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Mi ricordo che ogni volta che la domenica non volevo svegliarmi e alzarmi dal letto mia mamma tirava su le tapparelle come una furia urlandomi dietro e cominciavamo la giornata litigando.
Se solo potesse ancora farlo... questa volta non mi lamenterei.

Quando apro gli occhi noto con stupore che sul soffitto ci sono un sacco di palloncini colorati che volano. Sono dappertutto, anche legati alla sedia e al letto e altri ancora per terra. Sono coloratissimi e quei colori mi fanno sorridere nonostante il mio pietoso stato.
Quando giro la testa dall'altra parte mi ritrovo Alex di fronte con un grandissimo mazzo di rose.
«Buongiorno!» dice lui tutto sorridente.
«Ehm...ciao.» oltre al fatto che fatico a parlare sono davvero stupita davanti a questa scena.
«E buon San Valentino.» il suo sorriso si espande fino alle orecchie.
«Cos..?» il mio mento tocca quasi terra. «Cosa significa tutto questo?» dico guardando un po' in giro come se volessi indicare i palloncini e le rose con lo sguardo dato che le braccia erano bloccate.
« 14 febbraio. San Valentino, la festa degli innam...»
« 14 febbraio!? Siamo al 14 febbraio!? Alex quanto tempo è passato da quando..?! Cosa è successo durante tutto questo tempo?!»
«Ehi Kris non ti agitare, ti prego» il suo sorriso si è un po' spento. Forse la mia reazione non è stata all'altezza delle sue aspettative.
«Alex, è passato un sacco di tempo! Quasi 3 settimane.» Comincio ad agitarmi e sto cominciando a considerare il fatto che forse non potrò mai uscire di qui. Il panico comincia a impossessarsi di me.
«Che cosa mi sta succedendo Alex? Che cosa dicono i dottori? Quanto mi resta?» Le lacrime calde cominciano a rigarmi il viso.
«Kris...piccola mia...» Anche lui ora sembra giù di morale e il suo viso non mente il suo stato d'animo. Sedendosi dall'altra parte di letto mi prende le mani in mano:
«Hai ragione. È passato tanto tempo da quel maledetto giorno. E io non ne so molto di medicina ma ti prometto...ti scongiuro...che tu guarirai e usciremo di qui insieme il prima possibile.»
Ormai neanche le sue parole non mi danno più tanta tranquillità.
«Non è vero. Tu menti per farmi stare bene. Dimmi la verità Alex! Perché mi trovo ancora qui?»
«Kris...»
«Dimmelo e basta.»
«Io...»
«Dimmelo una buona volta. Ho il diritto di sapere cosa ne sarà di me.» Il petto comincia a farmi male forse per il troppo sforzo. I dolori mi trafiggono di nuovo come dei coltelli e io non sono più in grado di respirare normalmente. Ma cerco di tranquillizzarmi senza fare movimenti estremi in modo che i miei nuovi polmoni si calmino.
«E va bene. Hai il diritto di saperlo. E di certo non sta a me decidere di nasconderti le cose. Ti hanno diagnosticato l'epatite di grado F. Una non molto facile da trattare. Pare che il tuo sangue sia entrato in contatto con qualche virus e che l'abbia trasportato in tutto il corpo. Può anche trattarsi di un virus poco nocivo ma l'Hepatitis F ha la capacità di trasformarlo in qualcosa di molto più dannoso. I medici che finora hanno supposto solo delle ipotesi, le loro previsioni stanno prendendo radici. Il trattamento è ancora in fase di sviluppo dato che l'hanno scoperto di recente quindi è per questo che ti tengono sotto stretta sorveglianza e non permettono a nessuno di visitarti. Neanche io dovrei essere qui...io sono sempre entrato di nascosto.»
Sono scioccata. Pensavo che non poteva andare peggio di così invece... la vita riesce sempre a stupirmi. Ma ormai che importanza ha? Tanto non mi resta molto... Ormai ne sono convinta. Come potrei sperare ancora in un futuro? Come potrei volere continuare a vivere così? Voglio andarmene...basta. Okay. Hai vinto tu vita. Non ce la faccio più. Hai vinto tutte le battaglie ma hai vinto anche la guerra. Niente ha più senso. La mia intera esistenza è stata inutile. Almeno non morirò invano. Almeno ho salvato lui.
«Okay. Va bene. Non mi importa più di tanto. »
«Maccome? Non l'hai presa male?»
«Perché dovrei ? Alla fine è questo il mio destino. Va bene così. Non ti preoccupare. Magari prima o poi mi riprenderò chissà.»
«Kris...» le lacrime si estendono per tutta la lunghezza delle sue guance. «Non hai idea di quando mi dispiaccia.» e si avvicina a me abbracciandomi forte.
«Non importa...almeno sono contenta che io ti abbia potuto salvare.»
«Nonono che stai dicendo!? Avrei preferito mille volte vedere me stesso qua al posto tuo Kris...questo non me lo perdonerò mai.»
«Alex adesso basta davvero... Perché non parliamo d'altro? Del tipo cosa è successo dopo che sono stata investita.»
«Ah beh...se vuoi proprio saperlo...»
«Lo voglio ricordare.»
Lui si adagia sotto le coperte vicino a me come faceva di solito.
«Era il 22 Gennaio. Io stavo andando all'aeroporto, incontro a mio padre che stava tornando da uno scambio di lavoro, ma ovviamente ero in ritardo. Quella mattina ti avevo vista sul vicolo vicino al parcheggio del supermercato quando stavi andando a scuola. Ero dietro di te. Tu non mi potevi vedere. Ma avevo deciso di cambiare strada e di affrettarmi in modo da poterti superare. E ci avevo riuscito di poco. Di solito non faccio molta attenzione ai semafori e poi ero molto di fretta. Sono stato un vero coglione. Quando ho visto la macchina arrivare ero pietrificato ormai mi avevo visto dall'altra parte. Ma poi...sei arrivata tu. E mi hai spinto via. Salvandomi. Ma sacrificando te. Quando ti ho vista non ci volevo credere ai miei occhi. Quando la macchina ti ha colpita ho chiuso gli occhi per il terrore. Non so se sarei stato in grado di reggere una tale scena. Poi ti ho vista a terra. Il tuo sangue che macchiava la neve. I tuoi capelli che si dipingevano in rosso. I tuoi occhi vuoti che guardavano il cielo. Il tuo viso sembrava privo di qualsiasi scintilla di vita. Ero scioccato. Non ero in grado di reagire, di muovermi, di ragionare. Nulla. La tua voce insieme alle ultime parole mi risuonavano nelle orecchie di continuo. Poi mi sono avvicinato a te e ti ho preso tra le mie braccia chiamandoti più e più volte sperando che tu potessi sentirmi e rispondermi. Mi ripetevo di continuo che non era vero, che era solo un incubo, e che tu non eri morta... Perché per un attimo l'ho pensato. Quando non mi rispondevi pensavo fossi morta sul posto ed io ero pronto a buttarmi sotto la prossima macchina che stava arrivando. Poi è arrivata l'ambulanza e ti hanno strappato dalle mie braccia. Sentendo i dottori che pronunciavano le parole "polso, stabile, viva, ospedale, subito" presi un po' di speranza. E vedendomi che sporco dal tuo sangue e dato che non ero in grado di parlare portarono anche me all'ospedale. Probabilmente pensavano che anche io ero ferito.
Da quel momento in poi sto vivendo l'inferno.»

Pure Hearts, Damned soulsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora