Cielo e mare

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Puoi lasciare adesso
le vecchie convinzioni,
ne costruiremo altre
con nuove mie parole

Il lupo perde il pelo ma non il vizio: Carola, osservando Luigi, ne è sempre più convinta.
Il vecchio proverbio è un mantra che si riversa nella sua mente senza darle tregua.
Perché dovrebbe credere nei sogni, adesso?
Pensare che il cantante sia tornato sui suoi passi e si sia deciso, seppur in modo non del tutto esplicito, ad esternare i sentimenti che prova per lei è una favola che, secondo la ballerina, pecca sul finale. Perché Luigi è sul bordo di un grattacielo, sempre pronto a fare un passo indietro e gettarsi, nell'interminabile vuoto della sua esistenza, pur di rinchiudersi nuovamente in se stesso. Questo è un brutto vizio che, dopotutto, ha radici più solide di quel che pensava.

La verità è una: vorrebbe lasciarlo andare. Spera che, così facendo, sia lei a vincere questa partita d'amore contorta in cui si è ritrovata a giocare. Ma la sfida è già persa in partenza, quando non si è disposti a perdere. Perché Carola lo sa, a lui non può rinunciare.

Avrebbe dovuto iscriversi a teatro. Le sarebbe piaciuto imparare a nascondersi. Non ci riesce mai (a far finta che vada tutto bene). La sua testa è il vaso di Pandora, contenitore di tutti mali. E la speranza, come per la curiosa donna del mito, è lontana anche per Carola. Così, nel momento in cui indossa sul volto un sorriso freddo, Luigi le chiede: "cosa c'è che non va?".
E ogni volta la ragazza si domanda come faccia, a capirla. 'Che lei è strana: cerca il male in tutto e lui, lui sorride sempre.

Carola continua divagare nei suoi pensieri: disegna limiti, ostacoli e pericoli anche quando, a tavola, Luigi le chiede di passargli il sale. Non lo sente, non sente nessuno, in realtà. Vede solo suo padre sorridere mentre la madre con un braccio lo spintona divertita. È questo l'effetto che lui ha sulle persone. Le fa sentire leggere. Poi capisce che, in realtà, è di lei, che si prendono gioco.

«Terra chiama Carola.»
La mano anellata del cantante le si para dinanzi, destandola dal viaggio che aveva intrapreso nella sua mente.

«D-dimmi pure.»
Sbatte gli occhi per tornare alla realtà.

«La mia bambina sognatrice. Luigi ti ha chiesto di passargli il sale.»

Non in quel caso, ma in generale era vero, il fatto che sognasse. Forse anche troppo.
Ma Carola non se n'era mai fatta una colpa. Quando il mondo non era abbastanza, dipingersene uno ideale le sembrava la scelta più giusta da fare. Nella tavolozza di colori che utilizzava, la ballerina prediligeva l'azzurro (come e il cielo e il mare), il giallo (come le stelle e il Sole) e il rosso (come l'amore).

«Scusa, tieni.»

«Allora Luigi, come te la sei cavata in casetta senza la nostra piccola Carola?»
La ballerina vorrebbe dire alla madre di rimanere in silenzio, ma è troppo educata anche solo per pensare di farlo.
Luigi abbozza un sorriso indecifrabile.

«Bene, ma poteva andare meglio.»
Daniela annuisce e Carola non riesce a capire se sia soddisfatta o meno della risposta ottenuta. Dovrebbe sapere che dal ragazzo è difficile ottenere risposte coincise e comprensibili.

«A che ora partiamo domani?», chiede Carola mentre continua a girare e rigirare la forchetta nel piatto davanti a sè. Ha lo stomaco chiuso.

«La partenza è prevista per le 10, saremo lì per pranzo.» Luigi invece porta alla bocca un pezzo di pane con grande facilità, si sente a suo agio. 

«Devo sbrigarmi allora, non ho preparato ancora nulla.»
Si alza repentinamente, lasciando in tavola un grande spreco di cibo, e corre verso le scale.

«Ferma ferma, signorina. Dov'è che devi andare?»

«Roma papà, scusa se ho dimenticato di dirtelo. Ci saranno anche gli altri ragazzi, credo faremo una rimpatriata.»

Stella di periferia || Caroligi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora