431 a.C - Atene
Buio.
Un buio che inghiotte era tutto ciò che Aruse riusciva a scorgere; un buio che inghiotte e una strada. Quella era illuminata, ma poiché tutto il resto era sommerso dalle tenebre, non poteva far altro che seguirla senza sapere dove l'avrebbe condotto. A un tratto la strada in questione si biforcò, lasciandolo indeciso su quale via percorrere: quella alla sua destra o quella alla sua sinistra?
Aveva sempre seguito il suo istinto, in battaglia come nella vita, ma questa volta non capiva quale fosse quella giusta, non riusciva a scegliere. Cosa poteva significare?
Cercò di imboccare la strada a sinistra, ma più vi si avvicinava più quella si allontanava; provò quindi con l'altra, ma nemmeno quella riuscì a scegliere. Tentò ancora, poi ancora una volta e un'altra ancora, ma più camminava più le vie divenivano lontane.
Stanco, si accasciò al suolo e il buio incominciò ad avvolgerlo. Si sentiva soffocare, l'aria cominciò come a pesare e a bloccargli la gola. Si strinse il collo con le mani, il respiro iniziava a mancargli; tutt'un tratto una farfalla dalle ali candide gli penetrò nel petto: il sangue usciva copiosamente, il dolore era insopportabile e, poco prima di perdere i sensi, vide la creatura uscire dalla sua carne e le sue ali, prima bianche, erano rosse di sangue.
Stava compiendo una marcia simile a tante altre, quella mattina. Era in compagnia di soldati - di amici -, eppure nel suo animo aleggiava un'ombra scura, simile a un sinistro presagio: il sogno era ancora impresso nella sua mente e non riusciva a scacciare l'immagine e la sensazione di quella farfalla che penetrava in lui.
Non c'era nulla che il suo cuore a tratti di fuoco ardente, a tratti di freddo vento invernale, temesse, ciò nonostante non riusciva ad allontanare dalla mente e dal petto quell'infima paura. Che lo scontro di quel giorno sarebbe andato male? Sarebbero forse morti i suoi compagni? O forse lui, Aruse, avrebbe conosciuto l'Ade? Tutto era incerto.
Camminando lungo le Lunghe Mura, il giovane soldato si avvicinava insieme ai suoi commilitoni alla battaglia, pronto a dar la vita per la sua polis. Non temeva il Fato, quello agiva solo per suo capriccio, ma sentiva che quel giorno sarebbe stato in qualche modo differente dai precedenti.
Apollo aveva da poco attraversato la volta celeste con il suo carro, quindi lo scontro sarebbe cominciato a momenti: uscirono dalla città a testa alta, lasciarono alle loro spalle la fortificazione immensa che li proteggeva ormai da mesi e infine si schierarono, pronti a combattere.
Di fronte a loro iniziavano ad avvicinarsi anche i nemici, con i loro muscoli possenti e gli sguardi ardenti. Gli Ateniesi imbracciarono gli scudi e afferrarono le armi; Aruse non era in prima linea, ma nel cuore dello schieramento poiché non era abbastanza abile con la lancia, ma pochi lo superavano in abilità con la spada, tanto che lo stesso Pericle, che conosceva da tempo, lo aveva lodato durante un combattimento d'allenamento.
Frattanto gli Spartani si avvicinavano sempre di più, facendo sollevare una nube di polvere con i loro sandali di cuoio e spaventando gli uccelli con il suono delle loro voci tonanti e delle armi sbattute con forza sugli scudi: stavano per arrivare. Gli arcieri in retroguardia si prepararono a lanciare le loro frecce, attendendo il momento propizio, quando il sole ormai alto avrebbe colpito gli occhi dei nemici, accecandoli per qualche attimo: il tempo si fermò, il vento smise si soffiare, i cavalli stettero in silenzio, i suoi compagni non respirarono più, tutto sembrò immobile tranne il suo cuore che, affannato e desideroso di sangue nemico, palpitava veloce nel suo petto.
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Ἐλευθερός - Libero
Fanfiction431 a.C., guerra del Peloponneso. Aruse, un soldato ateniese, sogna una farfalla bianca che attraversa il suo corpo e ne esce del color del sangue. Capisce che è una premonizione quando, il giorno seguente, durante una battaglia, si scontra con uno...