Due vite, una sola casa

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Due vite, una sola casa

-Susan, corri!- la voce di Lucy risuona, non promette niente di buono.
La più grande posa malamente il giornale che sta leggendo sul bancone dell'edicola e afferra velocemente la borsa per poterla seguire.
Lucy corre di fronte a lei diretta alla solita fermata della metropolitana da prendere per tornare a casa.
Londra quel giorno é diversa, frenetica, elettrizzata. Come se si fosse risvegliata. Sembrano tutti inquieti, una strana sensazione nell'aria. Qualcosa è riuscito a far sorridere persino i tetri inglesi quella mattina.
Un gran vociare proviene dall'imbocco della rampa di scale della metropolitana. Rapidamente Lucy afferra la manica della sorella per oltrepassare la folla e là, davanti a tutte quelle persone, vede Peter dare il suo solito spettacolino. Si batte per chissà quale scemenza, quella volta, solo contro due. I loro sguardi si incrociano, quello supplichevole di Susan e quello orgoglioso del fratello. Sferra un pugno ad uno dei ragazzi dritto nello stomaco, quest'ultimo si allontana barcollando in preda ai conati di vomito. Soddisfatto, Peter, si avventa sull'amico del malcapitato sbattendolo al muro, lo trascinano da dietro ed un pugno diretto in faccia non riesce a schivarlo del tutto e lo colpisce di striscio.
-Permesso! Permesso!- una voce costringe Susan a scansarsi che troppo tardi si rende conto appartenere ad Edmund diretto ad aiutare il fratello. Non doveva comprarsi una torcia nuova? Inutili gli appelli di Lucy ad entrambi i fratelli, solo due poliziotti riescono a separarli, però, non senza la dovuta ramanzina. Susan, che ormai ci aveva fatto l'abitudine a quelle risse, si avvicina al fratello ed esasperata domanda: -E questa volta perché?-
-Mi ha spinto- risponde Peter cupo.
-Mi pare un buon motivo per aggredire una persona- continua la sorella.
-No, poi pretendeva da me delle scuse... Allora l'ho colpito-
-Tu dovresti essere un re! Un esempio!- indignata, arrabbiata.
-No! Forse a Narnia, ma non qui. Non sei stufa di essere trattata come una bambina?- Peter è esasperato, il tempo da cui manca dal suo regno era solo un anno, ma un anno insostenibile. L'essere trattato come un ragazzino solo per l'aspetto esteriore lo divorava.
-Ma noi siamo dei bambini- ci tiene a precisare Edmund ricevendo un'occhiataccia dal fratello.
-Si tratta di accettare che ora noi viviamo qui, la nostra vita appartiene a Londra- Susan si era rassegnata. Aveva sperato in un ritorno nei primi mesi, poi il fantasma che tornare indietro sarebbe stato impossibile le si era insediato nella mente senza più lasciarla.
-Accettalo tu- le risponde in malo modo Peter prima di afferrare la propria cartella e andarsi ad abbandonare sulla panchina vuota in attesa del treno.
In perfetto orario dalle scale girando l'angolo giunge Elizabeth, la ragazza del loro stesso quartiere. Quel giorno con un sorriso tranquillo, che presto si spegne quando solamente tre Pevensie su quella panchina ricambiano. Stranita dalla scena si avvicina, se c'era una cosa di cui sapeva essere sicura sul loro conto era che fossero sempre insieme. Una carezza sulla nuca di Lucy seduta, un rapido saluto ad Edmund intento a sistemare quella nuova torcia.
-Peter?- chiede alla ragazza più grande. Susan indica esasperata con le testa il fratello sul bordo dei binari, cupo più che mai.
-Mi morderà?- prosegue Elizabeth sistemando l'enorme plico di fogli che tiene tra le mani.
-Non lo escluderei- risponde con un sorriso la minore delle ragazze Pevensie. Lucy la esorta ad andare a parlarci, forse conscia del suo interesse per il fratello.
La ragazza allora si avvicina lentamente: -Peter?- lo chiama piano.
-Susan, lasciami in pace!- risponde malamente voltandosi stringendo i pugni. Non facendolo di proposito colpisce ciò che l'amica tiene in mano, tutti i figli sulle rotaie.
-No! No, no no no! La ricerca di filosofia!- grida disperata.
-Elizabeth, scusa... Credevo fosse Susan...- cerca di giustificarsi Peter.
La ragazza con le mani tra i capelli espira eloquentemente e furente di rabbia.
-Scusa- sussurra ancora Peter prima che lei lo zittisca con una mano e malamente lo cacci alla panchina dai fratelli.
Il più grande dei Pevensie rinuncia presto ad un qualsiasi aiuto e si avvia in quella direzione per evitare di ricevere un pugno. Sapeva si sarebbe dovuto far perdonare.
Elizabeth in preda al panico per quella ricerca a cui aveva lavorato così tanto.
No, non ci avrebbe rinunciato.
Posa la cartella a terra, quasi la getta, si siede con le gambe penzolanti nella fossa dove sarebbe passata al metropolitana e vi salta dentro badando che la gonna dell'uniforme non si alzi.
-Elizabeth! Sei impazzita?! Torna su!- le urla Peter correndo fino al bordo dove poco prima lei era seduta ed indicando i piccoli gradini che le avrebbero permesso di risalire.
-Mancano ancora cinque buoni minuti prima che arrivi il treno- risponde seccata.
-Elizabeth, è pericoloso!- grida fuori di sé il ragazzo. Non un aiuto da parte di nessuno, sembrano non notarli.

Non notarli.

-Elizabeth! Sali ora!- nel momento in cui Peter esclama queste parole un lontano fischio le gela il sangue. Tutti i fratelli accorrono al ciglio.
-Questa è magia!- chiarisce Susan.
-Cosa?- Elizabeth ha sicuramente frainteso.
-Corri!- la esorta Peter sentendo il rumore sempre più vicino. La ragazza obbedisce e si dirige più in fretta ai piccoli gradini, con la ricerca ancora stretta tra le braccia. Il maggiore dei Pevensie la segue dalla banchina. Il treno fa capolino dalla curva, si dovrebbe fermare... Ma niente ne dà l'intenzione. Elizabeth corre più in fretta, ancora pochi passi. Il treno a pochi metri. Raggiunge gli scalini, posa il piede sul primo. Il treno a meno di due metri. Peter l'afferra e la stringe a sé, mentre il treno fischiante le sfreccia dietro, dove fino a pochi secondi fa c'era lei.
Stretta al maglione del ragazzo si stacca solamente quando sente sprofondare i piedi nella sabbia. Stranita strizza gli occhi un paio di volte per metabolizzare dove si trovi: in una grotta sul mare. Le manca il respiro. Tutto quello non è normale, ma soprattutto, non può essere. Peter, stranito quanto lei per come fosse finita lì con loro, accenna a qualche passo verso il mare, ma prima stringe la mano di Elizabeth tra le sue.
I fratelli si guardano, Susan che a stento trattiene le lacrime e Lucy con una luce negli occhi che non aveva da tempo. Si avviano verso l'uscita della grotta, non una parola. I sospiri trattenuti, la gioia nel cuore ed i sorrisi.
Il mare cristallino che si staglia all'orizzonte, non una nuvola nel cielo e la vegetazione più florida che mai.

Sì, era lei.

La terra a cui appartenevano, che giurarono non avrebbero mai lasciato, che avevano perso ed ora ritrovato.
Colei che aveva bisogno di loro, dei suoi sovrani.
Soffia il vento ed increspa il mare creando quelle squisite onde che ad Edmund erano tanto mancate. Muove le foglie degli alberi danzanti che Lucy ricorda con calore, solleva il profumo che da sempre inebria Susan... E rallegra la giornata di Peter, gli fa dimenticare quell'anno infernale tra stupidi compiti in classe e studio.

Era...

-Narnia...-

Peter si volta raggiante verso la sorella Susan che crede aver parlato, ma no. Elizabeth con le mani a coprire la bocca piange. Piange di felicità.

**SPAZIO AUTRICE**
Rieccoci! Pensavo di riuscire ad aggiornare più velocemente, ma le simulazione la pensavano diversamente.
La nostra storia è iniziata e spero, davvero, che vi sia piaciuta.
È un esperimento per me, scrivere al presente mi risulta sempre difficile e spero che il capitolo non abbia risentito di questa mia difficoltà...
Se vi è piaciuto vi invito ad una recensioncina, anche se piccola... Per capire come appaia da fuori e se avete consigli ancora meglio :3
Come sempre un abbraccio,
WiseGirl.

Tornati per restareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora