3. New York, New York

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(Revisionato)

New York, New Yorkè una scommessa d'amoreLa Nuova Stella Di Broadway - Cesare Cremonini

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New York, New York
è una scommessa d'amore
La Nuova Stella Di Broadway - Cesare Cremonini

Audrey

New York era proprio come la ricordavo, palazzi altissimi che illuminano la notte, famiglie che passeggiavano tranquillamente godendosi la magia della città, i bambini che giocavano sui marciapiedi, negozi con i brand più costosi e alla moda, ristoranti stellati da cui proveniva una profumo che mi faceva venire l'acquolina in bocca. Osservavo la città dal finestrino del taxi, scorrermi accanto ad una velocità notevole. La Grande Mela, la città dove ero nata e dove la mia vita era stata rovinata. Nonostante il terribile ricordo che avevo legato a questo posto, per me rimaneva magica. La statua della libertà, l'Empire State Building, Central Park, i New York Knicks, gli spettacoli di Broadway, i pic-nic al Bryant Park di Manhattan; erano tutte cose che mi avevano accompagnata nel corso della mia infanzia, prima del trasferimento. Adoravo Boston, ma ero nata qui, a New York. Questa era sempre stata la mia città, l'unico posto in cui ero felice di uscire di casa solamente per ammirare ciò che mi circondava, dimenticando la stanchezza, ignorando l'orario. Il paesaggio, i colori, le persone. Tutto questo era semplicemente arte.

L'autista fermò l'auto di fronte ad un enorme cancello in ferro battuto, già dall'esterno era visibile una villa lussuosa che non poteva che appartenere al Signor German, talmente ricco da potersi permettere una villa al centro di una delle città più belle al mondo.

«Signorina, siamo arrivati a destinazione.» Mi comunicò l'autista, prima di scendere per scaricare la mia valigia. Gli lasciai la mancia nonostante fosse stato già pagato dal capo in precedenza. «Si goda la sua vacanza.» Affermò, prima di andarsene.

Vacanza, certo...

Senza che io facessi niente il cancello si aprì di scatto con un leggero rumore metallico, rivelando una donna in divisa che mi guardava sorridente. Aveva i capelli neri raccolti in uno chignon basso, lo sguardo gentile e la gonna lunga fino alle ginocchia le calzava a pennello, quasi le fosse stata cucita addosso.

Sapevo che il Signor German aveva abbastanza soldi per comprarsi un esercito, ma non credevo che mi avrebbe riservato una delle sue ville come alloggio. Pensavo più ad una topaia con i tubi che perdevano, la pioggia che filtrava dal soffitto e la puzza di fogna.

«Audrey Lewis?» Domandò, avvicinandosi. Annuii.

«Io sono Rose, mi occuperò della casa nel suo periodo di permanenza qui a New York. Mi dia pure la valigia, me ne occuperò io.» Si presentò, per poi tirare fuori dalla tasca della gonna un telecomando. La vidi premere un pulsante, all'istante si chiuse il cancello e si accesero i lampioni del vialetto che portava alla villa, seguiti poi dalle luci della casa.

Era un misto tra lo stile moderno di Zaha Hadid e la classicità greca. Forme armoniose, fuori dal comune, vetrate infinite, con un aggiunta di dettagli tipici dell'architettura greca: le colonne dotate di éntasi, un rigonfiamento impercettibile che serviva a farle sembrare dritte e slanciate; gli acroteri in bronzo che creavano un contrasto netto con il colore bianco della struttura. Persino io, che non ero un'appassionata di architettura, riconoscevo l'impronta di Maelle Jones, una ragazza che da qualche anno a questa parte era diventata molto importante nel campo dell'architettura moderna. Riusciva ad unire l'arte del passato a quella odierna, creando strutture e ambienti magici.

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