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Era domenica.
Mentre il calare del sole aveva luogo nel sud-ovest, un giovane, dalla compatta chioma bionda, marciava per la via Vasylia Stusa St.
Sbuffò.
Non gradiva la stagione delle foglie secche e asciutte. Queste ultime, ad ogni passo che faceva con le Reebok bianco e verde, emettevano un crepitìo.
Che fastidio.
Molesto come le due labbra screpolate.
Molesto come l'alitare freddo del vento che creava scompiglio.

Quella domenica si dirigeva verso l'edificio nel quale abitava Hyun Jin per incontrare la signora del negozio di frutta e verdura.
O meglio l'ajumma.
Sì era coreana, come la maggior parte dei vicini del suo amico.
Non lo invidiava per niente; doveva essere una tortura.
Il palazzo, vecchiotto a primo impatto, era di sobrie dimensioni ma in grado di ospitare un bel po' di immigrati.
Dagli asiatici, agli africani fino agli europei stessi.

I piedi dell'attaccante si fermarono in quel punto del marciapiede.
La finestra dell'amico era bella spalancata.
Ma non muore di freddo? Si strofinò le mani per riscaldarsele un attimo.
Si erano gelate.

«Hyun Jin!» gridò, di punto in bianco, a squarciagola, «Vieni ad aprirmi la porta!»

«Non urlare!» lo rimproverò infastidita una voce sconosciuta.
Il ragazzo abbassò gli occhi all'altezza della porta principale trovandosi dinnanzi una signora sulla cinquantina.
Reggeva una cassa di fragole fresche tra le mani coperte da dei guanti di plastica fucsia e masticava, quasi in modo aggressivo, il frutto rossastro.
Aveva riccioli neri in testa dovuto più che probabilmente a una permanente fatta di recente.
E gli abiti che avvolgevano quel corpo...

Non c'era alcun dubbio.
Quella era senz'altro l'ajumma.

«Mi scusi» si intromise Hyun Jin, chinando il capo come i sudcoreani erano abituati a fare in segno di rispetto.

Wow, sono nuovamente finito in Corea. Osservò la scena con una espressione pressapoco discutibile in volto.
Quasi rise allibito.
Da dove arrivavano queste formalità?

«È coreano, vero? L'amico di cui mi hai parlato» domandò la donna fissando, antipatica, la figura snella del biondo.
«Sì.»
«Mh capisco, non è assunto.» concluse semplicemente girando i tacchi.

«Ajumoni» la richiamò Hyun Jin seguendola, «Non startene lì impalato come un babbeo, vieni dentro.»
Si riferì a Felix.

«Le assicuro che è un gran lavoratore e soprattutto un bravo ragazzo» il corvino provò a convincerla sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.
Dunque la signora si concedette un'ulteriore occhiata al biondino. Lo studiò come solo le ajumma sapevano fare.
Dalla testa ai piedi; dal capello fuori posto alla scarpa slacciata.

«Che lavoro fa suo padre?» chiese la signora, riprendendo a masticare la fragola.
«Ha importanza?» Hyun Jin ridacchiò nervoso.

«Ha il viso da mascalzone, non mi piace sai» disse infine lei.

Ugh.
Felix non poteva credere alle sue orecchie. Non aveva alcuna intenzione di ascoltarla e rimanere lì in silenzio mentre lo offendeva.
'Sta ajumma da quattro soldi ora mi sente.
«Ma chi si crede– fece per dire. Ma grazie a chiunque ci fosse lassù in cielo, era stato bruscamente interrotto.

«Smettila di discutere con i vicini e vieni dentro, ti sta chiamando imo
Sarà stato qualche effimero secondo, quanto basta per pronunciare quelle parole.
Ed eccola, lì in piedi di fronte agli occhi castani di Felix.

«Ah è Hyun Jin oppa» ridacchiò, con fare timido, lei mentre la madre rispondeva alla chiamata della sorella.

Ed ecco la versione adolescente della madre. Tale e quale.
Stesso identico volto; stessi occhi, stesso naso, stesse labbra. Con soltanto i capelli lisci mori a differenziarle.
«Oh» si stupì sempre l'adolescente, «E chi è questo bel ragazzo?»

CALCIO DA BATTICUORE, HYUNLIX Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora