Capitolo 5: Il fulmine sulla spiaggia (Annabeth)

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Delle urla si diffondono intorno a noi a partire dalla riva. Riesco già a scorgere da qui un principio d'incendio dei brillanti guizzi color cremisi che ammiccano dai capannoni. Percy si volta per un istante verso di me e poi si slancia verso il punto in cui ha colpito il fulmine. Mentre corre, una mano indaga nella tasca destra fino a che non ne tira fuori un oggetto sottile, che svanisce in pochi secondi lasciando spazio tra le dita ad una scintillante spada di bronzo celeste.

Mentre mi avvio per raggiungerlo, ancora sconvolta dall'improvvisa intrusione, altre grida arrivano alle mie orecchie, questa volta provenienti dalla nostra abitazione. Con passo svelto e una torcia in mano, Luke si precipita verso di me, inciampando sull'erba. «Mamma, mamma, che cos'è stato? Stavo dormendo e...e...». Nei suoi occhi verde mare riconosco l'innocenza che mi è stata strappata e che ho cercato in tutti i modi di garantirgli. Mentre piange, mi devasta la consapevolezza che presto sia lui che sua sorella dovranno rinunciare a questa tranquillità: la Foschia di Ecate è riuscita a nascondere per dieci anni semidei, satiri, driadi e persino alcune divinità all'interno di questo villaggio, ma adesso l'equilibrio è giunto al suo punto di rottura.

Mi chino su mio figlio, ancora in lacrime, che si massaggia le ginocchia sbucciate e, raccogliendo la torcia da terra, la punto sul suo viso per illuminarlo meglio. È così bello. Forse l'oggettività del mio giudizio è compromessa dal fatto che sono sua madre, ma è il ritratto di Percy quando è arrivato al Campo Mezzosangue, con soltanto qualche annetto di differenza. Probabilmente, l'altro elemento che li distingue è la spiccata intelligenza di Luke, ma in qualche modo anche i miei geni dovranno aver influito, a rigore di logica.

«Andrà tutto bene, piccolo». La voce mi s'incrina lievemente mentre gli accarezzo la testa e lascio scivolare tra le mie dita un ciuffo di capelli corvini. «Tuo padre è già andato a controllare e sai chi è l'eroe più forte di tutti, vero?», gli domando io con una dolcezza che sorprende persino me.

Lui sembra rassicurarsi ed esclama, sfoggiando un sorriso smagliante mentre si asciuga le lacrime con il pollice e l'indice: «Il mio papà!».

«Esatto, piccolo! Ora torniamo di sopra, va bene? Tranquillizzo un po' tua sorella e poi vado ad aiutare papà, d'accordo? Nessun mostro riuscirà a turbare il nostro sonno», aggiungo cercando di fare la voce grossa e ridendo. Luke getta le mani attorno al mio collo e, mentre lo prendo in braccio, mi accorgo di quanto vorrei credere anch'io alle mie stesse parole.

Eppure, non riesco a compiere più di due passi in avanti verso la nostra casa prima che altre grida colme di preoccupazione rinnovino il mio turbamento. «Annabeth, dov'è Percy? Sai cosa sta succedendo?», bela Grover trafelato saltellando sugli zoccoli con Juniper al suo fianco, i capelli completamente in disordine, come se si fossero improvvisamente trasformati in una zona vittima di un tornado.

«È sceso a riva a controllare da dove provenga il fulmine. Ragazzo-capra, riprendi fiato, forse la situazione non è così terribile come credi. Rachel ha profetizzato qualcosa, ma non è detto che debba accadere proprio stanotte e...». Luke ride appoggiato alla mia spalla, come ogni volta che sente il soprannome che Talia coniò anni fa per il nostro satiro di fiducia. Quel verso è l'ultimo briciolo di luce che penetra nel nostro dialogo.

«Annabeth, ascoltami, ho avuto una visione, sta succedendo qualcosa di grosso. Se Percy è lì, avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile. Riesci a riportare Luke a casa e venire con noi?». È persino più sconvolto di me, le frasi vengono masticate rapidamente nella sua bocca, le sillabe si affastellano, gli zoccoli si muovono impazienti avanti e indietro. Sono ricominciate le visioni, perfetto! Adesso posso anche rinunciare a dormire serenamente per un'ora al giorno. In confronto, avere una schiera di neonati in casa sarebbe un sogno!

So cosa Grover mi sta chiedendo e, dopo la discussione con Percy, non riesco ad evitare di pensare che non possa esistere un segnale più evidente: devo tornare in battaglia, hanno bisogno della loro stratega. Adesso è la mossa più logica, anche se, per farla, dovrò rinunciare a parte dell'umanità che ho guadagnato in questi anni in favore della freddezza. Tuttavia, non c'è altra soluzione: se non agirò in questo modo, rischieranno di esserci delle vittime e la tracotanza prenderà il sopravvento nella vendetta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 19 ⏰

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