Capitolo 29: Solo mia.

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Siamo atterrati da un paio minuti, a parte il jet privato, a Mark non ho chiesto nessun altro trattamento speciale: solo un autista, che mi aspettasse fuori dall'aeroporto in maniera tale da tornare a casa senza tante etichettature.
« Scusami per tutto...» Gli dico una volta che ha insistito per potermi accompagnare fino all'auto.
« Non importa.»
« No sul serio, sono stata una stronza! Non ti licenzio sai, anche se lo pensi ma non me lo confermi. Ero arrabbiata e me la son presa con te che non c'entri nulla.»
Lui mi guarda e si gratta la nuca indeciso « Allora è stata una stronza!» mi sorride « Ma una stronza con le palle! Non so se mi fossi trovato nella sua situazione come avrei reagito.»
Sospiro soddisfatta che qualcuno abbia capito la mia posizione. Gli porgo la mano e c'è la stringiamo « Sicura che non vuole che la accompagni a casa?»
« Non ho dieci anni! E smettila di darmi del lei, se non hai la mia età, avrai qualcosa di più ed è imbarazzante! Ma mi terrò comunque il tuo numero in caso avessi bisogno di qualcosa...» lo guardo « In pratica ti sto dicendo che ti assumo. Lavorerai per me. Sempre se vuoi.»
« Ho alternative?»
« Non credo che mia madre ti rivuole. Ti ho salvato il culo...»
« Mi alza lo stipendio?»
« Non ero in trattative.»
Lui finge ci pensarci « Va bene.»
Ci stringiamo nuovamente la mano. Lo rassicuro che provvederò a fargli firmare il contratto non appena sarò a casa e sentirò chi di dovere.
Salgo in auto, e finalmente posso raggiungere casa. Sono letteralmente esausta, sebbene ho dormito un oretta o forse due in aereo, sento comunque la pesantezza di tutta la giornata appena trascorsa.

"sono atterrata e sto arrivando a casa" Sam

"ho preso le chiavi da sotto lo zerbino, ti aspetto dentro" Nat

Comincio a sentire anche un lieve mal di testa, nell'attesa rileggo i messaggi di Keyline: con la tentazione di chiedere all'autista di fare un deviazione; ma a che scopo? Con che faccia mi presenterei?
La voglia di vederla è tanta, ma così con la situazione ancora calda, sicuramente finiremo per litigare: e al momento non avrei le forze per affrontare un'eventuale discussione o darle le spiegazioni che meriterebbe.
L'autista una volta arrivati, molto gentilmente mi aiuta con le valigie e quando busso alla porta di casa, Natasha con una faccia più assonnata della mia, mi apre come se fosse la proprietaria di casa.
« Mi aiuti...?» le chiedo, facendole cenno di guardare fuori dalla porta.
« OH MIO DIO!» Esclama non appena il suo naso punta in direzione delle valigie di Louis Vuitton.
« Due valige colme di indumenti, possono bastare per pagare il tuo silenzio?» gli sorrido « Prima di partire, sapendo che nel Jet privato potevo caricare quello che desideravo, ho voluto fare un po di shopping dentro la mia cabina armadio, rubare qualche cosa di costoso a mia mamma... insomma tutte cose che presumo piacciano più a te che a me!»
Lei inizia a saltellare sul posto, esultando ad un volume così alto che mi costringe a rimproverarla divertita, mentre mi aiuta ad entrare.
« Non ci credo! È un sogno! Ma questa roba vuoi veramente dirmi che era tua?!» Natasha sembra una bambina alla quale viene dato il permesso di poter prendere tutti i giocattoli dentro a un negozio; la lascio fare e la guardo incantata ripensando alla frase di mia nonna. Con tanto stupore mi elenca tutti i prezzi di quei vestiti, compresa una borsa dal valore di cinquemila dollari che io personalmente, al prezzo non ci avevo nemmeno badato:
« Dio e vuoi dirmi che ho speso così tanto per una cosa che non mai usato?!» esclamo allucinata.
« Voi ricchi! Siete proprio ricchi!»
« Delle volte compravo solo per far felice mia mamma, mi obbligava a seguirla.»
« Oddio! È la mamma che vorrei per me!»
« Fidati... meglio di no!» le rispondo schifata « Prendilo come un regalo in anticipo per Natale!»
Natasha mi guarda sbalordita ed ammette un altro urlo strozzato « Ma tu sei pazza!» Esclama venendo poi ad abbracciarmi.
La vedo alzarsi, uscire dalla camera e andare nel mio frigo e prendere due coca cola light in bottiglia:
« Non mi ricordavo di avere in frigo della coca cola...»
« Non hai un tubo qua dentro Reynolds! Queste sono andata a prenderle io!» Le stappa e me ne porge una « Ora dimmi... cosa è successo?»
Sbuffo esausta.
« Ho combinato un casino.»
Sono alquanto stanca in realtà, e vorrei solamente lasciarmi andare dal sonno.
« Resti a dormire?» le chiedo guardando quell'enorme orologio che tengo incollato al muro.
« Ovvio! È notte fonda dove vuoi che vada?!»
« Bene perchè sono stanca, quindi se non ti dispiace... ti racconterò a letto, e se mi addormento, pace.»
« A letto?! Wow! Non faccio un pigiama party dalle elementari...» poi ci pensa « Fortuna che non hai alcol, o dato i trascorsi potrei preoccuparmi di finire a fare sesso con te!»
« Ah-ah!»
Entrambe assonnate, decido comunque di iniziare il racconto: sebbene mi accorgo, che sto facendo un miscuglio di eventi mentre gli parlo; Natasha fortunatamente si addormenta quasi subito dandomi l' opportunità di potermi rilassare e farle compagnia. Il nostro pigiama party così si conclude ancora prima di essere iniziato, ma sono contenta di sapere che non dormirò da sola.
« Keyline la sveglia...» farfuglio ancora addormentata sentendo quel rumore fastidioso che stava disturbando il mio sonno.
« Ti piacerebbe fossi lei ah...» farfuglia altrettanto Natasha, che alla cieca con la mano cerca il telefono per spegnere quel rumore fastidioso.
Mi rituffo sul cuscino e amaramente penso che si, mi sarebbe piaciuto.
« La stavo sognando...» mi giustifico.
Quando ci alziamo, Natasha non perde occasione per vestirsi con qualche abito che gli avevo regalato, decidiamo di andare a fare colazione in un bar al centro e poi con calma dirigerci verso il ristorante.
« Giusto per sapere, come hai giustificato alla Tolman una mia probabile assenza?» Gli chiedo davanti a un caffè fumante, guardandola intenta a scattarsi un selfie.
« Problemi famigliari...» si ricompone, scatta un'altra foto alla sua colazione con caffè e plumcake ai miele e frutti di bosco, e torna padrona della sua vita lontana dal telefonino.
« Non ha chiesto nulla?»
« Ora che ci penso no! E io non ho indagato oltre... Alla fine sei in ordine con i tuoi orari, mi hai fatto muovere le acque per nulla!»
Abbasso lo sguardo, pensando se era necessario tutto questo trambusto:
« Credevo sul serio di non riuscire a tornare a Los Angeles!» esclamo facendomi passare la voglia di mangiare. « Anche per evitare incontri imbarazzanti.»
« Devo aver preso sonno ieri sera ma qualcosa ho sentito sai...! Non vorrai mica tirarla per le lunghe, il mondo è piccolo Sam! Non vorrai fare la fuggitiva a vita?»
« Maledizione! Potevo andarmene in Europa, e invece ho preferito comunque rimanere in America da scema.» sbotto « Faccio ancora in tempo a pensarci. Volo a Parigi, Svizzera o mi nascondo direttamente in qualche isola deserta.»
