capitolo 9

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Il rosso acceso dell'alba illuminava il letto sfatto, vuoto da tempo, mentre una ragazza correva per la sua stanza. Diversi vestiti erano accumulati sulla sedia: uno non le stava bene, uno era troppo colorato, un altro troppo inadatto. Le spazzole rotolavano libere sulla scrivania, mentre la bacchetta giaceva immobile sul pavimento in attesa di essere impugnata. Cara si stava preparando da un'ora, pronta a viversi a pieno quel giorno. La scorsa notte avevano pianificato tutto: entro quella sera sua madre si sarebbe ricordata di lei. Prese di corsa la bacchetta e, con un movimento del polso, mise a posto il letto, ripiegando accuratamente le lenzuola. Sistemò i vestiti e, uscendo, si fermò per un secondo allo specchio. Somigliava davvero tanto a sua madre. Si sistemò il fiocco dietro il vestito, impugnò la maniglia e aprì la porta. La prima tappa era lo studio di suo padre. Sentiva gli altri mangiamorte dormire nelle loro camere mentre percorreva il corridoio freddo, il marmo le permetteva di camminare senza produrre troppo rumore. Bussò tre volte e, sentita la risposta del padre, entrò di corsa chiudendosi la porta alle spalle. Era elettrizzata, e pensava che anche Voldemort provasse lo stesso, ma quando guardò in direzione della scrivania vide soltanto un uomo dall'aria affaticata, con in testa tutt'altro che l'amore. "Buongiorno" Disse timidamente, ora più calma a causa di quello strano atteggiamento. Lui sollevò a malapena la testa per rivolgerle un cenno del capo. "Quindi per stasera..?" Riprovò lei, ma lui la fermò con un gesto della mano "non adesso, Cara." "sì ma stasera" "stasera c'è una riunione in cui dovremo stabilire delle cose importanti. Gli auror ci sono addosso, e di alcuni uomini non mi fido più. Scusami se il tuo piccolo teatrino non è al centro dei miei pensieri adesso." Cara rimase ferita da quelle parole, ma non lo diede a vedere. Forse era solo agitato, come lei, e questo era il suo modo di dimostrarlo. Sì, doveva essere così. Doveva fidarsi di lui. Indietreggiò fino alla porta e ne uscì congedandosi con un cenno del capo. Seconda fermata, la cucina. Era presto per farsi preparare la colazione sotto ordine di Narcissa, ma lei aveva davvero fame. Se la sarebbe fatta da sola. Scese le scale saltando un gradino ogni tanto, e arrivò in cucina saltellando. Era davvero felice. Iniziò a guardarsi intorno: ormai era lì da molto, aveva visto quel posto tante volte, ma ora si rendeva conto che non aveva la minima idea di dove trovare del cibo. Nelle mensole non c'era niente, e gli elfi non erano ancora svegli. Poi un rumore proveniente da sotto un mobile le fece ricordare del suo vecchio amico. Si accovacciò e spostò un pezzo di tela che copriva una specie di tana. L'elfo domestico con cui aveva parlato tanti giorni prima era ancora là, sveglio e in attesa di iniziare. Quando la vide sorrise raggiante e si alzò in piedi, chiedendo se le servisse aiuto. "Dove posso trovare qualcosa per la colazione?" L'elfo allungò la sua schiena, come per stiracchiarsi, e si propose per prepararla per lei. Per quanto Cara provò a opporsi, alla fine non ci fu verso e si trovò seduta ad aspettare il piatto già pronto. Uova strapazzate e bacon, c'era forse un modo migliore di iniziare la giornata? Ripensò a ciò che era successo con suo padre. Sì, sarebbe potuto andar meglio. Ma adesso non importava. Affondò la forchetta nelle uova e rimase lì a mangiare e parlare con l'elfo finchè non sentì delle voci provenire dal corridoio. Il suo amico corse a nascondersi mentre Bellatrix e altri tre uomini entravano litigando nella stanza. All'inizio fu sorpresa di vederla "già in piedi, Cara?" le rivolse un'occhiata curiosa mentre prendeva posto per la colazione. Gli uomini dietro di lei invece continuarono a parlare, senza badare troppo a lei. "Non avevo sonno" scrollò le spalle "tu invece?" La donna alzò gli occhi al cielo "mi hanno svegliata loro" con un cenno della testa indicò gli uomini dietro di lei, gli stessi che l'altra sera Cara avevano visto dall'altra parte del divano "dicevano di voler parlare di qualcosa, ma non ho ancora ben capito di cosa" Cara dovette sopprimere una risata "Non è divertente, Bellatrix" disse l'uomo sulla sinistra, pieno di cicatrici in volto "il signore oscuro ha detto che è importante" "e se non si fidasse più di noi?" questa volta fu l'uomo sulla destra a parlare. Bellatrix gli rivolse una rapida occhiata "se il signore oscuro non si fida più di qualcuno, vuol dire che non merita più la sua fiducia" tornò a guardare Cara "non ho intenzione di discutere con una mandria di inetti con la coda di paglia" Tagliò un pezzo di bacon e iniziò a mangiare, chiaro segno che gli altri tre uomini dovevano lasciarla in pace. Colsero l'invito e si allontanarono sussurrandosi qualcosa a vicenda. "Mi dispiace se ti hanno impressionato, certe volte sanno essere proprio dei codardi" "no, tranquilla" La ragazza ingoiò il boccone e prese a giocare con i suoi capelli. Parlare con la madre la rendeva sempre nervosa "tu non...non sei preoccupata?" a Bellatrix uscì un verso di scherno "e per cosa? Ho passato 14 anni ad Azkaban per il signore oscuro, sono successe così tante cose quando tu non eri ancora nata che..." "nella prima guerra?" "sì" il suo volto si fece malinconico, quasi nostalgico "nella prima guerra, verso la fine...non dubito della sua fiducia in me, come lui non dovrà mai dubitare della mia lealtà" Ne sembrava davvero orgogliosa, cosa che portò involontariamente Cara a sorridere. Bellatrix però non se ne accorse, tanto sorrideva anche lei. Si strinse la tazza di caffè al petto, cercando di trovare le parole. Poi sospirò "se hai finito di mangiare ti conviene andare" disse in tono più freddo "non so da quanto sei qui, ma ormai sono tutti svegli e tra poco verranno qui. Non credo tu voglia essere coinvolta nella loro confusione" Cara non fece storie, capì e si alzò. Rivolse un cenno di saluto al luogo dove sapeva che il suo amico si era rifugiato e uscì, giusto in tempo per vedere il flusso di uomini che scendeva verso il salone. Tornò su da suo padre, o almeno ci provò, perché quando era quasi arrivata una mano le fermò il braccio. Si girò e vide Draco, i suoi occhi grigi la guardavano piedi di qualcosa tra il rimorso e la vergogna "possiamo parlare?" "non ora" si divincolò dalla presa "ho da fare" Non era vero, ma aveva bisogno di tempo per pensare a cosa dirgli. O magari, se avesse aspettato fino alla mattina seguente, non ci sarebbero dovute essere spiegazioni. "Che ne dici di oggi pomeriggio? Ripasso delle cose con Piton, potresti unirti a noi" Annuì. Un'altra scusa sarebbe sembrata falsa. Fece per dirigersi di nuovo nello studio, ma vide le luci spente. Suo padre non era lì, doveva essere uscito. Forse per una passeggiata. Per quanto si sforzasse non riusciva proprio a capirlo. Come aveva fatto sua madre e legarcisi così tanto? Nemmeno il tempo di dirlo, che sentì delle voci entrare dal balcone in fondo al corridoio. Spostò le tende e vi entrò, allungando lo sguardo sulle campagne sottostanti. Proprio nel giardino del Manor, vicino una fontana, suo padre e sua madre stavano camminando l'una accanto all'altro. Forse suo padre aveva deciso di dirglielo ora? O altrimenti, di cosa stavano parlando? Non riuscendo a sentire bene la conversazione, si concentrò sul movimento coordinato dei loro corpi nel cammino. Le braccia si muovevano allo stesso modo, il sole illuminava gli occhi di Bellatrix, sfuggenti a quelli di Voldemort. Non avrebbe mai immaginato che stessero parlando di lei. "Non lo so" la donna guardò persa l'orizzonte, fermandosi sull'orlo di una fontana "non credo sia pronta". Negli ultimi giorni era uscita, da alcuni mangiamorte, l'idea di far partecipare Cara alla riunione. Molti si erano accorti delle visite regolari che faceva nello studio di Voldemort, e dato che in molti credevano che Draco presto avrebbe ricevuto il marchio si era diffusa l'idea di allargare il tutto anche alla nuova arrivata. Anche Voldemort si fermò, restandole davanti "con Draco non dicevi questo" "Draco è diverso secondo me" l'uomo annuì piano "sono anni che vuole dimostrare quanto vale, e nell'ultimo anno io stessa gli ho dato varie lezioni. Cara invece..." "E' forte" "non ne dubito" si affrettò a rispondere lei "è che con gli auror sul collo...non vorrei metterla in pericolo" parlava lentamente, la voce strozzata nel tentativo di non sembrare arrogante. Aveva sempre avuto un carattere combattivo, ma con il signore oscuro aveva capito subito come comportarsi. Questa volta, però, non era come le altre. Voldemort dal canto suo cercava di nascondere ciò che i ricordi appena acquisiti gli facevano roteare nella testa. Voleva che lo guardasse negli occhi. Voleva ricordarsi ciò che i ricordi gli dicevano di aver provato. Non voleva insospettire Bella, perciò le aveva solo chiesto di camminare. Avevano preso quell'abitudine negli ultimi mesi della prima guerra, quando la maggior parte dei mangiamorte erano ad Azkaban e la profezia gravava sulla testa di tutti. La sua compagnia gli faceva piacere, gli aveva sempre fatto piacere. Nonostante questo, ci aveva messo un po' per capire il resto, e anche in quel momento gli sembrava di non avere il completo controllo di ciò che pensava. Odiava non avere il controllo. "Va bene, se dici che non è pronta mi fido" sospirò, e così anche lei. Sentiva nell'aria qualcosa di non detto, quindi continuò "hai nominato gli auror" "sì, sapete...ultimamente al manor stanno impazzendo tutti" provò a scorgere la sua espressione, poi tornò ad abbassare gli occhi "cercano tutti la..." "talpa?" indovinò lui "sì, ma non credo ce ne sia una" Riprese a camminare, e lui la seguì "e cosa te lo fa credere?" "non saprei, ma ormai siamo prevedibili, non è un mistero come gli auror facciano a sapere le nostre mosse." Voldemort riflettè su quelle parole. Erano davvero così prevedibili? Non lo credeva. Certo, un anno prima molti di loro erano stati catturati, ma era stato assolutamente un caso. Bellatrix poi si era salvata, quindi non doveva preoccuparsi. Lui l'aveva salvata. Chissà se questo lo ricordava. "Dico solo" continuò lei "che le probabilità di tornare lì -ad Azkaban- non sono poche, e se ci dovessi tornare, non vorrei che Cara venisse con me." Il signore oscuro si accigliò. Lei non sarebbe tornata ad Azkaban, non l'avrebbe permesso. Non voleva separarsene. "Bella" Si fermò, ma non poteva dirglielo. Non ancora. Lei si fermò a sua volta, sentendosi chiamare in quel modo, e d'istinto alzò gli occhi incastrandoli in quelli dell'uomo. Il sole ci aveva dipinto dei riflessi dorati, e Voldemort si prese un momento per guardarli, prima che la donna abbassasse di nuovo lo sguardo, in attesa. Ma non arrivò altro "niente" scosse la testa "si sta facendo tardi, è meglio tornare". Cara, intanto, era rimasta a osservarli fino al loro rientro. Con loro, rientrò anche lei, trovando un'atmosfera molto più viva. Era pieno giorno, e tutti ormai erano in piedi, pronti e attivi. Cara tornò nella sua stanza a ripensare a quello che aveva visto. Suo padre era strano, lo aveva notato. Sua madre...era sua madre. Strana anche lei, ma in senso buono. Cara si chiese come si facesse ad avere così tanto rispetto per una persona da non guardarla nemmeno negli occhi. Si chiese se una volta fosse stato diverso, e immaginò che durante la loro relazione lo fosse stato. A un certo punto, doveva ammetterlo, aveva davvero sperato in un bacio. Ma era evidente che sua madre non sapeva ancora la verità. Avrebbe letto un po' il grande libro della storia di Hogwarts, aspettando il suo incontro con Draco. Passarono le ore, un elfo la venne a chiamare per il pranzo ma lei rifiutò: l'ansia per quella sera le aveva tolto la fame. Rimase invece in camera sua, a leggere, finchè il piccolo orologio vicino al suo letto non segnò le tre. Sentì un rumore provenire dal piano di sotto: una porta che si apre, persone che si salutano, passi silenziosi...era arrivato Severus. Era ora. Scese lentamente dal letto, le gambe formicolanti per tutte le ore che avevano passato ferme, rimise il libro a posto, sistemò i capelli e aspettò che Narcissa la venisse a chiamare. Percorsero insieme le lunghe scale ed entrarono in una stanza che non aveva mai visitato: piccola ma dal soffitto alto, ospitava tre divanetti, ognuno accanto a un muro diverso. Al centro c'era un tavolo simile a quello delle riunioni, ma più piccolo, circondato di sedie, e Draco sedeva su una di queste, il volto illuminato da una delle candele lì dentro. Le ricordava molto la sala comune dei serpeverde. Quando la vide, il volto di Draco sembrò rallegrarsi. Piton stava già parlando ma lui lo interruppe e andò a salutare Cara, ancora sulla soglia. Venne fuori che quella stanzetta era il suo studio, un regalo per i G.U.F.O, poiché studiare in camera era diventato, a detta sua, scomodo. Si sedettero insieme al tavolo, Draco cacciò per entrambi il libro di pozioni e Piton ricominciò a parlare. Non sapeva chi fosse Cara, ma Narcissa aveva dileguato la domanda dicendo che si sarebbe iscritta o Hogwarts, o cose del genere. Severus non ci credeva chissà quanto, ma non gli importava nemmeno, quindi aveva accettato di aiutare anche lei. Passò del tempo tra un esercizio e l'altro. A metà lezione si passò alla pratica: prepararono diverse pozioni, dalle più semplici alle più complicate. Piton aveva portato anche diversi campioncini per mostrarle ai due, tra quelli che ora erano in bella vista sul tavolo spiccavano la polisucco, la felix felicis e l'amortentia. Quando l'uomo prese quest'ultima Cara si accorse che Draco la stava guardando con la coda dell'occhio. Sospirò, avrebbe dovuto chiarire una volta per tutte quella faccenda. Verso pomeriggio inoltrato, finalmente, Severus si congedò dicendo di avere varie cose da fare, e Cara ne fu davvero grata. Se le lezioni a Hogwarts fossero state tutte così noiose avrebbe chiesto alla madre di istruirla in casa. Almeno con lei si divertiva. Mentre Cissy accompagnava il loro ospite alla porta Draco e Cara rimasero soli in quella stanza. Cara fece per andarsene, si alzò ma poi capì che quello era il momento giusto per chiarire, quindi si lasciò sprofondare in uno dei divani, dove Draco la raggiunse un momento dopo. Stava cercando un modo di iniziare quella conversazione quando sentì la mano del ragazzo sulla sua. Si girò verso di lei "Riguardo a ieri..." Oh no. No. Ci stava davvero provando ancora? Non era stata chiara ieri? Cara credeva che volesse incontrarla solo per scusarsi, non aveva programmato una cosa del genere. Ma in effetti, Draco era Draco. Prendi un bambino, vizialo dalla tenera età, fagli credere che ogni suo desiderio sia realizzabile e poi digli di no. Non lo accetterà così facilmente. "Draco, ascolta" gli prese la mano e la spostò via dalla sua "sei simpatico, e con te sto bene, ma non..." "non ti piaccio in quel senso, me lo hai già detto" si allontanò leggermente, forse deluso "ma potremmo provarci" Era proprio testardo suo cugino. Cara fece un respiro profondo per mantenere la calma, o gli avrebbe urlato in faccio "no, idiota, sono tua cugina." Un po' rise all'idea. "Draco mi dispiace, ma no. Davvero." Fece un cenno di no con la testa, poi lasciò la parola a lui, che intanto sembrava indeciso sul da fare. Una parte di lui voleva continuare, un'altra lasciar perdere. Alla fine si alzò senza dire niente e, proprio mentre Narcissa tornava, se ne andò lasciando Cara lì seduta. Cissy prese il suo posto "cos'è successo? E' da un po' che è strano e..." poi, come una specie di ispirazione, le fu tutto chiaro "ah...capisco" sussurrò "Mi dispiace" disse Cara guardando la parete opposta "davvero." "Non hai niente per cui scusarti, tesoro" la zia le si avvicinò e la cinse il busto con un braccio "Draco è un bravo ragazzo, ma non sa accettare i rifiuti. Ci sarà rimasto male, ma si riprenderà vedrai" Aspettò una risposta, ma tutto ciò che ottenne fu un singhiozzo. Cara stava piangendo, la testa bassa. Narcissa la spinse contro la sua spalla, e lei ci affondò il volto. "Ehy ehy, che succede?" la sua voce le arrivava ovattata. Solo adesso si accorgeva della tensione che il suo corpo aveva accumulato in quei mesi. La paura di non riuscire a far tornare la sua famiglia una vera famiglia. Si era sentita così confortata da quell'abbraccio, da quelle parole dolci, che l'unica reazione possibile erano state le lacrime. Non per Draco, ma per tutto. Strinse forte la donna mentre i suoi ricci le cadevano sul grembo "Grazie, zia" sussurrò. In quel momento Bellatrix passò davanti alla porta. "Cissy, sai per caso dov'è Rab...ma cosa succede?" Cara si sedette di nuovo composta e si asciugò le lacrime, seppur gli occhi, ancora rossi, tradivano il suo pianto "niente" si affrettò a rispondere, realizzando ciò che aveva appena detto a Narcissa. Sperava solo che non l'avesse sentita. "Credo di averlo visto mentre andava in giardino" sorrise a entrambe, poi si congedò senza guardare né l'una né l'altra. Le due donne rimasero a guardarla mentre saliva le scale, poi entrambe andarono a prepararsi per la riunione ormai imminente. Cara era distesa vicino alla sua finestra, spiava come al solito i mangiamorte che ancora si allenavano, quando l'orologio a pendolo nel corridoio suonò le otto di sera. A breve sarebbe cominciata la riunione. Tutti tornarono dentro e, mentre anche lei si alzava, sentì sotto di lei un trambusto di persone in movimento. Capì che non sarebbe riuscita a star lì senza far niente, e che prima o poi la curiosità l'avrebbe spinta a origliare, quindi decise di andarsene. Prese il mantello, scese le scale e, inosservata in mezzo a tutti quegli altri uomini, uscì per una passeggiata. Nonostante fosse estate inoltrata la sera continuava a fare fresco. Si strinse nel mantello e provò a immaginare ciò che stava succedendo al Manor in quel momento. I mangiamorte dovevano essere già tutti seduti, i Malfoy e sua madre probabilmente vicini (anche se Cara sperava che i suoi genitori sedessero insieme), Voldemort a capo tavola che parlava. In effetti, non ci era andata lontana. Nella grande sala il tavolo si era appena riempito quando Voldemort vi entrò, seguito da Nagini. Lanciò una rapida occhiata alla tavolata, fermandosi un secondo di più su Bellatrix, e si sedette al capo del tavolo, per avere una visione chiara di tutti i suoi seguaci. Prima di parlare li studiò singolarmente. Molti di loro sembravano nervosi. Patetici, a dire il vero. Il signore oscuro alla fine aveva capito che Bella aveva ragione, che non c'era nessuna spia e che erano solo molto prevedibili, ma era incredibile vedere come così tante persone si erano rivelate con la coda di paglia. Prima o poi avrebbe dovuto chiarire anche quello, ma non quella sera. Come al solito, dopo aver notato il modo in cui le mani dei due Malfoy tremavano (quasi coordinate, cosa sorprendente), lo sguardo gli cadde su Bellatrix. Aveva sistemato i ricci, come per ogni riunione, e ora le ricadevano ordinati sulla schiena e sulle spalle. Aveva un vestito nero e, perlopiù nascosto dal tavolo, un corsetto dello stesso colore le cingeva la vita. Si era sempre chiesto come facesse a portarli, sembravano davvero scomodi. Si ricordò che una volta, l'anno precedente, glielo aveva chiesto. Erano fatti su misura, aveva detto lei, quindi si adattavano bene al suo corpo. Come al solito la collana con l'augurey le scintillava al collo, e sul dito il lungo anello gotico completava il tutto. Si schiarì la gola per avere l'attenzione di tutti, non che ce ne fosse bisogno: tutti i presenti lo stavano già osservando. Parlò per circa un'ora del suo nuovo piano: l'uccisone di Albus Silente. Era da un po', anzi probabilmente da sempre, che voleva farlo, e ciò che era successo a Cara era stata la goccia di troppo. Quel miserabile vecchio, come lo chiamava lui, l'avrebbe pagata. Avrebbe capito, esattamente come tutti, cosa significava mettersi contro il signore oscuro. Per tutto il tempo ci fu silenzio, un'atmosfera tombale interrotta solo da qualche risata qua e là. Bellatrix specialmente era silenziosa. Non interruppe mai, non disse mai la sua, nemmeno quando, alla fine, Voldemort diede a loro la parola. Raccolse tre o quattro opinioni di poco conto, che già sapeva non gli sarebbero servite, e verso le dieci li congedò. C'era chi tornava di sopra per parlare e chi, frettolosamente, si smaterializzava. Gibbon, ad esempio, non restava mai. Vide Bellatrix raggiungere Rabastan e aspettare con lui Avery e Mulciber, che ancora si intrattenevano con Severus cercando di convincerlo a salire con loro. Fu lì che si decise "Bellatrix, tu resta" disse, e solo una volta detto si accorse che non suonava proprio nel miglior modo possibile. Sembrava un ordine e, forse, era proprio ciò che era. La donna si girò di scatto verso di lui, sorpresa, poi guardò di nuovo Rabastan, mormorò qualcosa e lui se ne andò. Col cuore che le batteva in gola si avvicinò al signore oscuro mentre anche gli ultimi se ne andavano e chiudevano la porta. "Volevate parlarmi?" si maledisse da sola per il tono che aveva la sua voce. Lui riusciva sempre a metterla in soggezione. "Sì Bella, siediti" lui le indicò la sedia vicino la sua, proprio affianco al capotavola, e insieme si sedettero. Da seduti era difficile, se non innaturale, tenere la testa bassa, quindi finirono per guardarsi negli occhi. Lei amava quando succedeva. Amava perdersi in quello sguardo rosso, le ricordava il fuoco. Aveva sempre paura, però, che lui si irritasse. Però non disse niente, e allora lei mantenne dopo tanto tempo quello sguardo. Lui intanto la osservava. Contemplava i suoi occhi neri come il cielo di notte, i suoi ricci, il volto sorridente ma timoroso, la schiena dritta. Avrebbe voluto che si rilassasse, sarebbe stato più facile parlare di una cosa del genere. Cercando le parole tornò a guardarla negli occhi. Gli davano una strana sensazione, come se riuscissero a leggere nel profondo di una persona. Si sentì improvvisamente indifeso e le parole gli uscirono prima che potesse fermarle "riguarda Draco". Draco. Cosa c'entrava Draco? Non lo sapeva nemmeno lui. "Voglio che sia lui a uccidere Silente" La donna lo guardò per un po' cercando di nascondere il velo di delusione che però le si vedeva sul volto. "Certamente" disse infine deglutendo "gliene parlerò" "bene" disse lui, e si alzò. La donna era ancora seduta, e guardandola dall'alto provò come un impulso istintivo. Non era tardi. Poteva riprendersi la sua Bella. Poteva parlarle. Ma lo voleva davvero? Aveva tanto desiderato che lo guardasse negli occhi, e quando l'aveva fatto si era sentito così debole. "Ora puoi andare" si smaterializzò, lasciandola sola. Cara tornò in tempo per vedere Bellatrix che usciva dalla sala delle riunioni e si dirigeva in camera di Narcissa. La seguì. Si comportava in maniera strana. Forse non aveva creduto a suo padre? Qualcosa era andato storto? Si fermò poco prima dell'uscio aperto della camera di sua zia e iniziò a origliare. Bellatrix, all'interno, si era seduta sul letto, le spalle stanche, i ricci di nuovo confusionari. "Non capisco" Era la sua voce "Sono mesi che succedono cose del genere, Cissy. Mi chiede di camminare, di fermarmi dopo le riunioni, sento il suo sguardo su di me. E mi piace." "E allora qual è il problema?" "Sai di cosa mi ha parlato oggi?" Anche Cara ne era curiosa. Qualcosa le diceva che suo padre aveva di nuovo fatto la mossa sbagliata "di Draco!" esclamò "capisci?" DRACO? Cosa c'entrava Draco nel loro piano? "No Bella, non capisco. Cosa c'entra mio figlio in tutto ciò?" "Lascia stare lui, non è questa la cosa importante, è che..." sospirò "forse sono io che mi faccio troppe aspettative" Cara sentì Cissy muoversi, e si sporse abbastanza da vedere che era andata ad abbracciare la sorella. "Sei già la sua luogotenente, o sbaglio?" "Non sbagli" "E l'anno scorso ti ha salvata da Azkaban, vero?" "Sì" sospirò di nuovo, poi si alzò per guardare meglio la sorella "Non sto dicendo che non sono soddisfatta. Lo sono. Per me è un onore anche solo avere questo marchio" si indicò il braccio "Non mi aspetto niente di più". Cissy scoppiò a ridere "E per questo sei partita per un tremendo viaggio di un anno con destinazione Azkaban assicurata?" La riccia la fulminò con lo sguardo "Ho fatto ciò che ho fatto perché, a differenza di molti altri, io gli sono fedele. Non farmi ripetere cose che ti ho già detto" "Se lo dici tu..." Cara non capiva cosa intendessero le due sorelle. Che viaggio aveva fatto sua madre? E qual era il motivo a cui alludeva sua zia? "Dico solo" riprese Bellatrix, interrompendo i suoi pensieri "che prima mi era facile capire ciò che aveva per la testa" fece una pausa "qualsiasi cosa fosse, noi...ne parlavamo" Noi. Aveva detto noi. C'era un noi. Forse non era tutto perduto. "Secondo me" disse la bionda alzandosi "dovresti smettere di pensare così tanto alla prima guerra e andare a parlarci" "e disturbarlo con questi inutili complessi?" sbuffò producendo un suono simile a una piccola risata isterica "sei forse impazzita?" riprese la bacchetta che aveva appoggiato sul tavolo e si diresse verso la porta. Cara si appiattì al muro per non essere vista. "Stamattina nel giardino non sembrava disturbato" "non c'entra niente" si affrettò a rispondere lei "parlavamo della riunione, cose importanti" "se lo dici tu" Narcissa si avvicinò alla sorella "ma per capire qualsiasi cosa credi stia accadendo..." lei si allontanò, capendo dove la donna voleva portare il discorso "no Cissy, non dirlo." La bionda però le si avvicinò di nuovo "dico sul serio, Bella" sembrava preoccupata, le prese la mano "quando ammetterai di essere innamorata di lui?" A quelle parole il cuore di Cara per poco non si ruppe. Lo amava. E lei sapeva che lui la amava. Era fatta. Si sporse per vedere la reazione della madre a quelle parole, ma la donna aveva già messo su una maschera di pura freddezza. Si liberò dalla stretta, il cuore aveva ricominciato a batterle in gola. Era vero. Sua sorella aveva ragione, e non era nemmeno l'unica ad averlo notato. Lei, Bellatrix, si era innamorata dell'uomo che più di tutti le aveva insegnato a disprezzare quel sentimento. Era successo durante l'ultimo anno della prima guerra, quando molti di loro erano già stati catturati. Le ci erano voluti ben dieci anni, mentre era ad Azkaban, a realizzarlo e accettarlo. Ma non poteva ancora ammetterlo. "L'amore è per i deboli" guardò la sorella dritto negli occhi e uscì di fretta dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé per non essere seguita. Cara la guardò allontanarsi, stranita. Credeva che il gioco fosse fatto. Ovviamente il piano non aveva funzionato. Probabilmente suo padre non ci aveva nemmeno provato. Ma aveva creduto di avere ancora una speranza, finchè non aveva sentito quelle parole uscire dalla bocca di sua madre. L'amore era davvero per i deboli? Qualcosa nel suo comportamento in quella discussione non l'aveva convinta. Guardò in fondo al corridoio e notò la luce accesa nello studio di suo padre. Decise che ci avrebbe parlato, doveva mettere fine a quella faccenda una volta per tutte. Si fermò per un respiro profondo prima di bussare alla porta. Era suo padre, era vero, ma il suo corpo ancora ricordava il risultato della loro ultima discussione. Bussò e lui la fece entrare. Appena la vide qualcosa come noia gli attraversò il viso, ma non lo diede troppo a vedere "Cosa c'è?" chiese invece "dovresti star già dormendo" Cara seguì il suo sguardo e notò delle carte sulla sua scrivania. Si sentì invadere dalla rabbia. "Davvero?" le uscì spontaneo "è tutto ciò che hai da dire?" Lui alzò gli occhi per guardarla meglio, ma non disse niente. "Avevamo un piano, avresti dovuto..." "Non intendo più parlare di questa faccenda con te. Me la gestirò da solo" e le indicò la porta. Lei invece alzò gli occhi al cielo "perfetto, vuol dire che non glielo dirai mai, vero?" sussurrò. Era solo un pensiero che le si era formato in testa, una riflessione del momento, ma non ricevendo risposta tornò a guardare il padre, che intanto si era irrigidito "dimmi che non è vero" lo supplicò quasi. Maledisse il tono con cui quella frase le era uscita: sembrava una bambina. Ma in fondo questo era, una bambina in cerca della mamma. Come nei suoi scenari peggiori, Voldemort scosse la testa "per ora no". Cara ebbe la sensazione che il cuore le si fosse fermato per un battito. Rimase con gli occhi spalancati a guardare suo padre finchè il cervello non processò quelle parole. "E quando allora?" urlò "quando hai intenzione di farlo?" "Non usare quel tono, ragazzina." Ragazzina. L'aveva chiamata ragazzina. "Quando vinceremo la battaglia, forse arriverà il momento giusto" Dopo la battaglia. Mancavano anni. Non l'avrebbe