Dreams ~4

319 18 9
                                    

10 luglio 1977.

Il salotto di casa era appena
illuminato da una luce languida che illuminava tre divanetti verdi e due poltrone dello stesso medesimo colore. Una di esse era occupata da un ragazzo biondo abbastanza alto vestito in modo elegante come se dovesse andare a una cerimonia, di nome Evan Rosier. Un odore cattivo di fumo si sentiva per tutta la stanza a causa della sigaretta accesa che apparteneva però ad un altro ragazzo altrettanto biondo che stava in piedi vicino alla finestra prendendosi tutta la luce, la cui non era permesso entrare per via delle tende nere che erano appese ad ogni finestra.

«Barty potresti spegnere quella maledetta sigaretta!» Disse Evan con una certo tono di disapprovazione.

«Se a Regulus non dà fastidio perché dovrebbe darlo a te ?» Rispose Barty mentre faceva un altro tiro stando vicino alla finestra. Lo facevano sempre, ogni volta che venivano in questa casa Barty andava vicino alla finestra e si accendeva una sigaretta dandoci le spalle ed Evan ogni volta si lamentava del suo comportamento che per lui era "da isolato". Era come rivivere una stessa scena tante volte stare con loro, facevano le stesse cose, non c'era nulla di sorprendente di cui parlare e quindi ogni volta andava così.

Mio cugino, Evan, mi guardó con due occhi che prentendevano e basta senza avere un minimo di gratitudine. Era fatto così, era cresciuto così, non potevo lamentarmi di lui dopo tutto.

«Barty vieni qui dai.» Dissi sperando di ottenere l'attenzione del mio secondo amico che ottenni, per mia fortuna.

«E va bene, anche oggi si fuma domani.» Mi regalò un sorriso, mi stupiva ogni volta quanto potessero essere diversi quei due.

«Per Salazar finalmente!» Esclamò Evan alzandosi dalla sua solita poltrona.

«Io direi per Regulus.» Rispose Barty mettendosi un'altra sigaretta in bocca senza accenderla. Risi per la battuta davvero scadente del mio amico e lui mi guardò sorridendo. Il primo però non sembrò approvare la nostra intesa in quel momento e infatti quasi sbuffando disse «Siete due idioti.»

Fu Barty ad intervenire per primo«Mai quanto te Evanino.» poi lo seguì io. «Giá Evanino, cosa è quella faccia così oscura?»

Mi diede una pacca sulla spalla , poi il biondo guardò con occhi di sfida Barty e disse. «Sai che potrei prenderti in giro in mille modi ?» Barty si avvicinò al suo volto e rispose con tutta la calma del mondo. «Sì, ma in ogni caso, le prese in giro sarebbero una più banale dell'altra.»

Risi e le mie risate contagiarono anche gli altri due e così continuò tutta la giornata fino a salutarli una volta arrivata la sera.

Non erano giornate particolari le nostre ma avevo gli stessi amici da anni e mi andava bene così. Erano uno più diverso dell'altro ma andavano bene perché non pretendevano parole che io non volevo fare uscire, non pretendevano di conoscere ogni mio pensiero e per me questo bastava per farmeli andare bene.

Prima di andare però avevo dato un libro a Barty con dentro una lettera. In casa mia si controllava la posta prima di mandarla e quindi non potevo scrivere tanto nelle poche lettere che mandavo. Così io e lui avevamo inventato questo metodo, non lo avevamo detto ad Evan, ma ero sicuro che lo avesse capito già da tempo e anche a lui andava bene. Il tutto consisteva di andare in mezzo alle scale e ottenendo l'approvazione delle orecchie nascoste che ascoltavano ci conosigliavano un libro e dentro questo libro stava un biglietto piegato con scritto cose che non potevamo dire nelle lettere.

Quando scrissi quel biglietto ero sicuro di darlo a Barty, so che di persona non avrei avuto modo di parlagli, non volevo sentire il suo sguardo su di me mentre ne parlavo anche perché ero stato molto titubante a scrivere quel biglietto, ci avevo persino messo due giorni per finirlo.

Avevo descritto ogni particolare del 7 di Luglio, non specificando fosse la seconda volta che lo vedevo, ma era una bugia piccola e non rilevante. L'unica cosa che però non scrissi fu il sorriso, lo volevo tenere per me come se fosse un segreto. Sapevo benissimo che se Barty avesse saputo del sorriso avrebbe confermato quello che già pensavo, che fosse tutta una presa in giro, ma nonostante lo pensassi anche io non volevo che lo fosse e non volevo un'altra conferma. In questi due giorni avevo sognato spesso quel momento, come se la mia mente fosse ferma ancora a quella fotografia appesa al filo del destino e volesse dirmi qualcosa, ma io di mio malgrado non riuscivo a decifrare cosa. L'unica cosa che sapevo è che dovevo rincontrarlo per sbatterli in faccia che avevo capito di chi fosse la frase e che non mi servisse una sua risposta, ma dovevo attendere una risposta da parte di Barty.

Lui poteva dirmela perché suo padre lavorava al ministero e per quanto lo odiasse aveva iniziato a portare a casa dei libri babbani perché per come diceva lui "dobbiamo conoscere di più i babbani se vogliamo accogliere i loro figli nelle nostre scuole magiche." Barty non era d'accordo su quel punto però in compenso era pieno di nuovi libri e forse alla fine aveva quasi accettato la decisione del padre.

Quel giorno però decisi di non cenare, non volevo che la giornata finisse e la cena mi ricordava sempre la fine della giornata. Dissi al mio elfo di avvisare mia madre che non mi sentivo bene e che volevo riposare senza dare fastidio agli altri, lui non fu contento perché capì che stessi mentendo ma a lui non era donato il diritto di replicare le scelte dei propri padroni quindi non mi disse nulla se non «certo padroncino Regulus.» e chiuse la porta.

Presi veloce il mio quaderno, non volevo scrivere, volevo disegnare, avevo smesso da troppo tempo di farlo nonostante prima fossa una delle cose che preferivo. Non ricordavo di preciso il perché, avevo smesso di farlo da quando Sirius era andato via dando a lui la colpa, una colpa che non lo riguardava.

Non ebbi nemmeno la pazienza di sistemare la punta della matita che già avevo iniziato. C'era poca luce ma ero abituato a quel ambiente quindi non presi la bacchetta che avevo lasciato a terra per farmi altra luce, mi sarebbe bastata quella luce scarsa che entrava appena.

Nonostante non disegnassi da molto tempo non avevo perso la capacità scarsa che avevo, finii quasi subito il disegno e poi rimasi a guardarlo. Presi infine la penna, l'inchiostro e scrissi sotto "L'uomo che si agita fa scoppiare di risate gli angeli."

Lo avevo disegnato, ma non in una posizione qualunque, avevo disegnato lui che sorrideva. Avevo disegnato il sorriso che accompagnava le mie notti su un pezzo di carta. Non c'era un motivo, ma ero sicuro sul mio volerlo fare.

Chiusi gli occhi e mi addormentai sperando che il sorriso non rimanesse sul pezzo di carta ma che mi seguisse anche nei miei sogni.

Mine // JegulusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora