Pirata

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La bella divinità che venne maledetta dal padre degli dei, fu spedita nelle profondità marine a vegliare sul suo cuore rinchiuso nel forziere da lui stesso.

Più di una volta era risalito in superficie per cercare la presenza di qualcuno che lo potesse salvare, ma a nulla valsero i suoi sforzi.

Nessuno passava per quel luogo in cui non vi era un approdo e un porto sicuro dove ormeggiarsi.

Così passarono gli anni e la bella divinità, sentendosi sempre più abbattuto dal destino avverso toccatogli, cominciò a risalire in superficie sempre più raramente, sconfitto all'idea di non ritrovare più l'anima dell'uomo che aveva amato.

Ma un giorno, in cui si era recato in superficie dopo un anno passato negli abissi, mentre giocava con dei pesciolini colorati vide un'enorme nave solcare il pelo dell'acqua con una velocità inaudita.

Non aveva mai visto veliero più spettacolare di quello anche perché non ne aveva mai vista una da vicino in tutti i suoi lunghi anni di vita.

Così, preso dalla curiosità, si spinse fuori dall'acqua quel tanto che gli bastò per scorgere la fila di marinai che eseguivano gli ordini di un uomo dai modi bruschi e dalla voce roca che urlava a più non posso, inveendo sugli sventurati che facevano parte della sua ciurma.

Con il volto fuori dall'acqua per la meraviglia, il dio riuscì a scorgere una chioma bionda come il grano al sole.

Un sorriso si formò sul suo volto nel riconoscere in quella figura una parte dell'uomo che aveva amato, ma nulla poté prepararlo a quello che seguì.

«Una sirena mio capitano. Una sirena.» urlò uno degli uomini che era di vedetta sull'albero maestro.

L'uomo dai capelli biondi di voltò rivelando un paio di occhi rossi, dello stesso colore dei papaveri.

«È lui.» sospirò sorpreso Izuku issandosi ancora di più fuori dall'acqua, ma questo richiamò maggiormente l'attenzione su di sé.

La ciurma di uomini, senza aspettare una parola dal loro comandante, lanciarono le reti in acqua, che caddero addosso al dio imprigionandolo.

La bella divinità urlò e si dimenò nel sentirsi catturare, ma a nulla valsero le sue proteste, perché venne issato comunque a bordo, come se non avesse peso o volontà.

«Guardate è davvero una sirena.» gridò qualcuno puntandogli il dito contro.

Il capitano spintonò i suoi uomini per la curiosità di ammirare una sirena, creatura rara e dai poteri mistici a quanto dicevano le leggende, tutto per assicurarsi della sua bellezza, pagata a peso d'oro nei vicoli giusti.

Izuku aspettò di vedere quell'uomo che per un'istante gli aveva riportato alla mente il ricordo di colui che aveva amato, bramoso di rivedere quegli occhi dello stesso colore dei papaveri che aveva imparato ad apprezzare, ma quello che gli venne lanciato, fu uno sguardo ostili, primo del calore che era abituato a vedere in quegli occhi familiari, ora completamente estranei.

«Ma che bello spettacolo che abbiamo qui.» sbraitò il biondo sollevandosi il cappello con la piuma da davanti il volto.

«Cosa ne dobbiamo fare mio capitano?» chiese un uomo avvicinandosi al dio con un coltello in pugno.

«Lo voglio nella mia cabina e mettetelo dentro una tinozza prima che avvizzisca.» e dicendolo se ne andò lasciando il dio alla mercé della ciurma che lo guardava con una bramosia inquietante.

L'uomo con il pugnale si avvicinò brandendo l'arma con una ferocia tale che automaticamente Izuku si andò a coprire il volo con un braccio, ma il coltello non lo colpì, anzi o andò a liberare dalle corde della rete che gli si erano avvolte strette attorno al corpo.

Quando venne sollevato in malo modo, mentre gli altri uomini si apprestavano ad eseguire gli ordini del capitano, portando la tinozza con vari secchi d'acqua, la bella divinità si sentì morire per un istante.

Come aveva potuto pensare che quell'uomo fosse il suo amato, venuto per liberarlo dalla maledizione.

Venne lanciato nell'acqua e mentre un grido lasciava le sue labbra, una risata risuonò nella stanza quando la porta venne chiusa dietro al biondo con un suo calcio.

«Sei proprio una bella creaturina, vero mio bel pesciolino?» domandò in tono beffardo l'uomo avvicinandosi al dio che invece lo guardava confuso.

Quel mortale non poteva di cero essere il suo Katsuki, lui era sempre stato buono con il dio e lo aveva sempre trattato con dolcezza e rispetto.

Questi non poteva essere lui.

«Cosa c'è pesciolino? Hai perso la lingua?» domandò afferrando il volto del dio per poterlo guardare per bene.

Izuku si scostò dalla sua prese e s'immerse per come poté dentro l'acqua, ignorando i richiami del capitano e i suoi insulti.

Immerso nell'acqua che gli avevano dato, il dio pianse tutte le sue lacrime all'idea di aver perso il suo amore per sempre.

La bella divinità che venne maledettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora