8. Responsabilità.

54 11 15
                                    

Il rimbombo di due colpi di pistola riecheggiano nel piccolo appartamento abitato da me e dalla mia migliore amica e sono sicura che si sia sentito anche all'interno del pianerottolo. Di fronte alla porta del nostro appartamento ce n'è un'altra uguale, ma, fortunatamente, per ora nessuno è venuto a controllare cosa fosse successo...forse per paura che sia un terrorista. L'unico sentimento che ho ora è questo: paura. Ho paura di Ander per ciò che ha appena fatto, ho paura di Taylor per ciò che ha fatto a me pochi istanti prima e ho paura anche di me, di come possa reagire in seguito. Non riesco a far altro che fissare il sangue che fuoriesce dalla gamba del mio ex: ha un buco sul pantalone scuro che indossa e la sua polo chiara è macchiata di sangue, siccome, per tamponare la ferita, se l'è tolta restando a petto nudo. Si mantiene la gamba e piange per il dolore mentre è rannicchiato in due. Il colpo di pistola è andato dritto sulla sua coscia destra e il sangue macchia il pavimento in legno dell'appartamento; Taylor urla come un forsennato in preda al panico e al dolore.

«Maledetto!» urla con le lacrime agli occhi, mentre Ander mi strattona. «Aiuto!» urla più forte per farsi sentire dalla gente che vive negli appartamenti circostanti. Il mio ''protettore'' stringe i pugni. Sono sicura di poterlo definire tale?

«Dobbiamo andare, Breanna.» mi dice frettolosamente, mentre digrigna i denti e mi prendendomi sulle spalle come se fossi un peso morto, mentre ancora sono in intimo. Il suo braccio tatuato mi cinge sotto il sedere, mentre con l'altro mi mantiene il braccio destro. Fisso il pavimento senza parlare. Mi sento come sballottata da una parte all'altra senza che stia capendo effettivamente nulla. Prima un trauma, poi un altro... uno dopo l'altro. Ander scende di fretta le scale che portano al portone, mentre sempre più persone si radunano dinanzi alla porta del mio appartamento, cercando di capire cosa succede: qualcuno soccorre Taylor, altri sono con il cellulare in mano, probabilmente stanno chiamando la polizia, altri ancora restano scioccati nel vederlo. Fortunatamente, nessuno fa caso a noi.

Mi appoggia dal lato del passeggero, con cura, mi allaccia la cintura nera del veicolo. Io resto inerme; lui sa di aver fatto un guaio e non parla. Non mi guarda neanche per un istante, poi decide di partire per una destinazione che non conosco minimamente. Mi dice di chiamare Leila, ma onestamente non ho nemmeno la forza di parlare. Si passa una mano tra i capelli castano chiaro, mentre io fisso la strada scorrere davanti a noi, senza pensare al fatto che sia seminuda davanti ad un ragazzo che dovrebbe essere la persona che mi salva. MI rannicchio in un angolo, mentre le lacrime e lo shock iniziano a pervadere il mio corpo. Solo ora sto realizzando, solo ora che sono in macchina con un semisconosciuto che mi sta portando non so dove e che ha appena sparato al mio ex. Mi divincolo, cercando di aprire la portiera, mentre lui toglie la mia mano dal manico della porta e mi guarda, sconvolto e ferito. Poi, mette la sicura per i bambini. Non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi. Siamo in un paesino vicino Scottsdale ora, Tempe, e mentre lui continua a guidare, mi porge il mio telefono che era sul tavolo. Una sensazione di panico si impossessa di me. Ho dimenticato il telefono per Kyle.

«Bree, parlami, ti prego.» mi guarda per qualche secondo prima di riguardare nuovamente la strada asfaltata della città.

«Dobbiamo tornare lì.» dico con un tono freddo come la neve e con voce tremante, evitando di nascondere la paura.

«Scordatelo.» mi giro verso di lui come una furia. Forse ai suoi occhi sono io a voler evitare la cosa, ma a me lui sembra molto tranquillo. Un po' troppo.

«Perché l'hai fatto?» gli chiedo debolmente, mentre fisso il cielo blu. Stamattina sembrava una giornata serena, c'erano qualche nuvole sparse, ma il sole scottava la mia pelle, mentre ora sembra che senta solo freddo e che non ci sia più nulla intorno a me.

«Non ho pensato a niente quando ti ho visto così.» evita di guardarmi, forse perché non ho praticamente nulla addosso. Posa l'arma nello scompartimento riposto di fronte alla mia postazione e chiudendo la sua porticina con forza. «Ti ha fatto del male, Bree.» piango, stringendo i pugni. So che l'ha fatto. Mi ha ferito, mi ha portato via una delle cose più care che ho, ma non era un buon motivo.

One step closer.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora