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«Shō...» mormoro, ma non riesco a finire. Le parole raschiano con violenza contro le pareti della mia gola e devo riprendere fiato. «Shō...» riprovo e questa volta resisto al dolore che provo nel momento in cui riprovo a parlare. «Shōta...» mormoro e il corvino mi osserva con gli occhi sbarrati.

Probabilmente neanche lui riesce a crederci: sono riuscito a parlare. Questo non era Kurogiri, questo ero io: Oboro Shirakumo. «In...in...» cerco di rivelare ad Aizawa il luogo in cui vengono fabbricati i nomu. Quel posto in cui tanto tempo fa hanno portato anche me.

Ricordo il dolore, il mio corpo che cambiava e io non potevo fare niente. Ricordo l'odore di chiuso e di sostanze chimiche. Ricordo quei macchinari per manipolare il mio quirk. Ricordo i ghigni e le frasi che quel medico mi riservava. "Tu sarai il mio capolavoro" oppure "Tranquillo. I tuoi amici pensano che tu sia morto". Ricordo la speranza che qualcuno venisse a salvarmi da quell'inferno. Poi un giorno tutto finì, fino a questo momento.

«O...ospedale» mormoro in preda ai dolori. Non riesco ad accumulare aria nei polmoni ed ogni respiro brucia, come se avessi corso per ore. Guardo davanti a me. Shōta mi osserva con le lacrime che gli rigano il volto e gli occhi arrossati. Dietro di lui c'è Hizashi, anche lui distrutto dal pianto. «OBORO, PUOI FARCELA!» urlano i due eroi davanti a me e piego leggermente le labbra per formare un leggero sorriso.

Erano anni che non sorridevo. Erano anni che non parlavo. Erano anni che non pensavo. Erano anni che non esistevo.

Guardo ancora i due uomini davanti a me. Sono cresciuti, sono degli uomini, sono degli eroi. Forse sono cresciuto anch'io. Chissà quanti anni ho?

Un'ennesima fitta di dolore mi colpisce senza pietà, come se qualcuno mi stesse trafiggendo ripetutamente con rabbia. La mia mente è ancora offuscata, ma per la prima volta dopo tanto tempo, sono felice. Per una volta sto vincendo io su Kurogiri. Io ci sono ancora. Era già da troppo tempo che cominciavo a dubitare del fatto che io non fossi ancora qui. Invece, eccomi. Io non mollo.

Shōta mi osserva piegato dalle lacrime. Ricordo ancora il giorno in cui lo guardai e capii che non era più un semplice amico. Il giorno in cui quei suoi occhi neri come la notte divennero improvvisamente la più accogliente delle luci. Quando capii che quello che sentivo era anche più di una semplice cotta adolescenziale.

In questo momento penso che non sia cambiato nulla. Quegli occhi pieni di quelle notti che lui ama tanto, anche se lontani, riesco ancora a riconoscerli. In questo momento vorrei solo sentire il suo calore avvolgermi, vorrei abbracciarlo e lasciarmi andare. Vorrei sentirmi al sicuro accanto lui.

Immagino che anche lui voglia le stesse cose. Non ci siamo mai detti un 'ti amo' e non ci siamo mai ufficialmente dichiarati, ma non è servito. Entrambi sappiamo perfettamente ciò che prova l'altro e questo ci basta più di qualsiasi dichiarazione d'amore.

«Ti salverò, Oboro» afferma Shōta con la voce incrinata e rimango leggermente stupito dalle sue parole. Non c'era bisogno che me lo dicesse, io lo so che lo farà. Non ho mai dubitato di ciò e mai lo farò. Eppure, sentirglielo dire ha riportato in me la speranza. Mentre lotto ancora per ogni singolo respiro lo osservo e tiro ancora una volta fuori la voce «Lo so». Aizawa mi guarda e nuove lacrime solcano il suo volto.

Una fitta di dolore più forte delle altre fa uscire violentemente quella poca aria che ero riuscito ad accumulare nei polmoni. Kurogiri sta riprendendo il controllo e sento gli occhi pizzicare. Non riesco a trattenerlo di più.

La nebbia violacea torna aggressivamente e mi ricopre il corpo, lasciando scoperta la testa. Vorrei rimanere qui con loro ancora un po'. Vorrei tornare ai tempi in cui ci travestivamo con le mie nuvole, ai tempi in cui io e Shōta organizzavamo attacchi insieme contro i villan, ai tempi in cui eravamo conosciuti come i 'tre scemi della sezione A'.

«Io ti salverò, Oboro e poi...poi...» sta ripetendo Shōta, ma le parole gli muoiono in gola, smorzate dal dolore che sicuramente sta provando in questo momento. «E poi...» Hizashi cerca di finire la frase di Aizawa, ma non riesce. Sorrido leggermente e mi faccio coraggio un'ultima volta. Affronto il dolore e faccio uscire la voce per terminare la frase. «E poi...» inizio e in quel momento capisco che Kurogiri sta tornando e che non ho più molto tempo. «E poi...saremo eroi».

Fine?

Saremo eroi-MhaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora