è il primo passo per l'evoluzione a livello psicologico.

Comunque, senza dilungarsi in ulteriori complessi -partoriti dalla mia mente durante ogni dannato secondo della mia esistenza insensata- passerò al nocciolo della questione.

In un giorno di particolare noia, in cui l'ispirazione mi era lontana, mi misi a fissare la gente.

"Quell'uomo. Bombetta, papillon e completo elegante. 24 ore annessa. Ha palesemente una gran fretta di recarsi a lavoro, o a qualche importante riunione." a quel punto, mi venne spontaneo pensare: "Chissà come potrebbe morire, oggi."

Riflettei a lungo sul mio ultimo pensiero, valutandomi da solo per l'ennesima volta.

"Starò andando troppo oltre?" mi chiedevo. E poi mi rispondevo, pochi secondi dopo: "No."

E continuavo con le mie assurde teorie, fantasie malate di un essere la cui mente si era distaccata dall'anima.

"Schiacciato da un bus. Ora di punta, entrambi hanno fretta. Le strisce pedonali sono solo un optional, possono essere trascurate una volta tanto. Oh, quanto ti sbagli. Non hai ancora capito che un solo errore, per quanto piccolo e impercettibile sia, può tagliare il sottile filo di seta delicata che separa la vita dalla morte? Non avrai il tempo di girarti. Non avrà il tempo di frenare.

Trauma cranico. Coma. Imminente morte." mi accorsi di stare sorridendo. Uno di quei sorrisi malati, da psicopatico. "Io non sono pazzo. Siete voi che vi fermate alle apparenze. Nessuno ha mai voluto scavare davvero nei più remoti strati della vita quotidiana? Benissimo, lo farò io." La stanza era immersa nel silenzio. Il letto, gelido, era intatto da giorni.

"Una donna. Di avanzata età, direi. Sulla settantina. Indossa abiti neri e stringe convulsamente la fede. Lo sguardo fisso a terra. Chissà come potrebbe morire, oggi.

Peccato, era così concentrata a commiserarsi sulla morte del marito per accorgersi del vaso di fiori in ceramica che le cadeva sulla testa."

Passai la giornata così, e il mio sorriso si ampliava ad ogni minuto trascorso di quel sadismo, quella essenza di cattiveria sepolta negli antri più oscuri della mente di ogni essere umano.

Mi alzai e andai a guardarmi allo specchio.

"Un ragazzo dall'aria stanca e lo sguardo perso. Le occhiaie tendenti al violaceo risaltano sulla sua pelle bianca come il latte. Le guance scarne gli danno un'aria triste, come se non vedesse la luce del sole da giorni, se non mesi.

Chissà come potrebbe morire, oggi.

Oh, sta prendendo la pistola di suo padre, che sapeva esser nascosta nel materasso di quest'ultimo. Se la sta mettendo in bocca. Sussurra: -Sono sempre i migliori a morire. Potrò giudicarvi dall'alto.-

Uno sparo riecheggia nel vuoto dell'abitazione.

Vedo il suo corpo stramazzare a terra e bagnarsi nel suo stesso sangue.

Io sono l'essenza della tua anima. Io sono la tua immaginazione."

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