CAPITOLO 4

32 7 6
                                    

Non sento niente. Non riesco a pensare, a riflettere. Sento un vuoto enorme ma non ho paura: ho imparato a non averne più. Sarà questa la morte? No, non sto per morire, non immagino così il paradiso. La luce diventa sempre più accecante e così chiudo gli occhi.
Quando li riapro il chiarore che mi stava avvolgendo fino a pochi secondi fa è sparito. Sono di nuovo sulla ferrovia ma il paesaggio intorno a me è diverso: vedo un prato, o almeno quel che ne rimane, non c'è un fiore, un albero, è tutto deserto, sembra più un campo di battaglia. Mi giro e vicino a me c'è una quercia, forse l'unica cosa ancora in vita. Sento che mi sono cacciata in un bel guaio. Dove sono finita?
Un rumore di foglie sopra di me mi fa alzare la testa, ma quando lo faccio vedo solo la chioma dell'albero. "Andiamo, sarà stato un scoiattolo" mi dico, ma non ne sono tanto convinta.
E infatti non è uno scoiattolo: all'improvviso dall'albero salta giù una donna sulla trentina, vestita da guerriera, dai capelli rossi e gli occhi marroni, che mi punta addosso una freccia tesa dall'arco.
"Chi sei? E da dove vieni?"
"A...Alis. Mi chiamo Alis, vengo da Boston"
"Alis?" ripete lei, abbassa l'arco e si avvicina. Mi scosta i capelli dalla spalla e scopre la mia voglia a forma di fiocco di neve sul collo. Vorrei scappare - insomma, neanche la conosco questa donna - ma non mi muovo di un centimetro. Devo scoprire chi o cosa è.
"Alis, sei tu!" esclama abbracciandomi. Io resto rigida e non mi muovo. Come fa a conoscermi? Chi è lei? Chi sono io?
"Chi sei?" le chiedo.
"Alis, devi venire con me" disse ignorando la mia domanda "Devo raccontarti una storia ma stare qui è pericoloso. Su, vieni" mi sprona.
La seguo senza replicare. Non ricordo quando sono diventata così ubbidiente verso gli sconosciuti.
O forse non lo sono mai diventata. Ho solo bisogno di sapere la verità. Qualunque essa sia.
Mi porta in un villaggio lì vicino. Non lo avevo visto appena sono arrivata. Sembra essere abbandonato, non c'è nessuno nelle strade. L'aria che soffia è fredda e me la sento sfiorare la schiena, facendomi venire i brividi. Se non fossi la ragazza più curiosa di questo mondo - cioé, non questo, ma la Terra - ora non starei in un villaggio deserto insieme ad una donna che io non conosco ma che lei sembra sapere alla perfezione chi sono io.
Arriviamo davanti ad una casetta vicino ad una fontana. La casa non sembra molto grande dall'esterno, è a due piani e non ha il tetto, ma una sottospecie di terrazzo. Entriamo dentro e un odore di torta di mele mi stuzzica il naso. Sono anni che non mangio una torta fatta in casa. Quell'odore mi ricorda mia madre. Alzo gli occhi verso l'alto per evitare alle lacrime di scendere.
Non è questo il momento di pensare a lei, Alis, controllati.
Il soggiorno è abbastanza ampio e ci sono un sacco di cose particolari. Al centro della stanza c'è un tappeto con sopra un tavolino rettangolare basso. Attorno ci sono un divano e due poltrone. Davanti ai muri si trovano dei mobili e delle vetrine con tanti soprammobili.
"Vuoi un pezzo di torta? L'ho appena sfornata" mi chiede la donna facendomi segno di sedere.
"No. Voglio... Solo sapere chi sei e cosa ci faccio io qui" le rispondo restando in piedi. Cerco di sembrare più tranquilla possibile ma è difficile mantenere la calma con tutte le domande che mi stanno frullando nella testa.
"Capisco. Siediti però, è una storia lunga da raccontare" mi dice in tono dolce.
Mi siedo e in soggiorno entra una signora che mi guarda con aria interrogativa. Se lei non sa chi sono io, di certo non posso sapere io chi è lei.
"Già che ci siamo, vieni Rose. Allora, Alis, lei è Rose una mia amica e io mi chiamo Anna" dice mentre Rose si siede vicino a me. Ha gli occhi verdi e i capelli castani. Sembra più piccola di Anna ma se la si guarda bene si notano alcune rughe sul volto pallido.
"Voglio raccontarti la mia storia e con essa capirai anche la tua... Circa 17 anni fa questo mondo, chiamato Città degli Elementi, veniva attaccato dai titani, creature mostruose grandi quanto un uomo, ma aggressivi e feroci come lupi. Io ero da sola, perché mio marito morì in una guerra contro i titani ed ero incinta di una bambina. Il parto era vicino e siccome volevo proteggerla, cercai rifugio sulla Terra. Partorii e nacque una bellissima bambina dai capelli rossi"
Mi guardo i capelli, che mi scendono fino al seno: rossi. No, non può essere.
Anna continua a raccontare: "Trovai rifugio sulla Terra per qualche mese e qui conobbi due persone fantastiche che mi aiutarono nella crescita di mia figlia. Si chiamavano James e Cristina" deglutisco a fatica.
"I miei genitori" dico con un filo di voce.
Anna annuisce. "Poi un giorno mi avvicinai al bosco, vicino ad una ferrovia. Sapevo che quello era il portale per questo mondo ma la tentazione di rivederlo era troppo forte, mi chiedevo se la Città degli Elementi esistesse ancora. Maledissi quel giorno: il portale mi risucchiò e da allora non riuscii più a tornare sulla Terra. James e Cristina sapevano di questo mondo e della mia origine e mi promisero sempre che qualunque cosa mi sarebbe successa si sarebbero presi cura di mia figlia"
Il silenzio che lasciano quelle parole è tombale. Ora capisco come ha fatto a riconoscermi: una madre riconosce la propria figlia.

RUN AWAYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora