Capitolo 4: Una cena insolita (Will)

144 29 7
                                        

Nico solleva leggermente il calice e lo avvicina alle labbra, mentre Calipso lo fissa sbigottita. Sto assistendo alla cena più assurda di sempre.

«Lo so che è tanto da metabolizzare, e mi dispiace...Credimi, vorrei ci fosse un altro modo, che la situazione fosse diversa o che potessi riferirti un lato positivo di questa vicenda, ma...». Uno scheletrico cagnolino infernale interrompe il tetro monologo del Re degli spettri piombando sul vassoio con il tacchino con la grazia di un rinoceronte pronto a caricare contro un albero.

Ho l'impressione di cogliere l'ombra di un sorriso indispettito sul volto di Nico, prima che la sua mano destra mi faccia segno di occuparmi di quell'interruzione. «A cuccia, bello», rimprovero la minuscola creatura mentre stendo le braccia sul tavolo e le afferro saldamente il posteriore. L'animaletto si divincola tra le mie braccia e io lo avvolgo tra i miei arti superiori come se tentassi di cullarlo. Ho sempre desiderato avere un bambino. Ho chiesto a Nico se avesse intenzione di adottarne uno, ma lui non sembra nemmeno disposto a parlare di matrimonio. "Non è roba per noi, Solace. Soprattutto, non adesso".

Vorrei che ogni tanto capisse, si rendesse conto di quanto alcuni passi avanti nella nostra relazione conterebbero per me, ma non riesce ancora a rinunciare a quella scorza, l'armatura che adesso, dopo gli eventi di dieci anni fa e l'assunzione su di sé del titolo di sovrano degli Inferi, si sente ancora più giustificato ad indossare. Arriverà però il momento in cui anch'io scoppierò, in cui smetterò di essere soltanto il suo punto di riferimento e gli proporrò un ultimatum: solo allora riuscirò veramente a capire quanto è solido il legame che ci lega, il sentimento che è pian piano cresciuto tra di noi e che ha reso ciascuno di noi ogni giorno più succube della presenza dell'altro nella propria vita. Ormai siamo diventati inseparabili, eppure, mentre scruto questo cucciolo di ossa che pesta le zampette anteriori sui miei avambracci, mi assale la consapevolezza di ciò a cui sto rinunciando, quasi fosse un macigno pronto a schiacciarmi il cranio.

Torno a prestare attenzione al discorso e poso gli occhi su ciascuno dei presenti. Oltre al mio ragazzo, seduto a capotavola, e a Calypso, che ha deciso di prendere posto alla sua sinistra, campeggiano le figure di Reyna e di Demetra. La prima si limita a lanciare grosse bistecche nella bocca della signora O' Leary con un'espressione afflitta scavata nel volto; la seconda osserva la scena in silenzio, con aria dimessa, immersa in chissà quali pensieri. La figura della donna suscita in me una pena terribile: prima era una dea, una delle più potenti per giunta, soltanto la sua presenza, se non avessimo preso le dovute precauzioni, sarebbe bastata ad accecarci; ora invece lei rimane lì, immobile, spenta e debole più di chiunque tra di noi.

«Non può essere vero!», protesta Calipso rizzandosi in piedi e battendo con forza i pugni sulle assi di legno. Credo sia giunto il momento più difficile: deve accettare quella ciò che per noi è divenuto quotidianità molto tempo fa.

«Purtroppo è così, Cal», m'intrometto gettando un'ultima occhiata allo sguardo dolce del cagnolino prima di posarlo sul pavimento d'ossidiana. Quindi, mi volto verso Nico, che pare essersi incupito più del solito.

Ogni volta per lui è difficile ricordare, dover raccontare, ma questa volta è diverso, e me ne rendo conto anch'io: Calipso è una figura così vicina ai Sette, ed è qui, in carne ed ossa, nel nostro palazzo. La sua stessa sopravvivenza non fa che ricordarci che forse i nostri sforzi non stati vani, che ciò per cui abbiamo combattuto ha un senso, che forse possiamo liberare la speranza dalla bara in cui l'abbiamo rinchiusa. Il re degli spettri è combattuto, me ne rendo conto. Sa che qualcosa di nuovo si muove nell'aria ed è indeciso se fidarsi o meno dei segnali. Lo conosco: non ha convocato questa cena solo per accogliere di nuovo tra noi la figlia di Atlante, ha come secondo fine quello di rimettere insieme i pezzi, capire se può ricavare qualche nuova informazione.

Dieci anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora