CAPITOLO 3

131 10 3
                                    

Quando la sveglia suonò è jungkook sentì jimin sgusciare fuori dal letto, gli sembrò che fossero trascorsi solo pochi attimi. Socchiuse un occhio annebbiato verso l’orologio sul comodino. Le cinque e mezza?

«Gesù, tesoro, è ancora l’alba!»

«Non ho finito di correggere i compiti.» Il ragazzo gli rimboccò il piumone fin sopra le spalle.
«Tu rimani qui al caldo.»
«No. Vado a farmi la doccia e poi preparo la colazione.» jungkook trascinò il suo corpo riluttante giù dal soffice materasso. Se jimin ci riusciva, poteva farlo anche lui.
La doccia fu di aiuto. Si strofinò i capelli con l’asciugamano e li esaminò allo specchio. Nessun accenno di calvizie, non ancora. Alla sua età, alcuni uomini iniziavano a diventare un po’ calvi in alto, ma i suoi capelli erano ancora a posto. Era ancora nel fiore dei trenta, ma alcune mattine si sentiva molto più vecchio.
Jimin aveva meno anni. A volte, jungkook si faceva prendere dalla paura di guardarsi un giorno allo specchio e vedervi l’immagine di un vecchio, mentre il suo compagno era ancora giovane e bello. Non che jimin lo lascerebbe, ma… voleva essere alla sua altezza.
Quando entrò in cucina, Jimin sollevò lo sguardo da una pila di fogli. I suoi capelli scuri erano scompigliati e le occhiaie erano evidenti nonostante la notte di riposo.

«Mi dispiace di aver lasciato acceso il baby monitor, ieri sera,» esordì.
«Non è servito a molto essermi preso cura di Ben se ti abbiamo svegliato.» «Scherzi? Me ne sono rimasto rannicchiato nel nostro bel letto caldo mentre tu mi hai risparmiato un compito da genitori. E quando sei tornato, mi hai fatto addormentare così dolcemente.»
«Ti ho fatto addormentare?»

Il sorrisino di jimin era malizioso. «Dopo sì.» jungkook gli baciò i capelli, dopodiché approfittò di quell’attimo senza spettatori minorenni per mettere una mano sotto il mento di jimin e sollevargli il viso per un vero bacio.

Alla fine, Jimin si staccò ansimando. «Devo ancora finire di correggere i compiti. Smettila.» Gli arruffò i capelli strofinandoseli contro il viso.
«Certo, tesoro.» jimin era così bello, nonostante i segni della stanchezza lasciati da una cattiva nottata.
Lussuriosa, per meglio dire. Una parola che jimin avrebbe apprezzato. Jungkook si compiacque con se stesso e aprì il frigorifero per prendere le uova e il pane.

«Ehi, Jimin, dov’è la pancetta?» «Finita. Sabato vado a fare la spesa. A meno che non vuoi pensarci tu.»
«Mmm, l’ultima volta ho combinato un disastro.»

Negli ultimi due mesi aveva fatto la spesa un paio di volte, ma le vecchie abitudini erano difficili da dimenticare. Tornare a casa con prodotti da forno scaduti e frutta ammaccata gli facevano risparmiare denaro quando ancora viveva alla giornata per pagarsi qualcuno che badasse alla figlia. Ma ora nessuno dei bambini voleva mangiare banane nere e lui non era riuscito a impedirsi di fare una smorfia davanti ai prezzi del cibo di qualità. Yuna e jimin invece erano imbattibili quando si trattava di fare la spesa.

«Mi arrangerò.» jungkook scosse il succo di arancia e lo versò in quattro bicchieri. I bambini si sarebbero alzati a momenti. A proposito…
«Non ti sembra che gli incubi di Ben stiano aumentando invece di diminuire?» jimin si stropicciò gli occhi e girò l’ultima pagina.
«Già, lo penso anch’io.»
«Non sarebbe il caso di provare con un’altra psicoterapeuta? Stiamo pagando un bel po’ di soldi a quella donna e Ben non sta migliorando.» Al momento, l’assistenza sanitaria di Ben in qualità di bambino in affidamento era a carico del governo, non dall’assicurazione di jimin o sua. Jimin aveva scelto la dottoressa Kelman, ma la sua tariffa non era interamente coperta dallo stato, perciò dovevano pagare la differenza. Jungkook non voleva di certo lesinare sul denaro, ma di sicuro avrebbe preferito vedere dei risultati.

«Forse possiamo trovare qualcuno più valido di lei.» jimin sospirò.
«Provaci pure, se vuoi. Ma avevo fatto una ricerca alquanto accurata. Hai idea di quanto sia difficile trovare qualcuno con referenze affidabili e tempo per un nuovo paziente? Comunque, secondo la Kelman gli incubi potrebbero essere un buon segno. All’inizio Ben non si fidava per niente di lei, ma ora ha iniziato a parlare. Dice che gli incubi potrebbero essere dovuti al fatto che stia iniziando a pensare a tutte le cose brutte, che sia sul punto di dirgliele. Di farle venire a galla.»
«Le hai parlato?» jimin alzò gli occhi al cielo e tornò a occuparsi del compito.

COMPITI A CASA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora