«Hey, Sapientona?», sussurro con tono titubante accarezzandole il dorso della mano sinistra appoggiato sul mio ginocchio.
«Sì, Testa d'Alghe?», mugugna lei con il capo appoggiato sulla mia spalla, gli occhi assonnati fissi verso il cielo. La luce delle stelle si riflette sui suoi capelli ed alcuni di essi paiono trasformarsi in fili d'argento.
È così bella, dannazione. Vorrei baciarla, ribadirle ancora una volta che la amo e che se sto per dire qualcosa che so per certo le darà profondamente fastidio non è per ferirla, ma per cercare di salvare quel poco che ci è rimasto. «Ho parlato con Grover stamattina, e...non volevo discuterne con te di fronte ai ragazzi, ma mi ha riferito alcune notizie preoccupanti...Non possiamo continuare così.»
Alza la testa di scatto, con un movimento meccanico, rigido, innaturale. Ritrae la mano come se l'avesse avvicinata ad un braciere ardente e mi punta in viso due occhi furibondi. Riesco a riconoscere ancora il desiderio di battaglia che si muove dietro quelle tempeste incastonate nel suo viso, sotto le sopracciglia bionde e la fronte corrugata. Ho l'impressione che gli ingranaggi tornino a muoversi dietro quelle iridi non solo per le mere questioni pratiche necessarie alla sopravvivenza del villaggio, ma anche per qualcos'altro, la strategia bellica, l'arte patrocinata da sua madre. «Rachel che ne pensa?», si limita chiedermi stizzita.
«È d'accordo», replico io piatto, ruotando leggermente il collo e tentando di prendere la mano di mia moglie tra le mie dita.
«Non riesco a crederci! Siete tutti impazziti?!», esplode scacciando il mio palmo aperto con un gesto brusco e agitando le mani in aria mentre si rizza in piedi e, scesi i gradini, muove qualche passo sull'erba bagnata.
Di solito, non reagirebbe così. Lei non si comporta così. Lei non è così. Ma la paura la sta trasformando nella versione peggiore di se stessa, una trama che il dolore ha iniziato a tessere diversi anni fa e che continua a logorarla. «Sei migliore di così, Annabeth. Questa non sei tu!», le urlo io da dietro mentre prendo lo slancio dai gradini, rischiando di cadere, e la raggiungo sul prato.
Lei allora si gira verso di me e, con la rabbia che vibra attorno alla sua figura come un'aura infuocata, mi grida di rimando: «E quale sarebbe la vera me, Percy? Dimmelo, perché io non ne ho la più pallida idea».
Sta lottando per trattenere le lacrime, ma molto probabilmente a breve verranno fuori anche quelle, insieme al resto del suo sfogo. È giusto che sia così. Deve andare così. Ha tentato di evitare per troppo tempo questo momento, ma ora le circostanze ci stanno costringendo ad affrontare di nuovo il nostro peggior incubo. Non si può più procrastinare l'inevitabile. È strano: per anni sono stato io quello impulsivo, la testa calda, ed era sempre lei a rimettermi in riga; non direi che la situazione si è capovolta, ma che quantomeno c'è stato uno scambio reciproco: io le ho trasmesso un po' del fuoco che trattenevo nel mio animo irrequieto, lei mi ha donato qualcosa del suo carattere riflessivo.
«Sai cosa intendo, dannazione! La madre amorevole, che al contempo si preoccupa che tutti stiano bene nel villaggio in cui abita, che mette la sua intelligenza al servizio degli altri ma non rifugge la competizione, la perfezionista in grado di mettere a tacere tutti con una sola frase, ma che dietro ad un atteggiamento da generale freddo e calcolatore nasconde il cuore immenso di qualcuno pronto ad essere trafitto senza problemi pur di salvare le persone che ama. Ecco chi è Annabeth Chase!». Tento di riprendere fiato, mentre lei si avvicina e lascia scivolare due dita sul mio collo. Probabilmente qualche vena sta pulsando, ma non m'importa, voglio che sappia, sono stufo di tenermi tutto questo dentro, di vederla fingere di essere completamente felice.
«Percy, per favore...». Ora delle lacrime stanno iniziando a rigarle le guance. Già, avevo proprio smesso di essere irruento ed emotivo, certo. Mi sento uno schifo, un mostro, ma credo che mi sentirei peggio se evitassi di dirle ora e chiaramente quello che penso e succedesse poi qualcosa di grave.
«No, lasciami finire, per favore. So che, dopo quell'errore, quello stramaledetto errore di calcolo che ha segnato il destino di Campo Mezzosangue, ti sei sentita in colpa per giorni, mesi, anni...»
«Mi sento ancora in colpa, Percy. Non potrebbe essere altrimenti.», ammette lei, abbassando gli occhi verso i fili d'erba illuminati dai bagliori lunari.
«Annie», le sfioro le spalle con i palmi delle mani aperti, mentre lei mi accarezza il viso, turbata. «Quel giorno non è stata colpa tua. O meglio, non soltanto colpa tua. Ognuno ha commesso degli errori e so che da allora ne abbiamo parlato poco, ma nessuno ti accusa di nulla e...»
«Percy, diamine, perché non vuoi capire? La mia colpa è logicamente maggiore di quella di chiunque altro abbia deciso di combattere quel giorno. Io avevo organizzato la difesa. Io non mi ero accorta della presenza di un traditore tra le nostre file. Inizia sempre così, è la base di tutte le grandi sconfitte: prima una defezione, poi una breccia tra le file, infine la strage indiscriminata». Cade in ginocchio di fronte a me, sospirando, immersa nei singhiozzi, e io mi accuccio accanto a lei, sollevandole il mento delicatamente e asciugandole con il pollice destro i contorni umidi degli occhi.
«Era un errore di calcolo che nessuno poteva prevedere, Annie. Non potevamo immaginare che proprio Chirone ci avrebbe tradito. Anche ora mi sembra assurdo. E la cosa più assurda è che, mentre agiva, non era neanche del tutto in lui. Guarda cos'hai costruito qui, amore, dovresti esserne fiera», tento di spiegarle, mentre indico la piana che si espande tutto attorno a noi, con ciascun edificio presente al suo interno contraddistinto da uno specifico ordine architettonico.
«Non è abbastanza, Percy, e lo sai. Mia madre non sarebbe mai caduta in un simile tranello, eppure adesso lei...». I singhiozzi riprendono, più forti che mai, scuotendo tutto il suo corpo, deformando i lineamenti del viso fino a renderli sempre più simili a quelli di un'orrenda maschera di un membro di un coro tragico. «...Eppure adesso lei ne sta pagando le conseguenze. Sarebbe profondamente delusa da me e...».
Annabeth si getta su di me e io lascio che sfoghi il suo dolore, che mi percuota più volte la schiena con quei potenti pugni serrati, che inumidisca il colletto della mia maglietta col suo pianto ormai irrefrenabile. «Andrà tutto bene», le sussurro. «Ma abbiamo bisogno di te sul campo, amore. Hai tenuto a freno la stratega per troppo tempo, ma avremo bisogno del tuo dono per proteggere quel poco che ci è rimasto, la nostra famiglia, i nostri figli, i nostri amici...»
Quindi, un lampo di lucidità. Si asciuga goffamente e con rapidità il viso e mi domanda con un tono che vuole sembrare il più possibile pacato: «Quanto tempo abbiamo ancora?».
Ecco la donna che amo. Quella che non si arrenderebbe mai, quella che, anche se venisse sconfitta, userebbe ogni mezzo a sua disposizione ed impiegherebbe tutto il suo ingegno per ottenere la rivincita.
«Non molto», le accenno mentre i nostri sguardi s'incontrano veramente, per la prima volta dall'inizio di questa odiosa conversazione. Le lucciole iniziano a ruotare attorno a noi, come attratte da un incantesimo e riesco a scorgere qualche altro dettaglio sul viso di Annabeth. Quando distinguo le sue sottili labbra rosse, leggermente inarcate verso l'alto, quasi in segno di sfida, mi avvicino ancora di più a lei per baciarla, ma...qualcosa mi dice che i guai sono già arrivati. La mia solita fortuna.
Un lampo tremendo squarcia il terso cielo stellato e il rumore prodotto dalla lacerazione di quest'incanto si diffonde per tutto il villaggio. Ho l'impressione che, anche a questa distanza, l'improvviso mutamento atmosferico riesca a trasmettere un odore di ferro riscaldato e sterpaie bruciate. Spero solo che non sia stato colpito niente di essenziale e che non vi siano danni gravi, ma ne dubito fortemente, data la nostra comprovata e invidiabile fortuna.
«È già iniziato, vero?», mi chiede Annabeth scattando in piedi.
«Credo che lo scopriremo molto presto», è tutto ciò che riesco a replicarle.
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Dieci anni dopo
FanfictionDieci anni dopo lo scontro finale con Gea, il mondo è completamente sconvolto. Cos'è successo? Cosa ne è stato dei Sette? Cosa ha determinato la caduta dell'Olimpo? Dove sono gli dei?