« Non fare la drammatica! Cazzo Sam... diventi sempre così noiosa quando torni da New York?»
Sbotta lei « Richiamala, prenditi la ramanzina che ti meriti, vi date il bacino della pace... un po di sesso, e tornate alla vostra vita rilassate.»
« Ho paura... son stata una stronza e se mi rifiutasse?» domando « E poi crede che c'entri qualcosa con quella vendita della sua proprietà! Mi ha giudicato a spada tratta...»
« Puoi darle torto? Gli hai mentito sul cognome...» puntualizza. « Accetterai e andrai avanti!»
Mando giù il caffè contro voglia, perché solo l'idea che la risposta di Natasha possa essere quello che accadrà, mi ha chiuso automaticamente lo stomaco. Terminata la colazione, la accompagno nel suo appartamento dove ci convive con altre due ragazze: gli racconto tutto, e questa volta nei dettagli, supplicando più volte di non dire niente a nessuno da chi ha ricevuto tutta quella roba di marca.
Arrivate in ristorante, la Tolman ci viene incontro, puntandomi come un cacciatore a caccia della sua preda:
« Reynolds! Venga mi segua!» mi attacca.
Rimango basita, Natasha mi guarda alzando le spalle altrettanto stupita: seguo Adriana nel suo ufficio dentro la cucina, chiudendo la porta come richiesto.
Rimango in silenzio, in piedi per quanto lei mi inviti a sedermi:
« Allora stia in piedi...!» sbotta, mentre si accomoda e inizia a morsicarsi la stanghetta degli occhiali.
« Cosa devi chiedermi?» la affronto.
« Problemi familiari?!» Il suo tono mi illude che voglia fare la finta, ma il suo sguardo mi fa capire che sa dove vuole arrivare.
« Cosa vuole sapere Adriana? Non penso di essere tenuta a dirle di che problemi riguardasse, dato che non centrano su come lavoro. E poi alla fine, sono comunque riuscita a tornare a Los Angeles per tempo.»
Lei rimane altrettanto in silenzio, mi guarda, preparata alla mia reazione.
« Ha ragione... Ma vede, non vorrei avere problemi, dato che ho per cameriera la figlia di uno degli uomini più potenti di New York: che sia qui per fare curriculum, o cosa altro abbia in mente, mi interessa solo sapere se devo correrle dietro ai suoi capricci o continuare trattarla come dipendente.»
« Come lo sa?» Non so perchè, ma non ne resto sorpresa.
« L'ho sempre saputo! Quando l'ho assunta, Walter Reynolds mi ha chiesto se lei lavorava per me...» Adriana mi guarda, fa una pausa per studiarmi « Inutile scendere nei dettagli, ma mi ha fatto capire che dovevo comunque tenerla nascosta, voleva accertarsi che lei stesse bene, e di informarlo su eventuali problematiche. Poi sicuramente lei lo sa che non assumo mai alla cieca.»
« Mio padre che chiede se sto bene? Nemmeno se avessi registrato la telefonata ci crederei!» affermo convinta « Ma è strano che abbia chiamato personalmente e non abbia delegato il tutto a uno dei suoi assistenti.»
Adriana apre un cassetto della scrivania, ed estrae una semplice foto senza cornice: la guarda e sorride, porgendo davanti ai miei occhi quel ritratto.
« Questo è mio figlio Daniel, in questa foto aveva qualche anno in più della sua età. Vede, è l'unica foto che ho di lui dove sorride così spensierato: quando fu scattata, avevamo smesso di parlarci già da molti anni.» Adriana da un enorme sospiro prima di proseguire, guardando da lontano quel ragazza in mimetica militare « Volevo che prendesse il ristorante, che imparasse il lavoro e che continuasse la tradizione. Abbiamo litigato così tanto, ma lui voleva fare il militare e io ho provato in tutti i modi ad impedirglielo finché una mattina è partito e basta. Da quel giorno di lui, non ne ho più avuta notizia... sono stata così orgogliosa nel non voler accettare che prendesse altre vie, che non ho mai risposto a nessuna delle sue lettere, sebbene avevo la tv sintonizzata perennemente su ogni notizia. Poi un giorno quando si presentarono davanti alla mia porta dei soldati per dirmi che non c'era più... mi son sentita la donna più vuota e sbagliata di questa terra.»
« Mi dispiace...» le dico quasi commossa dalla sua storia.
« Abbia fiducia nei suoi genitori signorina Reynolds! Perché sbagliamo anche noi. Ma trovo ammirevole che lei, si sia abbassata ad un lavoro così umile: e per questo la ammiro!»
La Toman ripone nuovamente con cura la foto dentro il cassetto, si asciuga gli occhi inumiditi dal racconto e si alza di scatto « Ora vada!» torna ad ordinarmi con il suo imperativo « È non si azzardi a dire che mi ha visto in queste condizioni! O la licenzio!» si rilassa, sospira « E stia tranquilla, nessuno verrà a sapere chi è!»
La ringrazio, vorrei abbracciarla ma mi trattengo: è strano come abbia sentito l'esigenza di venirmi a raccontare la sua storia, che per certi versi è simile alla mia; alimentando la curiosità in quella telefonata che si è fatta con mio papà. Ma voglio tenere questo alone di mistero, e credere che forse anche lui, nella sua corazza spessa, abbia quel tenero dentro che preferisce nascondere anche con me.
È passata ormai una settimana da quell'episodio, dove mi sono gettata nel lavoro e negli studi, per tenermi la mente più occupata possibile: sono passata più volte davanti alla clinica di Key, indecisa se entrare o meno, con la speranza di vederla; ma di lei non ho visto nemmeno l'ombra.
Ho anche più volte tentato di scriverle o di chiamarla, ma ogni volta o cancellavo tutto e riponevo il telefono in tasca. Mi manca e non posso negare che ho voglia di lei, del suo profumo, della sua dolcezza.
Ma ho paura di fare la figura di Brittany: e la meriterei. Tutta.
Ho riscritto al mio professore, acconsentendo di continuare gli studi per accontentare mio padre: seguirò i corsi online fin dove posso, e andrò in aula in presenza solo nel caso di esami importanti o lezioni obbligatorie.
Dopo un pomeriggio a ripassare legislatura e diritti giudiziari, torno al ristorante per il turno serale: anche in questo caso, avrei avuto la serata libera, e per il mal di testa che mi sta venendo, comincio a pentirmi di essere rientrata al posto di una collega che aveva piacere passare la vigilia con la famiglia. La Tolman ci informa che la serata sarà alquanto impegnativa, e che a stento riusciamo a dare il giro a tutte le prenotazioni: faccio un enorme sospiro, e prego il signore che queste ore passino il più veloce possibile.
È il primo Natale che non festeggio insieme alla mia famiglia, ma ad essere sincera questa cosa stranamente non mi pesa: anzi, come da programma lavorerò, arriverò a casa distrutta, e finirò con il gettarmi in divano come un pesce cotto. A piangere. O forse a disperarmi, per quei regali che avevo preventivato di aprire con lei.
Come Adriana ci aveva avvertito, la gente arriva come un fiume in piena e le varie sale si riempiono in men che non si dica: per l'occasione, ha assunto fortunatamente due colleghe nuove, ma troppo giovani e inesperte per essere gettate nella fossa in una serata come questa.
« Fantastico, lavorerò per loro e anche per me!» ho brontolato con Natasha, castigata nella stessa sorte di dover seguire una delle due. Ma ho iniziato il turno di lavoro, severa ma docile, sono riuscita a gestire il lavoro.
Al contrario della mia amica, che nervosa in cucina, inizia a brontolare sotto voce sul come la sua, sia notevolmente più incompetente della mia.
« Devi aiutarmi! Perchè se non la licenzia Adriana, lo faccio io!» esclama cercando di capire come abbia fatto la "sua allieva" ad invertire due ordinazioni. « Devi prendere dei miei tavoli! Ti prego, mi basta solo che ti occupi dell'ordinazione.» mi supplica.
Accetto, dato che al momento con i miei di tavoli sono presa bene, mi avvicino in centro sala controllando e indirizzando automaticamente la mia di neo assunta.
Quando alzo lo sguardo la ragazza seduta al tavolo mi sorride: è molto bella, e ha degli occhi azzurri che le risaltano particolarmente il viso; poi mi sposto con lo sguardo e la vedo. Keyline è seduta allo stesso tavolo, con questa ragazza a me sconosciuta e nessun altro. Mi guarda, sconvolta quanto me nel trovarci finalmente faccia a faccia: ma chi è questa donna seduta di fronte di lei?! Inizio a studiare il suo volto per cercare di ricordare se l'ho vista da qualche parte. Il cuore inizia ad agitarsi, facendomi mancare l'aria nei polmoni per una gelosia che mi sta investendo in pieno. Questa donna è per me una totale estranea.
Comincio a sentire lo stomaco che si stringe in una fitta che mi arriva in gola, quando le loro dita si toccano davanti ai miei occhi. Non posso credere che lei abbia già un'altra, non Keyline: non la persona innamorata dell'amore in tutte le sue forme, sognatrice di famiglia e di poter invecchiare insieme alla persona che ha scelto per la vita.
Mi sale la rabbia, continuo a fissare la sua mano che stringe quella della mia ragazza, e prima che l'istinto mi porti a reagire in centro sala, di fronte a tutti i presenti, mi tolgo da quella situazione scappando.
Ha ragione Josh: scappare forse, è l'unica cosa che mi riesce bene.
« Te la infilo nel culo la tua bottiglia di vino!» urlo, chiusa nel freezer della cucina, dove mi sono rinchiusa dentro ignorandone il freddo per meglio placare in santa pace la mia furia.
Natasha mi raggiunge poco dopo il mio sfogo, non mi ero nemmeno accorta che mi stava osservando:
« Ma a cosa ti sei chiusa a fare qua dentro?»
« Lei è qua! A quel stra maledetto tavolo che ho preso al posto tuo! È qua con un altra! Cazzo!» Mi sento così nervosa che non riesco a stare ferma. « Tutto potevo immaginare, ma non vederla insieme ad un altra donna!»
« Davvero? Oh merda... e ora?»
« Hanno ordinato una bottiglia di vino... Dio santo Natasha, ma cosa ci fa lei, con quella?! Si sono strette le dita, amoreggiavano... vorrei andare li e portarla via!»
« Ti voglio ricordare che l'hai lasciata! Non l'hai nemmeno più richiamata: cosa credi?! Che la gente stia ad aspettare i tuoi tempi?» esclama lei iniziando a sentire il freddo e saltellando sul posto per scaldarsi.
« Se sei entrata a farmi la morale, esci! Non sono dell'umore!»
« Datti una calmata! Quella Reynolds l'hai lasciata a New York! Preferisci andare li da lei...Accomodati...! Fai la miliardaria, compra il suo amore, se sei abituata alla via più costosa!» mi rimprovera « Ma non incazzarti per una situazione che ti sei voluta! Cercata e abbracciata!»
Come se non bastasse, la Tolman fa il suo ingresso poco dopo:
« Voi due!! Si può sapere cosa ci fate qua dentro?! Vi pago per stare fuori in sala a lavorare, non per prendervi un malanno dentro il frigo!»
« L'ex di Samantha è cena su un tavolo in sala...ma con un altra.» le risponde Natasha, ancora irritata, come se avesse annunciato il gossip più importante della serata. La Tolman maledettamente curiosa, attratta dalla notizia chiude la porta e si toglie gli occhiali:
« Ah!» mi guarda desiderosa di partecipare a questa riunione « Allora vada li, e che ne so... gli dia uno schiaffo!» poi ci ripensa « Anzi no! Che figura. È nel mio ristorante, non ci provi nemmeno.»
« Non potrebbe... E una donna!» Esclama Natasha pentendosi successivamente di essere andata troppo oltre. La Tolman non muove un ciglio e mi guarda a bocca aperta.
« Reynolds!! Lei è un libro aperto di novitá! Non sarà quella sua amica che si è presentata anche la volta scorsa?» arguta, è così sicura di averci azzeccato « E che è ora, al tavolo in centro sala...» Esclama stupita di esserci arrivata da sola.
« Riprenditi quel tavolo! Non posso andare li senza sentire la voglia di tirargli dietro qualcosa ad entrambe! Seguirò la tua ragazza, e mi occuperò anche della mia. Ti prego!» la supplico nervosa.
Lei arrabbiata, finge di pensarci:
« Va bene. Lo faccio solo perchè ho bisogno che mi tieni quel incapace lontana dal mio karma lavorativo!» Controbatte sciogliendosi i capelli per poterli sistemare. La Tolman da parte sua sbuffa e esce prima di noi « Adesso andate a lavorare su...! Eh Reynolds veda di restare calma! Le ricordo che è il mio ristorante, non l'azienda di suo padre... sono io la sua titolare!»
Usciamo e riprendiamo il lavoro, ma non riesco a rimane concentrata, sebbene ci provo: come, non riesco a lavorare, senza guardare in direzione del tavolo incriminato.
Keyline è così bella stasera, si è preparata e si è truccata per l'occasione: Natasha ha ragione, l'ho lasciata, e lei ha il diritto di vedersi con chi vuole. Ma pensavo di sentirmi pronta, convinta che il tempo avrebbe guarito tutto: mal curandomi della probabilità di potermi scontrare con l'idea di vederla un giorno sorridere a una donna che non sono io.
La voglio e la desidero più di quello che pensavo: lei è la mia Keyline, la mia dolce Keyline e di nessun altro.
Lavoro e controllo la situazione. Controllo la
situazione, e tento di lavorare, distratta più delle due neo assunte.
Le vedo alzarsi, sorridere, pronte sicuramente per "quel dopo" cena, che avranno preventivato di fare una volta fuori dal ristorante.
E se si baciassero? Quale migliore occasione, per un romantico bacio sotto il vischio, sarebbe per iniziare nei migliori dei modi il Natale?
« No! Cazzo sei mia!» esclamo sottovoce, dirigendomi veloce verso Adriana, togliendomi il grembiule. Che lei accetti o no, ho bisogno di riprendermi la mia ragazza.
« Va già via Reynolds?»
« Sì...! Mi licenzio.» esclamo di getto, in quell'unica scusante, che giustificherebbe la mia fuga improvvisata.
Adriana si raddrizza, si sporge a guardare le vetrate in direzione di Keyline.
« Non serve essere così impulsive! Veda di fare la pace, non l'ha persa con lo sguardo nemmeno un secondo! E non accetto le sue dimissioni, sia chiaro! Domani la voglio a lavoro.»
La guardo e le sorrido, anche lei accenna una smorfia e mi fa cenno di uscire prima che ci ripensi. Keyline è già partita, non senza lasciarmi il tempo per fermarla.
La fortuna però, mi fa trovare un taxi libero: e che lei sia diretta a casa oppure no, l'aspetterò davanti alla sua porta.
Quando arriviamo, noto subito che le finestre del suo appartamento hanno le luci accese: e se sono ancora insieme? E se stanno già facendo l'amore?
Entro, salgo le scale: ho il cuore in gola.
Busso leggermente la porta, anche se potevo aprirla con le chiavi: ma questa non è più casa mia.
Aspetto qualche minuto e quando finalmente la apre, Keyline ancora in vestito, mi guarda sorpresa. E adesso?

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