Epilogo

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«Guarda che è aperto, non hai bisogno di divergere i cardini della porta.» fu ciò che gli disse quando lo vide irrompere nella stanza in una catasta di riccioli arruffati, precipitandosi dentro come un meteorite e praticamente spalmandosi sulla porta blu e bianca che lo separava dal mondo esterno.

«Ho dovuto seminà la sora che voleva impedirmi di venì, Simò!» gli rispose lui con franchezza mentre si scollava dall'uscio e procedeva a passo tremante verso di lui, fermandosi però a cinque passi di distanza per fissarlo negli occhi e attendere il permesso di avanzare oltre.

«Che fai lì impalato?» gli domandò, in cuor suo contento però che Manuel avesse avuto quell'accortezza nei suoi confronti perché gli dimostrava, più di tutto ciò che aveva udito e visto quella notte, che l'altro ragazzo ci tenesse per davvero a lui. Il Manuel che si era immaginato per quelle ore buie, quello che lo aveva messo in fuga dal garage al grido di "per me manco esisti" non lo avrebbe fatto mai.

«Posso?» chiese titubante «Posso davvero?».

«Ma certo che puoi.» gli sorrise, sperando che gli occhi fossero bastevoli a fargli intendere che si poteva avvicinare visto che il resto del corpo giaceva bloccato nel letto «Siediti qui, dai».

Il maggiore lo fissò come se gli avesse appena dichiarato amore eterno – cosa che in realtà avrebbe benissimo potuto fare e non sarebbe comunque stata una bugia – e si avvicinò piano piano, trattenendo il respiro fino a che non sfiorò il bordo del letto. A quel punto, invece di sedersi e sotto agli occhi di un Simone stralunato, Manuel scomparve dalla sua vista, gettandosi con la rapidità di una fiera sotto al letto per poi tirarsi dietro una fetta significativa del suo lenzuolo verso terra.

«Ma che te sei rincoglionito?».

«C'è la monaca che me dà la caccia, Simò» borbottò da sotto il suo letto, lottando contro di lui che tentava di ritirarsi il lenzuolo addosso «Se me becca qua dentro me fa cacciare dall'ospedale».

«Scusami ma…» incominciò ad articolare piano prima che un toc toc delicato lo interrompesse.

«Chiedo scusa se disturbo, ragazzo. Sono suor Stefania» gli comunicò la vecchia suora comparsa sull'uscio, vecchia e rugosa come se avesse avuto cent'anni, tanto che Simone era sicuro che in circostanze normali Matteo le avrebbe detto che o era parecchio in anticipo oppure parecchio in ritardo «Ma non è che hai visto passare per di qua un ragazzo grossomodo della tua età?» .

«Moro, ricciolino e con indosso una specie di felpa slavata?» domandò in risposta, sentendo Manuel rifilargli un cazzotto da sotto al materasso.

«Sì!» confermò la suora «Quindi lo hai visto?».

«Certo.» confermò mentre un altro piccolo cazzotto andava a pungolarlo «È passato di qui poco fa. Mi ha chiesto se potesse fare una chiamata con il mio telefono e poi è corso via subito dopo averla fatta.».

«E tu hai permesso a uno sconosciuto di fare una chiamata col tuo telefono?» domandò sospettosa.

«Come può vedere, sorella, non sono esattamente nella condizione di impedire a qualcuno di fare qualcosa per cui tanto valeva acconsentire e fidarsi» gli rispose rapidamente «Ma perché lo sta seguendo?».

«Perché si ostina a voler salire quassù anche quando non è orario di visita e sto facendo i salti mortali per tenerlo lontano fino allo scoccare dell'ora; ma mi è sfuggito per il tempo necessario a infilarsi nell'ascensore e sparire.».

«Se le può essere d'aiuto, l'ho visto correre lungo il corridoio che si vede dalla porta della mia stanza, per cui suppongo che sia andato da quella parte» comunicò alla suora, tentando di mantenere il controllo di sé onde impedire al macchinario a cui era agganciato di tradirlo aumentando i suoi bip-bip.

A Simobale CarolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora