Capitolo sei: temporale

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Quando Simone quella mattina si risvegliò strabuzzò gli occhi.

Era nel suo letto, ma non da solo.

Il piumone bianco, ormai troppo pesante per la stagione, era tutto aggrovigliato intorno a loro.

Loro, perché erano in due in quel letto troppo piccolo.

O meglio in tre, quel felino malefico che adorava saltare sul letto alle prime ore dell'alba e svegliarli era acciambellato sul bordo del materasso, aveva gli occhi serrati e di tanto in tanto sbadigliava.

Il ragazzo si mise seduto e con un braccio prese ad accarezzare il gatto, che si avvicinò a lui e gli leccò le dita affusolate in segno di gratitudine.

Poi Simone si strofinò gli occhi e sbadigliò, quella situazione gli sembrava fin troppo familiare.

Si sollevò nuovamente mezzo seduto su un gomito ed osservò il ragazzo vicino a sè, ancora nel mondo dei sogni e con i capelli tutti schiacciati da una parte, lo trovò adorabile.

Simone, col gomito sul cuscino e la testa inclinata lo guardò bene, guardò Manuel dormire con un adorabile broncio sul viso, le sopracciglia corrucciate e le labbra semi-aperte.

La leggera peluria che ricopriva la mascella e che faceva impazzire Simone faceva capolino sul suo viso.

Il ragazzo dai capelli corvini non riuscì a non alzare una mano nella direzione del ragazzo vicino a sé e la posò delicatamente sulla sua testa, aprendo le dita sulla sua guancia e sfiorando gli zigomi.

Tracciò i contorni del suo viso, toccò piano le sue labbra rosee e screpolate.

Poi prese ad accarezzargli i capelli, si arrotolò un ricciolo tra le dita e sorrise.

Le sue mani erano delicate, cercava di fare il più piano possibile per non svegliarlo ma non riusciva a interrompere quel contatto fisico, doveva sfruttare lo stato dormiente del ragazzo.

Lo sentiva respirare piano, Manuel era uno col sonno pesante.

Le gambe dei due ragazzi erano ancora aggrovigliate, i due corpi molto vicini.

La mano di Manuel circondava il fianco di Simone ed era lì, appesa sulla sua schiena, all'altezza del fianco.

Simone continuò ad accarezzare quei riccioli chiari, cercando di districarli un po' e ragionando sul fatto che ormai era ora di sforbiciarli un po'.

Poi si distese nuovamente, il viso a pochi centimetri dal suo, da quella distanza poteva vedere le lunghe ciglia incorniciargli lo sguardo.

Lo osservò sbattendo le palpebre, cercò di fotografarlo con gli occhi, quando diceva di considerarlo come il ragazzo più bello che avesse mai visto era serio, a volte si sentiva stupido a pensare che si considerava fortunato ad averlo nella propria vita.

Con il naso andò a sfiorare il suo, ora riusciva a sentire il suo respiro farsi più leggero.

Faceva scontrare piano i loro nasi, tenendo lo sguardo in direzione delle sue palpebre ancora serrate.

Manuel non accennava a svegliarsi.

Simone ruotò il busto per afferrare il telefono e controllare l'orario, erano le undici di mattina.

Dal piano di sotto non sentiva né rumori né voci, i loro genitori dovevano essere usciti.

Arrossì pensando al fatto che probabilmente erano venuti a controllarli e li avevano trovati così, aggrovigliati tra le coperte e tra le braccia l'uno dell'altro.

Scosse la testa e cercò di non pensarci, al momento il suo obiettivo era svegliare Manuel.

Gli accarezzò la testa ma ci mise più forza, tirò le ciocche di capelli non riuscendo a reprimere una flebile risatina.

Lover | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora