capitolo quarto

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Non stavo bene in quei giorni. Era come se i ricordi, ricordi che avevo deciso di seppellire, volessero tornare a vorticare nella mia testa come uccellini. Eppure qualcosa non andava e lo capivo, perché raramente i ricordi di quei tempi, di quell'avvenimento, tornavano anche quando qualcuno ne faceva cenno. E così in quei giorni andavo avanti, con l'aiuto di Yoongi, poggiandomi a lui come un vecchio e affidandomici più che mai.

Ma avevo più che mai bisogno di pensare a qualcos'altro per distrarmi e così mi ritrovai a pensare, non senza una certa dose di fastidio e senso di colpa, a quanto poco sapessi su Yoongi.

Non ero sicuro del perché accettassi senza farmi problemi la mancanza di informazioni che mi dava. Mi confondeva questa sua strana e non necessaria segretezza - se di segretezza si trattasse - questo nascondermi importanti particolari della sua vita, tranne il suo nome e la sua età - 23 anni.

- Dove abiti, Yoongi? Esattamente, intendo. - Gli chiesi, mentre eravamo al parco dove l'avevo incontrato per la seconda volta, a fumare nuovamente due sigarette. Non era una bella giornata, rischiava di piovere da un momento all'altro come aveva fatto per tutta la mattina, un forte acquazzone che seppur fosse inizio agosto aveva raffreddato tanto l'aria da farmi venire leggeri brividi con la sottile t-shirt in cotone che indossavo. Lui sembrò pensarci un po' su, forse stava scegliendo se dirmelo o meno, forse voleva tenerlo segreto. Non credo avrei avuto qualcosa in contrario, a questa possibilità. Dopo quello che era successo pochi giorni prima, temevo di indisporlo nuovamente, con la vergogna che ancora mi assaliva. Come mio padre.

- Non in un bel posto sicuramente. - mi rispose, mentre guardava il cielo con fare preoccupato, un ombrello accanto.

- E se andassimo, insieme?

*
Mi ci aveva portato davvero, con mia grande sorpresa, in macchina, una Toyota bianca classe 1982 ben messa e lucida sul cofano, in un viaggio di circa di un'ora fuori da Busan. Non mi disse il nome del paesino di provincia dentro al quale ci stavamo addentrando e si limitò a descrivermelo - particolarmente piccolo, con poche cose da vedere, pochi negozi e principalmente alimentari, l'unico locale era stato chiuso. Dalla descrizione mi sembrava esattamente quello che anni prima avevo lasciato e, decisi che per una questione di correttezza, dovessi anche io informarlo di dove avessi a lungo abitato. Glielo dissi mentre ci affrettavamo a scendere dalla macchina, appena arrivati.

- Sai, non ho sempre vissuto a Busan.

- Ah, no? Ero sicuro che lo avessi fatto. Hai quell'aria di superiorità tipica di uno che ci vive da tutta la vita, Koo - lui rise e io lo seguii a ruota, una risata sarcastica ma sinceramente divertita. Non era un segreto, anche io stesso mi rendevo conto che dovessi apparire piuttosto altezzoso a una persona fuori dal centro, per come avevo senza pietà assorbito i comportamenti e i modi di parlare dei ragazzini ricchi del centro.

- Vengo da un luogo molto simile a questo. Non avevamo molti soldi, quando ero piccolo, quindi ci siamo accontentati a lungo. - mi resi subito conto che avevo sentito un brutto peso all'altezza del petto, come se a pensare a quei tempi iniziasse a farmi automaticamente male e con un gemito di dolore lieve portai una mano alla testa, dove avevo appena avuto una fitta. Yoongi non ci fece caso.

Quel giorno indossava una maglietta nera e, nuovamente, un paio di jeans. La maglia aveva un ampio scollo e arrossì a vedere tutta quella chiara pelle scoperta, tanto attraente e in contrasto con il colore del vestiario. Persino la sigaretta stretta fra le labbra, quel giorno un po' screpolate, era invitante e mi venne voglia di baciarlo in quel modo, rischiando di bruciarmi con quella stessa stecca di tabacco infilata fra quelle due meraviglie cui a lungo avevo gustato il sapore. Avrei mostrato con una certa fierezza lo sfregio portatomi dalla bruciatura, se a causarlo era stato un suo bacio.

mors non accipit excusationes / yoonkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora