Capitolo 26.

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Respiro, ricordando che sono in classe, e che dunque non posso essere troppo spontanea. Però al tempo stesso vorrei che capisse...

Lo guardo e mi arrendo: "Da tutto!" Esclamo, seppur sussurrando. "Quando parla, sembra scegliere con cura e precisione ogni singola parola... Il ché è praticamente impossibile, perché uno parla dopo aver pensato, è vero, però... Prima devi formulare una frase di senso compiuto e poi la devi dire! Insomma, ci vuole tempo... E lei invece riesce sempre alla prima ad essere perfetto!" Scoppio a ridere per il nervosismo. Sono sempre sincera, ma con lui ... È sempre un po' così: il mio "siero della verità"!

Mi guarda quasi stupito, ma mi lascia proseguire portandosi le braccia al petto, conserte.

Non lo faccio attendere: "Inoltre, ha un autocontrollo che fa paura! È invidiabile, veramente. E poi... Beh, la sua pazienza , ma glie l'avevo già detto... Sì, direi quindi quello" Annuisco.

Luca Fields sorride. 

"Anni e anni di esercizio" Scherza dopo qualche istante, una volta sicuro che non abbia altro da aggiungere.  "No, a parte gli scherzi... Che poi non è uno scherzo, anche se tu non lo vuoi ammettere sono un essere umano come te. Ho sbagliato e continuo a sbagliare nella mia vita. Ho dubbi, paure e insicurezze anche io, che non mostro nel momento in cui sono al lavoro, perché ritengo che mischiare la vita privata con quella lavorativa sia un danno. Un conto è parlare qualche volta di qualche ricordo che torna a galla, un altro ben diverso è basare il mio piano didattico su di me. Voi dovete apprendere gli argomenti, farvi una vostra opinione, un vostro metodo, indipendente da quello del docente di riferimento, chiunque lui o lei sia.

Comunque... Prima di entrare all'Università non ero così. Hai presente quel tipo di studente che, pur facendo casino, non può essere castigato perché riesce a stare sul sei, e in condotta ha nove?" Rido. "Sì, ero più spontaneo, lo riconosco. Però poi sai, crescendo, capisci che non puoi restare Peter Pan per sempre, per quanto bello sia e per quanto tu lo desideri!" Torna a guardarmi allusivo. Contrattacco.

"Beh... Mai dire mai! Magari non lo si può restare in certe occasioni, ma in altre perché no?" Faccio spallucce. "Con chi si fida, almeno!"  

"Come hai giustamente osservato, non lo si può restare in certe occasioni" Ribatte con fermezza. Io mi mordo il labbro, mordicchiandolo e tirandolo, mentre la punta del piede inizia a muoversi martoriando il pavimento.

Gli salterei addosso in questo momento soltanto per vedere la sua reazione!

"Perdonami..." Si allontana, quasi mi legga nella mente.  Va a prendere il cellulare nella valigetta, poi lo ripone sulla cattedra a schermo in giù e ritorna.

"Scusami, credevo di averlo dimenticato acceso"

"Ah!" Rispondo, ma è chiaro che io non ci credo e lui l'ha capito.

"Nelle altre materie come sei messa? La tua amata letteratura? Avete già iniziato le prove?" Cambia discorso subito dopo.

Annuisco.

"Ho nove e venticinque in letteratura inglese, sette in italiano e otto e venti o qualcosa di simile in spagnolo!" Affermo orgogliosa. "E in nessuna di quelle discipline ho mai copiato, questa è la parte che più mi rende fiera" Aggiungo. Sorride.

"I miei complimenti! Non ti servirà nemmeno in matematica, vero?" 

Bastardo, mi sta provocando.

Con lui non riesco ad essere disonesta, lo sa benissimo. 

"Dipende da quanto sarà difficile..." Gli tengo testa per non dargli soddisfazione. 

"Allora la farò impossibile proprio per te, incatenandoti alla cattedra sotto la strettissima e temibilissima sorveglianza del sottoscritto" Mi prende in giro.

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