The A team

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Budapest



Una giovane ragazza si aggira per la città in cerca di qualcuno che l'aiuti.


Cammina a testa bassa; i capelli rossi ben nascosti sotto il cappuccio nero e con nient'altro addosso tranne la felpa, i jeans e un paio di scarpe rosse bucate.


Nel suo cuore tutta la voglia di ricominciare e alle spalle tutto ciò che hanno fatto a lei ed alla sua famiglia.


Una città enorme per una ragazza sperduta come lei, è una città fredda, non come in Russia ma lei ha freddo, ha paura e si sente sola ma è stata lei a scegliere tutto questo e in cuor suo sa di avere tutta la forza per affrontarlo. Camminando passa davanti ad una scuola di ballo, in Russia ballava ed era anche molto brava ma poi è dovuta andarsene da quel posto e la danza è rimasta solo una disciplina a cui fare affidamento nel momento del bisogno, un sogno con cui cullarsi la notte e una fantasia che rendeva la realtà più sopportabile.


Ma Budapest non è solo una città fredda ed enorme, è anche una città elegante che sa di casa e di accoglienza , ma ogni città ha la sua parte buia, quasi tetra dove va a finire la gente che non sente l'aria di casa o l'accoglienza della città ed è lì che va a finire la ragazza.

Entra in un vicolo dove alcune persone stanno accendendo del fuoco con un po' di alcool. Suo padre le aveva sempre detto di non farlo, ma le persone intorno a quel fuoco non hanno l'aria di fregarsene molto della morte (o della vita).


Cerca di passare inosservata ma l'uomo con la bottiglia di Rum in mano la fissa e lei abbassa gli occhi di scatto .


« Puoi avvicinarti se vuoi» dice il signore senza segni di malizia nella voce.


La ragazza alza lo sguardo e si avvicina al fuoco. Da un primo sguardo all'uomo che le ha parlato, sembra un signore in gamba. Ha il "classico" aspetto dei barboni: capelli e barba lunga e grigia, una sciarpa messa una po' alla buona di colore verde e una giacca che una volta doveva essere stata di un colore giallo, come quella dei marinai.


Le offre da bere ma lei rifiuta e tutti gli uomini lì appostati ridono.

Lei accenna un sorriso più di nervoso che di divertimento.


Mentre si riscalda alza gli occhi dal fuoco, spaventa si gira.


« Ciao, io sono Clint » dice il ragazzo che le era arrivato alle spalle con eccessiva allegria tendendole la mano destra.


« Ciao, io sono Natalia » tendendole a sua volta la mano con un po' meno allegria.


I due si scambiano un sorriso d'intesa, come solo due bambini con lo stesso passato e lo stesso destino possono fare.

Un stretta di mano che simboleggia amicizia, unione...alleanza.




part 1/3




My favourite nightmare- clintasha storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora