War~19

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11  Agosto 1977

Sarebbe stata una giornata fresca e piovosa d’estate, quello era il tempo che quel giorno Londra avrebbe regalato ai londinesi impegnati a correre al lavoro ancora prima che il sole donasse un po’ di calore e magari qualche sorriso a bambini che avevano come unico sogno quello di ammirare l’arcobaleno. Stelle erano i loro occhi che si illuminavano alla vista dell’astro luminoso che per loro però solo una grande palla di fuoco rimaneva, per altri invece era decisamente molto di più. Era vero che il sapere era potere, l’arte del conoscere ti permetteva di essere un passo avanti rispetto agli altri, anche i miei genitori la pensavano così, nel loro modo ovviamente. Così quella mattina quando uscii mi immaginai  chissà quanti lavoratori stavano compiendo lo stesso gesto. Uscii con l’alba e stupendomi del fatto che la rosa fosse già lì ad aspettarmi. Stupito ma non ignaro della promessa, alzai lo sguardo e lui era lì, non fisicamente, ma con il pensiero lo era sicuramente dato il raggio di sole che sfiorava la mia pelle pallida.

Era bizzarro che io uscissi per fare colazione nella Londra babbana, troppo abituato a farla a casa mia con la compagnia del mio elfo, ma quel giorno non avrei visto James quindi era meglio per me evitare casa mia il più possibile. Mi chiesi se avesse parlato di me a qualcuno, non credevo che qualcuno dei suoi amici sarebbe stato d’accordo, nemmeno i miei lo sarebbero stati ma lo sapeva solo Barty e doveva continuare ad essere così. Raccolsi la rosa, andava tutto bene, non c’erano pericoli quel giorno se non la paura di tornare a casa completamente bagnati date le previsioni. La presi e veloce la diedi al mio elfo con l’ordine di nasconderla in camera mia. Respirai un po’ di aria fresca e finalmente uscii con il mio solito passo svelto senza correre però. Non scelsi con cura il bar, non dovevo incontrare nessuno ma quel pensiero non mi fermò, scrissi infatti una lettera che avrei spedito più tardi, quando gli occhi dei presenti non erano così tanti da crearmi nemici. Presi qualcosa di dolce, preferivo la colazione dolce di solito, amavo i dolci babbani per quanto pochi li avessi provati, poi ero anche stato fortunato quel giorno perché la cameriera che mi serviva era anche molto gentile con me.

«Ecco a lei, non viene spesso qui, vero?» Mi chiese dopo aver appoggiato una tortina alle fragole.

«No di solito no.»

«Lei legge?» Disse mentre riponeva nel taschino il suo piccolo taccuino.

«Mi piace» Avvicinai il piattino a me, sentivo già il profumo delle fragole e della crema del dolce che era vicino a me, avevo scelto un dolce piccolo, nemmeno da bere avevo preso, solo quel dolce aveva catturato la mia attenzione.

«Dovrebbe venire più spesso qui allora, qua vicino c’è una libreria che dovrebbe aprire tra pochi minuti e le assicuro che ha tutti i libri che possiate immaginare, è così piena che mi stupisco a volte che abbia davvero tutto.» La ragazza parlava veloce ma non tralasciava nessuna sua  emozione. Gesticolava un poco mentre mi indicava la porta della biblioteca e i suoi occhi sorridevano mentre spiegava. «Sa a volte,per via della vicinanza, il mio Bar e la proprietaria di quel meraviglioso posto collaboriamo per far avvicinare giovani come lei alla lettura o alla politica, lei capisce qualcosa di politica?»

«No, temo di essere piuttosto ignorante in materia.» Ammisi io ormai dentro ad una conversazione così per caso.

«Può sempre trovare qualcosa lì dentro, è vicino anche l’anniversario della nostra libreria, pensi che è stata una delle librerie rimaste aperte durante la seconda guerra mondiale, grande simbolo della nostra cultura inglese e patriota soprattutto.»

«Seconda guerra mondiale?»

«Sì, signore.» Mi sorrise e mi guardava ancora con i suoi occhi dolci, erano grandi e scuri ma sicuramente il colore non oscura la sua trasparenza.

«Come pensa che le persone siano sopravvissute, voglio dire, era una guerra, come ha fatto la gente a non perdere se stessa?» La ragazza inclinò leggermente la testa ascoltando la mia domanda facendo così scendere i suoi ricci capelli neri legati da una coda tutti su un lato.

«Non posso darle la risposta certa ma se fossi un filosofo credo che la mia risposta sarebbe l’amore, se fossi invece un politico la forza del nostro paese…» La guardai e allora mi intromisi nel suo discorso. «Se fosse semplicemente lei?»

«Se fossi io non avrei una risposta, mi dispiace.» Annuii e lei mi sorrise di nuovo lasciando finalmente solo, prima che mi lasciasse però feci caso al suo cartellino e al nome che portava, Adele.

La ragazza aveva ragione, la libreria aprì poco dopo che io finii il dolce. Mi alzai per pagare, mi diressi verso la porta di legno massiccio della libreria e dopo un attimo di esitazione l’aprii entrando nell’edificio. Alla cassa come già detto dalla ragazza c’era la proprietaria, una donna che a differenza della prima era molto più anziana, più bassa e dall’apparenza saggia. Indossava un vestito verde con dei bottoni che lo chiudevano che davano l’impressione che la parte sopra fosse staccata dalla gonna che arrivava fino alle ginocchia. Aveva anche un cappellino che appena si accorse di me tolse e ripose su un appendiabiti in legno. La libreria aveva l’impressione di essere una antica biblioteca di una scuola privata, tutta in legno e tutta lucidata, ma era come divisa in due, infatti, dalla parte destra i cartellini dei libri non c’erano, i libri sembravano molto più simili a quelli di Hogwarts. Grandi e antichi. La parte a sinistra invece era piena di nuovi libro con cartelline che indicavano nuovi scrittori emergenti. A dividere le due parti c’era il salottino al centro accompagnato da due poltrone rosse, un tavolino basso e una sedia a dondolo. C’era anche un tappeto rosso e dorato al centro e molte finestre talmente grandi che arrivavano al soffitto dell’edificio. Su molte pareti c’erano volantini di partiti, di studenti che cercavano lavoro e notizie locali. La donna appena appoggiò il cappellino mi diede il buongiorno e mi invitò ad osservare meglio. Andai nella direzione che mi ricordava Hogwarts e con un dito sfiorai ogni libro. Libri di ogni materia filosofia, narrativa, scienza, astronomia, storia e matematica. Sicuramente questo posto sarebbe stato adatto per una ricarica di babbanologia. Credo che la professoressa sarebbe stata entusiasta e addirittura incredula di trovarmi in una libreria del genere. Come detto dalla ragazza comunque era per davvero così piena, il lato destro non terminava così, aveva infatti delle scale che davano per un piano più sotto e invece la parte sinistra saliva grazie ad una scala a chiocciola e continuava. Presi un libro finché non vidi fuori dalla libreria una testa conosciuta bionda, comprai il libro e uscii subito per raggiungerla.

«Pandora, ti stavo proprio scrivendo una lettera prima» Dissi accogliendo lo stupore della ragazza nel vedermi.

«Reg, che ci fai qui?»

«Non molto in realtà, guardavo questa libreria, ti ho preso un libro» Le passai il libro e lei lo prese più che volentieri.

«Grazie, è successo qualcosa? Dovevi dirmi qualcosa? Non mi scrivi mai di solito durante l’estate.» Disse con una certa acutezza la sua voce.

«Devo raccontarti un po’ di cose ma camminiamo»

Camminammo per molto e fu più semplice dirle tutto, non sarebbe stata contraria lei quindi era decisamente diverso l’imbarazzo che avevo provato con Barty rispetto che con lei. Era troppo una ragazza gentile per giudicarti, troppo buona per odiarti.

«Se lo ami è giusto.»

«Non sono certo se lo amo.» Scrollò le spalle e guardando il cielo rispose solo «Nessuno lo è davvero all’inizio.»

Disse e così continuò la nostra camminata. Mangiammo, ridemmo, piansi anche con lei, era incredibile, era incredibile che un essere così dolce volesse davvero bene ad una persona come me. Incredibile come il fatto che quando avevo anche solo detto che mi sentivo con un ragazzo e non con una ragazza lei non aveva nemmeno osato chiedermi se mi fossi sbagliato. Forse ero io quello che viveva in un mondo sbagliato, forse infondo ero io cieco della luce che certe persone portavano anche solo nel loro modo di camminare. La pioggia arrivò con le lacrime e noi divertono scappare sotto un portico per non bagnarci troppo. Correvamo e gli ignari avrebbero detto che saremmo stati una perfetta coppia, solo anime opposte noi eravamo, entrambe bisognose una dell’altra per comprendere.

Mi accompagnò lei a casa e prima che potesse andare via le chiesi una domanda che portavo con me da tanto.

«Che quadro volevi farmi vedere quel giorno?»

«I Girasoli di Van Gogh.» Rispose lei sorridendo.

«E perché mai dovrebbero ricordarti me?»

«Non è il quadro in sé, di più il fiore.»  Rispose iniziando a camminare all’indietro per non farsi vedere da nessun membro della mia famiglia.

«E perché?» Chiesi di nuovo insistendo.

«Chissà.» Scrollò le spalle indicandomi che dovevo andare e correndo poi via. Il sole stava calando e io stavo tornando nel mio mondo.


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Perché pubblico solo di notte? Non lo so nemmeno io



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