CAPITOLO 1

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La ragazza si alzò inquieta dalla sedia e si guardò attentamente intorno. Era dall'inizio della serata che si sentiva osservata e questa sensazione non le piaceva affatto. Si trovava in una discoteca al limitare della città, uno di quei posti in cui non ti immagineresti mai di trovare una ragazza come Libera Mclaine, di bassa statura, dal corpo tonico, con un viso ovale e dei grandi occhi verdi nocciola.

Il suo docile aspetto veniva camuffato da un pesante trucco nero sugli occhi, delle calze a rete nere e un tubino corto attillato del medesimo colore. Era consapevole di essere attraente e ciò veniva a suo favore. Non passava inosservata, quando entrava in una stanza l'attenzione orbitava su di lei: in molti cercavano di avvicinarla, di conquistarla,di domarla. Ma lei non era di nessuno. Era uno spirito libero e troppo intelligente per farsi abbindolare da certi "trogloditi".

Continuò a guardarsi intorno e si concentrò sul locale: era molto affollato, muoversi senza urtare qualcuno diventava difficoltoso; il barman preparava le bevande con una grande velocità e un'eccellente maestria e molti, la maggior parte ubriaca, erano in pista.

Le ragazze ondeggiavano i fianchi e compievano affondi verso il pavimento, nel tentativo di sedurre la razza maschile ed alcuni, come la coppia al suo fianco, si dava da fare senza alcun ritegno. Inoltre, vicino ai bagni, un ragazzo stava distribuendo pasticche di ecstasy come se fossero caramelle. Sembrava di vedere un documentario sul degrado adolescenziale del XXI secolo.

Continuò a guardarsi intorno sentendo uno sguardo premere su di lei come un macigno. La sensazione era diventata fastidiosamente insopportabile. Era sul punto di volersene andare quando, appena voltata, lo vide: un ragazzo, di alta statura, dalle spalle larghe, con addosso una T-shirt che evidenziava le sue braccia muscolose, si trovava in fondo al locale; non riusciva ad intravedere i suoi lineamenti perché era troppo lontano, ma la luce ad intermittenza della discoteca riusciva a farle notare quegli occhi, così scuri e profondi che sembravano risucchiarla in un vortice che l'attirava nella sua direzione.

Continuarono a fissarsi ed il suo stomaco ebbe degli spasmi; la loro sembrava una tacita conversazione tra due anime. Libera aveva sempre odiato guardare le persone negli occhi, soprattutto quando si sentiva vulnerabile come in quel momento. Sentiva di non aver mai provato sensazioni simili, si sentiva strana e la nausea si impossessò di lei. Quegli occhi color pece continuarono a scrutarla, ma lei non abbassò lo sguardo, decisa a non mostrarsi debole. Perché si sentiva in questo modo? Come faceva un solo sguardo farle provare tutte quelle sensazioni?

Il loro contatto venne interrotto quando delle mani avvolsero i fianchi di Libera. Si irrigidì, pensando fosse qualche viscido ragazzo che voleva avvicinarla, ma quando sentì la sua voce sussurrarle: "Stai tranquilla, sono solo io", i suoi muscoli si rilassarono. Si voltò e due occhi verde smeraldo incontrarono i suoi verdi-nocciola.
"Thomas mi hai fatto prendere un bello spavento!" disse mettendosi a ridere.

Thomas era il migliore amico di Libera sin da quando erano piccoli e loro due erano inseparabili. Quando i genitori di Libera morirono, venne affidata ad una famiglia che abitava di fianco alla casa dei genitori di Thomas.

Appena compiuti diciotto anni, Selvaggia tornò alla città dove viveva con i suoi genitori, finendo l'ultimo anno di superiori da sola. Thomas la seguì l'anno dopo e divennero coinquilini.

L'amico aveva ancora le mani sui suoi fianchi e quando le disse:"Sei bellissima", nella sua mente sentì un ringhio spaventoso e rauco. Si voltò e osservò nella direzione dove poco prima c'era il ragazzo dagli occhi neri e profondi, ma lui non c'era più.

Il ringhio divenne sempre più forte e quando una voce nella sua testa sibilò:"Mia" mille brividi le attraversarono il corpo, rendendole quasi impossibile respirare. Stava forse impazzendo?
"Libera ti senti bene? Sei diventata improvvisamente pallida." le chiese Thomas preoccupato:"Tu non hai sentito?" rispose Libera con un'altra domanda.
"Cosa dovevo sentire?" domandò lui a sua volta.

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