Luna era sempre stata un personaggione, sia per chi valutava il suo aspetto esteriore sia per chi quello interiore. Potevi criticarla per i capelli rossi, anche se pian, piano nemmeno quello importava, però di conservatori il mondo ne era abbondante! Oppure potevi prenderla in giro per tutte le salopette ricamate che aveva nell'armadio. Ma scusate, chi poteva sapere quanti vestiti avesse nell'armadio? Nessuno a parte Estrella ovviamente, però alla gente piaceva approssimare, giudicare o sparlare. Morale della dalla favola? Parlavano senza sapere e la gente ci credeva. Per le prove, chissene importa, tanto era una donna, le prove non servivano, anzi forse si poteva parlare di "testimoni oculari"!
Da piccola Luna era sempre stata molto vivace e ribelle. Se ne era fin dal primo istante, fin dal primo respiro, fregata altamente di ciò che la gente poteva dire sul suo conto. Era una bambina eppure sapeva già il fatto suo. Blaterare a vuoto non le piaceva, anzi la disgustava, però non se ne faceva una piega. Non amava essere elegante e fare la signorina graziosa, desiderava solamente essere se stessa, ballare felice nei campi, senza preoccupazioni futili che le imponeva la società.
Un miscuglio di dolcezza e sicurezza: Luna era esattamente questo, anche mentre ordinava una volta alla settimana, la sua colazione domenicale assolutamente meritata, dopo sei giorni di duro lavoro nei campi e in casa (inizialmente aiutava molto i suoi genitori e quindi qualche mancetta gliela acconsentivano). Amava quel latte al cacao, che mescolava col cucchiaio e la frolla dei suoi amati biscottini. Non le impottava se fossero al cioccolato o meno, bastava fossero fatti con le mani di una mamma, o di una nonna. Non dovevano avere dei figli per forza, ma le mani di una mamma e di una nonna si sentivano con l'esperienza: quella di chi aveva toccato l'impasto fin dalla tenera età e col tempo sviluppato un amore per il cibo, o l'arte pari a quello provato da una mamma nei confronti dei suoi figli, o di una nonna che aspettava con zelo i suoi nipotini, non vedendo l'ora di abbracciarli e di viziare le loro papille gustative.
Peccato che Luna, nel corso del tempo cambiò, quasi, quasi non la si riconosceva più. Alla tenera età di dodici anni perse suo papà in circostanze misteriose. Si sapeva solo che fu pestato a morte, visto che lo avevano ritrovato tutto blu, con la faccia gonfia e piena di sangue. In ogni caso non si sapeva chi avesse reagito peggio a quella perdita: o Luna, o sua madre, ma ad ogni modo, tutto ciò che era chiaro era che da quel giorno in poi il loro rapporto sarebbe cambiato, fino a formare una crepa così grande, aggiungerei enorme, da non poter più tornare indietro. Amen, il viaggio incominciava, se mamma non si metteva nei panni di una bambina orfana di padre, allora poteva benissimo rimanere a raccogliere il grano e a far pascolare il gregge. Però l'egoismo, ovviamente, c'era anche dalla parte di Luna, tuttavia la differenza era che lei era troppo giovane per comprendere ciò che si poteva provare nel perdere la propria dolce metà, se effettivamente potevamo parlare di quello. Ma Luna un briciolo di colpa la aveva comunque. Poteva immedesimarsi nella disperazione di una mamma, che avrebbe fatto fatica a mandare avanti la propria bambina e niente riusciva a giustificare il rimorso di non averci pensato, nemmeno la mancanza di fiato, o uno svenimento improvviso come quelle delle principesse settecentesche dell'alta regancy.
Quando suo padre morì, Luna incominciò, poco per volta, a chiudersi. Si sentiva sola e poco amata. Era sempre lei che faceva tutto, visto che sua madre era così addolorata, da non avere più le forze nemmeno per preparare la sua crostata ai mirtilli preferita. Pareva imprigionata in un buco nero sempre più profondo, che la allontanava ogni giorno ancora di più dalla realtà. Era bloccata e infine sprofondata nell'oblio. Anche Luna poteva capire quella sensazione, con la differenza, che si alzava tutte le mattine per mantenere l'orticello grazioso, che papà aveva lasciato loro e per dare da mangiare agli animali, mentre sua madre proprio un bel niente. Anzi andava anche bene se si alzava dal letto. Luna la definiva una povera strega, in quanto da un lato era triste per lei, ma dall'altro non si degnava nemmeno di compatirla o di aiutarla un poco. Un'entità forte nella sua inutilità, lasciando una bambina nel fare tutti i lavori di casa, ma Luna sapeva che un giorno si sarebbe vendicata. Forse la vendetta sarebbe stata fin troppo amara e quasi, quasi le dispiaceva pensarlo, ma ciò non giustificava, che per colpa sua aveva abbandonato pure gli amici e la sua infanzia pur di curarla e fare tutte le faccende di casa. "Mi sta divorando dentro questa donna!" Pensava sempre. "Perché non si alza! Dicevano che Dio i miracoli li faceva!" Luna una volta provò persino a farla svegliare da quel che sembrava il suo lungo sonno, dove la sostituiva il cadavere di una strega che si era pentita di dare la mela avvelenata a Biancaneve.
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Agata
General FictionAnni '40, periodo post guerra. Agata Rinaldi, una ragazza, che riesce a laurearsi nonostante il periodo storico e per il semplice fatto di essere donna, ha l'opportunità di trovare lavoro in Spagna, considerata la terra dove i sogni e i desideri si...