Cinque

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Nel sogno era vestita di bianco.

Non era l'abito che aveva scelto in origine. Era meno aderente e decisamente più pomposo, con le maniche a sbuffo e la gonna composta da diversi strati di tulle.

Non poteva specchiarsi, ma si sentiva stupenda – si sentiva una principessa. Se la sala fosse stata piena, gli occhi dei presenti sarebbero incollati su di lei.

A pensarci bene, era strano che i suoi cari non fossero lì a celebrare. Altrettanto insolita era la totale assenza di illuminazione sulla navata, tranne che per un cuneo di luce puntato sul fondo.

Al centro, Duncan indossava un semplice smoking nero, adornato da un giglio sull'occhiello. Teneva le braccia lungo i fianchi e il sorriso, il più bello e spontaneo tra quelli che le aveva rivolto, lo rendeva a dir poco splendido.

Era abbastanza certa che avrebbe dovuto esserci qualcun altro al suo posto, ma non riusciva a ricordare chi. Vedere lui ad attenderla le sembrava così giusto.

Era pronta a giurargli amore eterno.

Si concesse un attimo per chiudere gli occhi e inspirare.

Quando li riaprì, Duncan era seduto al posto di guida. Le mani erano salde sul volante e gli occhi non si staccavano dal parabrezza. Non sorrideva.

Il ritorno alla realtà le portò via quel pizzico di buonumore che le era stato concesso durante la fase rem.

Nel sogno era tutto così giusto.

[ Venerdì 23 aprile – Niagara Falls, Ontario ]

Si bloccò col braccio a mezz'aria e le dita a pochi centimetri dal suo obiettivo. Lo ritrasse immediatamente, quasi imbarazzato. Quella che gli era appena saltata in mente era un'idiozia bella e buona.

In cima alla borsa, il cellulare di Courtney aveva preso a squillare e, senza che potesse frenarla, la curiosità di Duncan era caduta sul nome del contatto. Scott doveva essere uno dei pochi, se non l'unico, ad essere stato registrato in rubrica senza il cognome.

Distolse lo sguardo. Davanti a sé, dieci birilli attendevano solo di essere abbattuti. L'allegra famigliola, che stava giocando nella pista alla sua destra, era talmente rumorosa da impedirgli quasi di riconoscere le note della canzone agli altoparlanti – Low di Lenny Kravitz, indovinò quando giunse il ritornello.

La scenata di gelosia che aveva origliato gli era rimasta impressa, per quanto esagerata e fuori luogo gli fosse sembrata. Nemmeno ventiquattro ore più avanti, era lui ad essere geloso di uno sconosciuto e quella sensazione gli provocava disagio.

Aveva urgenza di associare una voce alla persona di cui aveva sentito tanto parlare. Voleva un quadro più preciso di colui che aveva il privilegio di starle affianco nel bene e nel male, di conoscerla in ogni sua sfaccettatura, di accarezzarla, di baciarla, di farla gemere. Allora, forse, avrebbe potuto reprimere una volta per tutte i suoi sentimenti.

La suoneria si interruppe di colpo; lo schermo rimase acceso un paio di secondi, notificando la chiamata persa. Nel giro di mezzo minuto, ripartì a tutto volume e stavolta Duncan non seppe controllare l'impulso: premette il tasto verde ancor prima di valutare le conseguenze di quell'azione.

«Pronto?»

«Pronto?» domandò di rimando Scott, parecchio confuso. «Credo di aver sbagliato numero».

Aveva uno strano modo di pronunciare la s.

«Non hai sbagliato numero» gli assicurò. «Sono il ragazzo che sta viaggiando con Courtney. Lei è... in bagno. Si è sentita poco bene.»

Drive By | DuncneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora