L'ultima goccia

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Faul e Vi si abbracciarono davanti agli sguardi impassibili e annoiati delle due guardie di fronte all'uscita. Sapevano entrambi che non si sarebbero più visti, le regole del carcere di massima sicurezza erano chiare: niente visitatori. Quello era stato un semplice servizio offerto da Piltover, un atto di pietà, nulla di più.

Eppure Violet non riusciva a non sentire il vuoto dentro di sè. Sarebbe tornato tutto come prima, le solite quattro pareti della sua cella, le solite liti con carcerati e guardie per ammazzare il tempo. Ma il cuore ora sarebbe stato un macigno ancora più pesante, avendo la certezza di avere qualcuno fuori da Stillwater in vita che teneva a lei, ma che non avrebbe più potuto vedere. Era un addio a tutti gli effetti. 

"Stai tranquilla ragazza, me la caverò. Chissà, magari la prossima volta posso improvvisarmi parrucchiere e dare un taglio a questa zazzera che hai." scherzò Faul per cercare di alleviare la tensione. Ma ormai Vi era incatenata dal terrore, chiusa in sè stessa e nella morsa della solitudine che stava per ripiombarle addosso. Provò a fare un sorriso, ma le uscì una smorfia scomposta, un segno di consapevolezza del vuoto che l'aspettava una volta sciolto l'abbraccio. Strinse ancora di più Faul, che fece altrettanto con lei. 

Furono le guardie infine a interrompere quel momento. "Ora basta, non abbiamo tutto il giorno per voi." disse una di loro, e strattonò Faul per staccarlo da Vi. Violet per tutta risposta le tirò un pugno ben assestato sul viso. In pochi secondi la seconda guardia le fu addosso e la colpì all'addome, chiamando a gran voce altri aiuti che accorsero in un attimo per tenerla ferma, mentre lei urlava e si dimenava. Nella confusione anche Faul tentò di ricongiungersi con lei, ma fu costretto a muoversi nella direzione opposta per evitare guai. 

Non poteva andarsene in quel modo, non poteva finire così, da codardo, senza avere avuto il coraggio di dirle la verità in tutto il tempo che erano stati insieme. 

"Violet!" urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Vi alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi negli ultimi tentativi di resistenza alle guardie. "Tua sorella è viva! Powder è viva!".

Violet venne investita da quelle parole come da una bomba e si sentì in un limbo in cui pensò di aver capito male o che fosse tutto un sogno. Ma Faul era lì a pochi metri da lei che le sorrideva e annuiva per confermarle la notizia. Ma la ragazza fu trascinata via, tra colpi, urla e lacrime che non sembravano nemmeno più provenire da lei. Una botta alla nuca pose fine a tutto. 


Quando Vi si riprese dolorante nella sua cella, il ricordo delle ultime parole di Faul la colpì nuovamente come uno schiaffo in faccia. Si sentiva tradita, ingannata, e allo stesso tempo rincuorata. Cercò di mettere via le emozioni che la confondevano e a mente fredda provò maniacalmente a ricostruire tutto quello che Faul le aveva detto in quei due giorni, partendo dall'ultimo momento che lo aveva visto. Le aveva detto addio dicendo che Powder era viva. Ma come faceva a saperlo per certo? Senza dubbio doveva averla vista, forse addirittura la conosceva. Ma allora perché dire di non sapere niente ed essere vago fino a un momento prima per poi rivelare tutto all'ultimo? Che motivo c'era di nascondere il fatto che sua sorella fosse viva? A Vi la cosa puzzava. Aveva la netta sensazione che lo shimmer e Silco centrassero nella faccenda. Faul a un certo punto aveva anche insinuato che Powder fosse al servizio di Silco, spacciandola poi per diceria, ma se fosse stato vero? Se sia lui che Powder fossero stati collaboratori del pazzo che aveva ucciso la sua nuova famiglia? Cosa doveva aspettarsi adesso? Che venissero per lei? 

Ad ogni modo era inutile tormentarsi, perché non avrebbe mai potuto sapere con certezza tutta la verità. Poteva solo aspettare e nel frattempo continuare a vivere come prima. Non le importava se Silco o chi per lui fosse tornato a cercarla, c'era solo un pensiero che contava per lei in questo momento: sua sorella era viva. Faul le aveva regalato questo sollievo prima che le tenebre della prigione la potessero avvolgere di nuovo. Anche se lo odiava per averle mentito, in parte gli era grata per aver messo fine a uno dei suoi tormenti più grandi. Sapeva da sempre che Powder era in gamba, se la sarebbe cavata alla grande anche senza di lei. 


Il giorno seguente, nella Città Sotterranea. 

"Allora, baldo tatuatore...hai scoperto qualcosa di interessante?". Silco sedeva alla scrivania dove era solito fare affari, scendere a compromessi e in caso necessario togliere di mezzo chi provava a mettergli i bastoni tra le ruote. Gettato sulla sedia come se fosse lo scranno di un re, guardava con occhi divertiti Faul, il quale pregava silenziosamente che l'agitazione non gli si leggesse in faccia mentre parlava. 

"Non c'è traccia di nessuna Violet. Con la scusa di ricordare male il nome del carcerato che aveva richiesto il mio servizio, ho controllato il registro con il guardiano all'ingresso di Stillwater."

Silco non si era fidato di Marcus, il guardiano corrotto che diceva di aver pensato lui stesso a far fare alla fastidiosa figlia di Vander una fine dignitosa. Ma conoscendo l'animo vigliacco della sua talpa piltoviana e sentendo dicerie, Silco aveva preferito occuparsi personalmente della faccenda, mandando qualcuno dei suoi scagnozzi più stretti. 

"Quindi niente ragazzine ribelli dai capelli vagamente rosei?"

"Ho allungato la mazzetta alla guardia giusta e no, nemmeno sbirciando in giro ho trovato qualcuno simile a lei. Tra le donne le ragazze che ci sono hanno talmente paura di chi si avvicina alle sbarre che se ne stanno nell'angolo più buio per nascondersi. Ho controllato anche nella sezione degli uomini, ma non c'è nessuno che combaci con la sua descrizione. Anche se avesse avuto i capelli rasati a zero e gli occhi di un altro colore, la corporatura e il carattere l'avrebbero tradita." Faul mise più fermezza possibile in quelle parole. Finì il suo discorso con tutta l'inespressività nel volto e nella voce di cui era capace. "Non c'è più nessuna Violet, Silco. E' morta." 

"Bene, molto bene. Ora che posso davvero fidarmi di Marcus mi divertirò a tormentarlo con i miei progetti."  disse compiaciuto Silco. Poi aprì un cassetto della scrivania. "Come promesso.". La fiala di shimmer rotolò verso Faul, che non esitò a prenderla con malcelata avidità. 

In quel momento Jinx entrò nella stanza con la sua solita irruenza. Tutto di lei parlava della sua follia: le lunghe trecce blu, i vestiti corti e strappati, gli occhi spiritati. Più che un'umana sembrava un robot che con parole deliranti e armi artigianali spingeva tutti a starle alla larga. Tentare di farla ragionare era inutile, parlare con lei aveva lo stesso effetto aleatorio di lanciare un dado in un gioco: potevi uscirne illeso o con una delle sue mitiche invenzioni in faccia.  L'unico che avesse mai ascoltato era Silco. Lui al contrario degli altri non la temeva e si fidava ciecamente di lei, era questa la vera follia. Pensò improvvisamente a Vi, a cosa avesse potuto pensare vedendola ridotta così. Rabbrividì. 

"Fatti da parte Faul." gli intimò lei. Lui non se lo fece ripetere due volte. Si alzò, guardò Silco che gli fece segno di andarsene e imboccò la porta. 

"Ah, Faul!". La voce gracchiante di Jinx lo fece trasalire, temendo che in qualche strano e contorto modo la sua bugia fosse stata scoperta. Si girò e la ragazza gli si avvicinò con occhi dolci. "Mi hanno detto che fai dei bellissimi tatuaggi...Allora prossimamente voglio che tu mi tatui delle nuvolette blu! E se sono così belli li voglio su almeno metà del corpo!" disse lei con un sorriso più simile a un ghigno e un'euforia febbrile. "Certo...farò del mio meglio." annuì Faul cercando di ricambiare il sorriso. Poi lasciò da soli i due a complottare a porta chiusa. 

Uscì da quello che un tempo era stato il simbolo di giustizia della Città Sotterranea. "L'ultima goccia." Sì, era proprio quello che si riprometteva ogni volta che ingeriva una dose di shimmer. Ma non era mai così. Deluso da sè stesso, Faul diede un'ultima occhiata al disegno del boccale di birra in mezzo all'edificio, ora corrotto anch'esso dall'occhio di Zaun, poi guardò lo shimmer che aveva in mano, giocherellandoci. Un solo pensiero lo rincuorava: aver salvato una vita ed aver fatto per la prima e l'ultima volta la cosa giusta. Pensò a Vander, si coprì la faccia con una mano, gli chiese perdono. Ingerì la sostanza viola. Compiuto il misfatto, tornò a strisciare nell'ombra. 

 

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