7. Caos.

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«Accomodati.» gli faccio spazio per farlo entrare. Una sensazione negativa mi assale, ma cerco di scacciarla in fretta. Forse il mio sesto senso è un po' esagerato ultimamente. Non so perché, ma mi fa un certo effetto ritrovarmi da soli nella stessa stanza e posso decretare in pochi secondi che non è un effetto positivo. L'ansia mi contorce lo stomaco, così tanto che non riesco neanche a parlare. Mi paralizzo davanti la porta aperta, mentre lui è dietro di me a perlustrare l'appartamento in cui vivo. Con la coda dell'occhio destro, noto che posa gli occhi su di me che gli do le spalle.

Quando ha avuto gli scatti d'ira in passato c'ero io, da sola, ed ora ho paura che possa accadere di nuovo. Quando va su tutte le furie è impossibile da fermare, non si può ragionare con lui. Al contempo, ho anche una voglia matta di chiudere una volta e per tutte questa storia, dirgli che non provo più nulla, che non ci potrà essere un futuro tra noi. Non voglio più camminare per strada con l'ansia di vederlo, di vederlo con Cassie o con qualcun altro. È una cosa che, inconsciamente, penso di aver compreso negli ultimi giorni, ma me ne sto rendendo conto solo ora.

In questi sei mesi, nonostante inizialmente mi sia chiusa in casa a cigolarmi sul letto dal dolore, senza mangiare e con l'umore a terra mentre controllavo le sue storie su Instagram come se fossero un libro sacro, ho capito che si può sopravvivere all'amore. Non si muore. Nonostante io lo amassi più di ogni altra cosa, ho capito che si può ricominciare. Pian piano, ma si può. E ho scoperto che, nonostante in questi mesi sia stata chiusa nel mio appartamento, questi ultimi giorni in cui sono Leila mi ha trascinato fuori dal luogo in cui ora mi trovo, ho sentito la libertà piombami in faccia. Anche se ultimamente le cose non stanno andando perfettamente nella mia vita, mi sono sentita tranquilla. Senza lui al mio fianco. Il fatto che lui sia andato al letto con una delle mie migliori amiche, mi ha fatto venir voglia dentro me di stare lontana da lui il più possibile. Voglio iniziare a vivermi tranquilla la mia vita, a ripararmi l'anima e il cuore che lui mi ha distrutto, ma non posso farlo con lui al mio fianco. Finirebbe di distruggermi ed io, ora, voglio solo trovare la felicità.

Chiudo la porta sospirando, fiera della conclusione a cui sono arrivata in questi pochi giorni. Forse è vero che mi serviva una spinta. Quella spinta l'ho trovata in Leila o forse in Ander. La sua protezione nei miei confronti mi ha fatto capire che in realtà, la protezione che mi dava il mio ex non era minimamente paragonabile alla sua. Anzi, si può dire che era proprio lui a mettermi in situazioni di pericolo a volte. Mi avvicino al tavolo in legno scuro su cui è riposto il mazzo di fiori. Accanto ad esso c'è il mio telefono. Noto tre messaggi di Ander, di cui uno è di tre minuti fa:

ANDER: Bree, cosa sta succedendo?

Inviatomi otto minuti fa. Leggo gli altri:

ANDER: Devo arrivare da te?

Inviatomi sette minuti fa, e infine l'ultimo:

ANDER: Sto arrivando.

Gli rispondo, prima che possa succedere un casino qui. «Scusami un attimo. Fa' come se stessi a casa tua.» non gli degno di uno sguardo, mentre fisso la tastiera che compare sullo schermo del cellulare. Digito il messaggio per Ander:

BREE: Tutto ok, scusami. Era di Leila, non c'è bisogno che vieni, sono con lei.

Mento. Se sapesse che in realtà non è così, chissà cosa potrebbe succedere. Ieri mi ha protetta, è vero, ma in fin dei conti Taylor è innocuo e ingenuo. Non potrebbe mai farmi del male e questo discorso, prima o poi, doveva essere intrapreso da entrambi e doveva essere affrontato quando ci saremmo stati solo noi. Sospiro pesantemente, in colpa, e riposo il telefono dov'era prima, senza accorgermi che in realtà ho ricevuto un altro messaggio dal mio protettore.

«Dimmi.» appoggio i palmi delle mani sul tavolo, mentre ho il corpo rivolto verso il divano in pelle marrone scuro di fronte a me, su cui è seduto lui. Mi fissa il naso, poi si alza avvicinandosi pericolosamente al mio viso. Mi schiaccio contro il tavolo in legno, cercando di riporre maggiore distanza tra noi. Lui allunga le mani sotto il mio mento per esaminarmi meglio. Sposta la mia mascella da destra a sinistra delicatamente, mentre i suoi occhi tendono ad essere sempre più scuri.

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