permesso. Serrò i pugni e quando parlò fu con voce tremante "perché?" Lui la guardò per un po' prima di rispondere "Perché l'amore è per i deboli, Cara." Di nuovo quella frase. Adesso capiva tutto. "Tu...questa frase..." Ovviamente sua madre non aveva mai creduto molto nell'amore. Lo sapeva perché nemmeno lei ci credeva troppo. Ma solo adesso vedeva chiaramente quanto suo padre ripudiasse quel sentimento. Bellatrix non credeva che tutto l'amore fosse per i deboli. Sapeva che l'uomo di cui era innamorata la pensava così. "Ma tu ci ami. Ami mia madre. Ami me." Non che ci credesse molto, in realtà. Ma aveva bisogno di sentirselo dire. Se suo padre non amava più sua madre, né lei, lo doveva sapere. "Io non so cosa sia l'amore" rispose freddo lui. Cara non poteva immaginare la confusione che aveva in testa in quel momento. Non sapeva perché stesse dicendo quelle cose, ma sapeva che era la cosa migliore da fare per non sentirsi più come nella sala delle riunioni. La ragazza iniziò a indietreggiare. Scuoteva la testa, incredula. Aveva negli occhi lo stesso sguardo che aveva Bellatrix quell'ultima notte. "Non sto dicendo che non ricorderà mai niente" riprovò Voldemort alzandosi "solo non adesso. Deve concentrarsi sulla guerra. Non possiamo permettere a un'inutile relazione di rovinare tutto." "Se la amassi" Cara si fermò proprio davanti alla porta, per iniziare a camminare di nuovo verso la scrivania "non definiresti inutile questa relazione. Se la amassi" alzò il tono della voce "non penseresti che una stupida guerra sia più importante di questo, se la amassi" adesso aveva il ventre schiacciato contro la scrivania, stava urlando "Non riusciresti a passare un giorno senza pensare a come farsi ricordare di te, papà!" Papà. Voldemort ebbe un sussulto a quella parola. "Questo è l'amore" era in lacrime. Abbassò la testa per non mostrargli il volto piangente, non si sarebbe umiliata in questo modo. "Lei ti ama" sussurrò più alle sue lacrime che a lui "ti ama davvero, da anni." Quelle parole immobilizzarono il signore oscuro. Bella lo amava ancora? Dopo l'incantesimo? "Non è possibile" farfugliò "l'oblivion..." "l'incantesimo cancella i ricordi" Cara si asciugò le lacrime e fece qualche passo indietro "non i sentimenti." Lo vide rifletterci, ma gli aveva già dato abbastanza tempo. Per tutto. L'estate era quasi finita e lei avrebbe trovato un modo per riprendersi sua madre, che lui lo volesse o no. "Non dare la colpa a una magia se non ami chi dovresti. Forse semplicemente non l'hai mai amata" si fermò un attimo, pronunciare quelle parole sarebbe stata una delle cose più difficili che si era costretta a fare "forse secondo te non sarei dovuta nascere." Aprì la porta e, una volta uscita, la fece sbattere con forza dietro di lei. Il portapenne sulla scrivania si rovesciò e l'uomo rimase fermo, dietro la sua scrivania, come se la figlia fosse ancora lì davanti. Si sedette lentamente, pensando alle sue parole. Non l'aveva mai amata. Per lui era stato così facile dimenticare tutto. Si era svegliato, una mattina, non provando più niente. Lei invece no. Lei quella mattina si era alzata ancora innamorata, sperando in un amore impossibile. Non si era davvero mai accorto di niente? Forse Cara aveva ragione. Forse davvero aveva mentito a se stesso per un anno. Allora perché il petto gli era diventato così pesante? Sentì dei passi nel corridoio e fece per urlare a chiunque fosse di andare via, poi ascoltò meglio quel rumore. Tacchi. Bellatrix era lì davanti.


Nota Autrice

sono DAVVERO soddisfatta di questo capitolo, e spero possa piacere anche a voi. Che dire, il prossimo è l'ultimo, quindi direi che siamo quasi alla fine. Approfitto per scusarmi qui per eventuali errori di battitura, purtroppo quando scrivo velocemente il mio pc non preme bene alcuni spazi, quindi capita che uno spazio non venga preso o che una lettera si scambi con un'altra. Cerco di farci attenzione, ma qualcosa sfugge sempre. Prometto che correggerò il tutto quando avrò finito di scrivere e farò una revisione generale <3

Remember me // BellamortDove le storie prendono vita. Scoprilo ora