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Tw: emetofobia (vomito) ansia sociale e uso di droghe¡!

Sentii che stavo per svenire per la terza volta quel giorno, rinchiuso ancora una volta negli spogliatoi maschili, accovacciato alla tavola del cesso, dopo aver sbrattato anche l'anima di Gesù Cristo.
Guardai con occhi vaghi i muri di quel posto orrendo: disegni, scarabocchi, peni disegnati alla cazzo... Uno schifo insomma.
Ma d'altronde, benvenuti nel liceo artistico, non che ci sia nulla di male anzi, ma era naturale trovarsi ciò in una scuola del genere.
Mi alzai da quella tavola con le gambe tremanti seguite da un giramento di testa che mi fece barcollare, prima di tirare lo scarico del bagno.
Uscii dalla porta in plastica, trovandomi davanti al grande specchio non messo molto bene.
Mi sciacquai la faccia con acqua fredda, facendomi riprendere leggermente.
Uscii da quella merda di bagno con lo sguardo basso, con il respiro accelerato e stanco e con le mani sudate.
La campanella della quarta ora rimbombò nelle mie povere orecchie, segnando così l'inizio dell' ora. Fortunatamente quel giorno la professoressa di letteratura mancava per via dell'influenza, lasciando così i suoi alunni un ora di buca.
Entrai nella mia classe, la °4D, dove, come mi aspettavo, trovai immediatamente i gruppetti divisi formatosi negli anni precedenti.
In tutto eravamo sui trenta studenti della quarta, quindi c'erano in circa cinque gruppetti, tutti divisi in diversi angoli delle quattro mura.

Non dissi nulla, abbassai lo sguardo tornando al mio posto, sedendomi in silenzio, prendendo il mio cellulare è cazzeggiare sui social.
Sentii uno strano puzzo familiare invadere le mie narici, alzai subito lo sguardo sapendo chi fosse e da dove provenga.
Le sue labbra rosee reggevano dolcemente la canna in quel momento con la punta che pian piano, bruciata lentamente si accorciava.
Era normale vederlo fumare nelle ore dove non c'erano i prof, tutti ormai ci avevano fatto l'abitudine, seguendolo anche nelle varie azioni, ma se lo faceva lui, anche se in contemporanea lo facevano altre quindici persone, riconoscevi perfettamente il suo profumo.
Quasi nessuno gli rivolgeva la parola e lui non sembrava interessato a interagire con qualcuno, visto che stava in silenzio, disegnava, fumava e finite le lezioni con lo zaino in spalla, se ne andava via sgattaiolando tra la gente, senza proferire una parola a nessuno.
Era un ragazzo molto particolare, non che avesse problemi anzi, ma la sua atre per esempio, sembrava racchiudere qualcosa di losco, cupo e tenebroso, ma ciò sembrava sempre impressionare chiunque.

Ormai finito, spense il fischione sotto il tavolo, accompagnato da una strana espressione, prima di buttare via dalla finestra la canna ormai finita.
Passata una mezz'ora, lo vidi prendere il telefono e cazzeggiare anche lui per i fatti sua, così feci anche io, stando zitto e facendomi gli affari miei.

(...)

"Appa, sono a casa!"
Urlai togliendomi le scarpe lasciandole all'entrata e mettendomi le ciabatte, avviandomi così in salotto, dove trovai mio padre stravaccato nel sofà, tutto addormentato e infreddolito, con la televisione accesa e il telecomando sulla pancia leggermente gonfia.
Lo guardai sorridendo stanco, sapevo benissimo che lavorava giorno e notte per mandare avanti la famiglia, non che io, lui e i miei fratelli.
Mia madre ci abbandonò cinque mesi fa per andare via con un ricco sfondato lasciandoci nella merda alta fino al collo.
Mi maledico sempre per la mia ansia sociale, ciò non mi permette di trovare un lavoro, come un posto al fast-food come cassiere, o cameriere, ma nulla, mi sentivo morire dentro.
Mio padre mi diceva sempre che non importava, che si sentiva fiero di avere un figlio come me accanto, si sentiva al settimo cielo quando le professoresse lo chiamavano per complimentarsi. Mio padre era un uomo speciale.
Se fallivo e per me era una brutta caduta, per lui è solo un piccolo inciampo, aiutandomi così a rialzarmi.

Presi una copertina e gliela adagiai sul corpo, coprendolo fino alle spalle, accarezzandogli poco dopo i capelli grigiastri.
Salii al piano di sopra, entrando nella stanza del mio primo fratello, trovandolo a giocare con la console.
"Hey, Niki"
Mi avvicinai al letto dove si trovava lui, che spense dopo pochi istanti la console, dedicando la sua attenzione a me.
"Ciao Hyung... Appa? Prima era entrato e non ha neanche salutato..."
Lo trovavo buffo perché anche se aveva ormai quasi quattordici anni, di alcune cose non se ne accorge ed è meglio così, non mi sento pronto a dirgli la verità dei fatti ancora, volevo che la sua infanzia fosse più lucente della mia.
"Appa lavora giorno e notte ed è stanco, è nel divano che schiaccia un pisolino"
Gli pettinai i capelli biondi con le dita, annusandoli riconoscendo l'odore del mio shampoo, sorrisi ingenuamente.
"Eomma?"
Mi guardava con quegli occhi speranziosi di una risposta positiva, ma negai con la testa lentamente, abbassando lo sguardo non regge do il contatto visivo.
"Mi manca..."
Mi abbracciò fortemente la vita, sprofondando nel mio petto, sospirando più e più volte dal non piangere e crollare, aveva in animo sensibile e alla mamma era tanto affezionato.
"Piccolo..."
Gli accarezzai i capelli cercando di calmarlo il più possibile, lasciandoci qualche bacio in mezzo alla chioma.
"Allora..." Cercai di cambiare discorso.
"Ti sei preso cura di Minjun?"

"Si, gli ho dato da mangiare e abbiamo giocato tutto il tempo... Ora sta-"
Venne interrotto da delle urla dall'altra camera.
"Stava dormendo"
Sorrise staccandosi da me prima di sistemarsi i capelli sorridendo a differenza di qualche istante prima.
"Vado a controllare e vado a fare il pranzo, ti chiamo quando è pronto"

(...)

"Allora"
Scaldai del ramen e dei Noodles semplici per sfamare me mio padre e Niki, mentre per il piccolo scaldai del latte dal biberon.
In tutto ciò avevo Minjun che mi dormiva su un braccio, facendomi un po' inceppare nei movimenti, ma tutte le madri e tutti i padri ci sono passati al meno per una volta.
Misi a tavola le ciotole e tutto l'occorrente per mangiare, mettendo poi Minjun nel suo seggiolone blu con la cinturina gialla.
Andai in salone dove trovai mio padre che si strofinava gli occhi assonnato.
"Oddio Hyunjin scusami se non ti ho sentito, ti aiuto a preparare il pranzo"
Venne da me e mi prese con le mani il volto, abbassandolo alla sua altezza e baciandomi la fronte, chiusi gli occhi per la dolce sensazione.
"Non preoccuparti appa, è già tutto pronto, solo chiama Niki perfavore"
Gli sorrisi prima di voltarmi e andare in cucina.

(...)

"Allora, come vi è andata a scuola ragazzi?"
Ci guardò entrambi sorridendo, ciò contagiò anche noi.
"Appa non puoi capire... Noona Yuna mi ha dato un fiorellino oggi..." Guardò in alto con occhi sognanti.
"Finalmente dopo tanto tempo ci sei riuscito... Sono felice tesoro"
Gli baciò la testa sapendo che Niki andava dietro ad una sua compagna da tipo alle elementari e in questo momento si trovavano alla fine della terza media. Ero felice per lui, con la sua semplicità lo faceva sembrare così facile approcciare con nuove persone...
"A te Hyung?"
Sapevano entrambi che soffrivo di ansia sociale, entrambi mi sostenevano e cercavano di aiutarmi in tutto, anche se sapevano che non era una cosa da nulla.
"Bene, oggi ho avuto solo un po' di nausea, nulla di che"
Di fatto, mentivo se mi rendevo conto che nella giornata stavo veramente male, non facendo preoccupare ne mio fratello ne mio padre.

Era più forte di me, volevo che loro stessero bene, pensavo che da solo ce l'avrei fatta...

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I'm back, yes...
Domani cerco di pubblicare la terra Incantata.
Have a great day<33

our problems !¡Hyunlix¡! [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora