Manuel si è beccato una sospensione.
Una sospensione, e tre paia di occhi che, in questo momento, lo stanno scrutando in cagnesco.
«Mò pe' quanto ancora me dovete guardà co' 'ste facce 'ncazzate?» sbotta, mentre seduto sul divano con le braccia incrociate e le sopracciglia sollevate, guarda i tre dinanzi a lui.
«Tu sei proprio un cretino, Manuel! Stavi andando così bene stavi andando, e pe' na cazzata te sei preso 'na sospensione. In quinta, poi!» alza la voce Anita, enfatizzando con il gesticolare delle mani.
«E mò che volemo fà, mà? Ormai m'ha sò presa è inutile che me continui a fà 'a predica, c'ho na lista de sospensioni, una 'n più che sarà mai. Nun fà 'a tragica.»
«Ma tua madre ha ragione, Manuel! Che discorsi sono questi? Gliel'hai data vinta a Lombardi comportandoti in questo modo!»
Manuel sbuffa. Sa di aver sbagliato, come sapeva anche che prima o poi, dopo le continue frecciatine da parte del professore sarebbe scoppiato.
Che evidentemente non è bastato concentrarsi sulla figura di Simone per mantenere la calma, quella volta.
Distoglie lo sguardo e subito si focalizza su quest'ultimo che se ne sta lì fermo senza proferire parola, per poi posare subito dopo uno sguardo sui suoi occhi grandi che sembrano quasi dirgli mi hai deluso, e Manuel non ce la fa.
Potrebbe sopportare e tollerare di tutto, qualsiasi tipo di dolore - ne è certo - ma non quello. Non la sensazione di non essere stato abbastanza per lui, di non aver soddisfatto le sue aspettative.
Così «Mi dispiace.» sussurra istintivamente.
«Cosa?»
Manuel ha lo sguardo fisso sulle sue mani, ma può immaginare la faccia della donna colorata di un'espressione confusa - quasi sorpresa.
Non vuole ripeterlo, eppure «À mà eddaje hai capito, me dispiace.» inizia ad agitarsi, sotto quegli occhi che sembra quasi lo stiano esaminando, studiando, analizzando.
E Simone, Manuel lo conosce come nessun altro. Gli basta fondere lo sguardo con il suo per comprendere il suo stato d'animo e così, nonostante sia davvero nervoso «Noi andiamo un attimo di sopra.» sbotta.
Il maggiore inizialmente è confuso e resta a fissarlo seduto su quel divano, poi titubante si solleva e a testa bassa lo segue.
Si chiude la porta alle sue spalle e «Simò...» fa per dire.
«No Manuel, no. Simò niente!»
«Ma perché te stai a agità così? Te interessa così tanto a te, eh? Dovresti esse contento 'nvece che er figlio modello d'a' famiglia sei tu.» sbotta, pentendosene subito dopo.
Simone lo fissa, deglutendo, incassando il colpo. «Fai il cazzo che ti pare, Manuel. Perdi l'anno e fai la maturità l'anno prossimo, io intanto me ne starò all'università lontano da qua e te invece ancora bloccato in quel liceo de merda con Lombardi che se diverte a metterte solo insufficienze.» sospira «È questo quello che vuoi? Passare un altro anno in questo modo, invece che studiare cosa ti interessa e ti appassiona davvero, invece di studiare filosofia? Non ti capisco Manuel, sul serio non ti capisco.»
«Ma tu lo vedi come fa Simò, ce stai pure tu nella classe mia o no? Come faccio a stamme zitto!»
«Non lo sto giustificando, dico solo che dovresti sopportare. Manca poco, anzi manca pochissimo, dovresti solo pensare al fatto che non lo vedrai più.»
Manuel sbuffa, portandosi entrambe le mani sul volto. Rimane in silenzio per alcuni attimi e poi «Scusa. C'hai ragione, scusami.» fa per sedersi sul letto del più piccolo. «Vieni qua.»
Quando si ritrovano finalmente uno affianco a l'altro, la distanza tra di loro è minima. Il più grande prende tra le mani il volto dell'altro; le fronti che si toccano, i nasi che si scontrano, le iridi profonde e scure che si mescolano, i loro respiri caldi a fare da sottofondo. «Scusami perché non riesco mai a renderti fiero de me.»
«Non è vero, lo sai che non è così. Io sono fiero di te amore, e tanto anche, mh?»
«T'ho deluso 'nvece.»
«Tu non potresti mai deludermi, non dopo tutti i progressi che hai fatto quest'anno»
Il pollice della mano destra di Manuel prende a muoversi lentamente ed il più piccolo chiude istintivamente gli occhi, beandosi di quel contatto.
«Ti amo, molto.»
«Ti amo, molto anch'io.»
«Me fai la barba?»
Simone a quella domanda apre gli occhi, e scoppia in una fragorosa risata.
«Te faccio la barba, sì.»
«Non perché te voglio dà ragione eh, perché me piace quando me la fai.» precisa.
«Invece ho ragione io, ti tagli Manuel non sai raderti.»
«Ma statte zitto. Dici così solo perché a te 'n te cresce manco 'n pelo e sei geloso 'n culo.»
«Seh, vabbè.» si scosta.
«'N do vai ao, damme 'n bacio.» lo prende per un braccio, per poi attirarlo a sé.
«Rompi palle.» grugnisce il più piccolo, con un sorrisino sulle labbra.
***
Amò ma dove stanno le lamette?
Simò 🖤
Nel mobileE grazie ar cazzo
Sto cercando nun ce stannoSimò 🖤
Ma te ne torni a casa de tu madre?No vivo qua ormai
Simò 🖤
Me n'ero accortoTe dispiacesse
Dai viè qua nun le trovoSimò 🖤
Manuel se vengo e le trovo te giuro stasera non mangiMe cucino da solo
Simò 🖤
E dopo pulisci teOk mo puoi veni a trova ste cazzo de lamette???
Così me fai anche la barba grazie 🙏🏻Simò 🖤
Eh sto venendoAh e me lo dici così?
Simò 🖤
Quanto sei cretinoSesso pazzo in doccia?
Simò 🖤
Con mio padre di sotto?Nfatti è arrivato il momento de prenderci na casa
Simò 🖤
Pensa a diplomarti poi ce pensiamo alla casa
Sai che bello poter scopare n santa pace in ogni angolo della casa
Simò 🖤
Manuel finiscila
Ma perché te sei chiuso dentro? sto qua fuori aprimiPerché sto in mutande Simò
Te che diciSimò 🖤
Sai che l'idea di fare sesso nella doccia non è tanto male alla fine ?Hai visto che c'ho sempre le ideone io
STAI LEGGENDO
Quotidianità - Simuel.
Fanfiction«Te conviene sta' fermo che non voglio passare 'na giornata al pronto soccorso.» «Se non ti stai zitto te la faccio passare io una giornata al pronto soccorso.» e Manuel ride, continua a ridere. «E non ridere Manuel.» continua Simone. Semplicemente...