Il treno corre alla mattina

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Il treno corre alla mattina, va e s'insinua nei paesi di mare senza che nessuno se ne curi. Chissà quante volte ha percorso i binari e quante mattine ha passato ascoltando i lamenti del capotreno, unico passeggero in grado di dare vita ai giganti di ferro sopiti in stazione. Ogni qualvolta il cielo rischiara un pochino e i profili dei condomini iniziano a venire alla luce, qualche uomo decide di unirsi al viaggio e prendere posto ovunque ne trovi, schivando ogni altra figura che gli ricordi la sua specie. C'è chi guarda fuori e osserva le luci dei lampioni frangersi qua e là, sovrapporsi ed illuminare la via a chi sta calcando il suolo per sentire qualcosa sotto i piedi e scacciare il vuoto in testa. C'è chi si rifugia nel suo giubbotto affondando la testa dentro l'imbottitura del vestito e le mani nelle tasche, molto spesso ad occhi chiusi e poi c'è anche chi, ogni tanto, guarda altri esseri umani negli occhi, rompendo il tacito patto stretto alla partenza. Quando il sole sorge iniziano a scendere i primi passeggeri che, oltre a ricevere qualche reciproco sguardo di compassione, non vogliono null'altro. Sanno che aspetta loro un più o meno breve cammino, tra i rampicanti e i vecchi balconi in marmo, e che potranno parlare da soli ancora per pochi minuti, pena i cattivi sguardi della folla radunatasi sul lungomare. Il treno non è più solo e si dirige alla volta di Genova. Ora ascolta, e borbotta anche lui, forte, ride di gusto nelle curve più impegnative, rombando e tremando dalla gioia. È sicuro, anzi certo che, per ogni tratta percorsa, ci sia almeno una persona in grado di comprendere ciò che dice. Ed io credo abbia ragione.

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