Chapter Four

52 9 1
                                    

Ermal era stato maledetto dal Karma non trovava altra spiegazione.
Si sentiva solo, ignorato ed evitato. E forse in una sera come quelle la cosa pesava un tantino di troppo. Si era ritrovato a cenare solo in un locale quando l'unica cosa di cui aveva bisogno era sfogarsi con qualcuno di caro, aveva apprezzato molto le orecchie tese che Marco gli aveva promesso, ma non erano per lui stasera, erano per qualcun altro seduto a pochi metri lontano proprio al suo fianco. Ed Ermal non poteva fargliene una colpa, un amico non era un esclusiva ma non poteva negare che si era sentito sostituito e meritevole a sua volta di una colpa dandosi la risposta alla domanda che si era posto giusto qualche ora prima, e la risposta era: Si, era diventato davvero un amico pesante.
Aveva deciso di divertirsi, perciò non voleva sprecare tutte le sue energie a preoccuparsi di loro, avrebbe atteso le sue portate e goduto della buona musica che il locale proponeva, non avrebbe neppure sperato in una nuova canzone con il titolo che tanto ricercava.
Tutto perfetto se non fosse che nulla è andato come descritto.
L'unica nota positiva erano le note dei Negramaro e le crocchette appena sfornate come antipasto per l'attesa. Doveva avere un aspetto patetico, ogni singolo tavolo intorno a lui era composto da almeno due persone tutte intente a ridere e raccontarsi, per la prima volta si rese conto di quanto non era soltanto il bisogno impellente di trovare la propria anima gemella a bussare nello stomaco ma il suo estremo bisogno di affetto, di vita, di raccoglierne le briciole e non di sentirsi briciola nel mondo ed esserne divorato. Con estrema tristezza Ermal prese l'ultima crocchetta giusto in tempo per il cambio del piatto. L'unica cosa che riusciva a pensare era il testo della canzone che voleva tanto far ascoltare a Marco e che continuava a comporsi nella sua mente:

parole di rabbia
un attimo fa
per non sentire la noia
che ci divora
e accettare che senso
c'è solo quello che è
l'affetto muore di stenti
e non si ammazza da sé

Un giovane cameriere era arrivato a portare il suo Hamburger dall'aspetto squisito accompagnato dalla colonna sonora dei Led Zeppelin, lo ringraziò con un sorriso cortese e portò tutta la sua attenzione sull'hamburger. Il suo nome giallo di Senape risaltava nella ceramica scura del piatto confermando che il giallo era proprio il suo colore preferito, solare e caldo anche quando tutto il resto era fredda ceramica, ma un altra nota di calore attirò la sua attenzione: il rosso di un cuore fatto di ketchup. Ermal sorrise, non poteva negarlo, era davvero un pensiero carino quel modo di decorare e servire i clienti, di certo ne aveva bisogno e gli aveva fatto piacere.
Così come un artista che sceglieva con cura il pennello da utilizzare sulla tela, Ermal scelse una patatina da intingere in quelle salse, poi un' altra e un'altra ancora finché non si impose di frenarsi nel far fuori tutto il contorno prima di aver addentato il panino, così prima che fosse troppo tardi, accantonò le patatine dorate e diete il primo morso al panino. Ne avrebbe dato uno più grosso, o forse lo avrebbe magianto prima se avesse saputo che quello sarebbe stato l'unico.

«No. Vattene!» strillò voce vicina e familiare, nessuno dei commensali presente nel locale gli diete peso, anzi molto probabilmente era Ermal ad essere troppo concentrato a tendere l'orecchio da un lato. Ancora con il boccone tra le papille gustative girò il capo nella direzione di Marco, colui che aveva emesso quel suono. Si trovava all'impiedi pronto a indossare il suo cappotto e lasciare la sua parte di euro sul bancone, l'altro ragazzo pareva confuso e decisamente irritato, trattenendo Marco per la manica della giacca farfugliava qualcosa che da quella distanza Ermal non capiva. Così preso dall'istinto anche Ermal si alzò per raggiungere l'amico che sembrava essere in difficoltà rischiando di essere ancora una volta un peso, ma è così che fanno gli amici no?
«Che succede qui?» domandò Ermal avvicinandosi e due occhiatacce puntarono dritte verso di lui e lo infilzarono, una delle due però era leggermente più riconoscente e bisognosa dell'altro.
«Quindi è per lui?» chiese Paolo al suo amico con più di una nota di rammarico, ed Ermal ignorato non capì se avesse solamente interrotto una conversazione o se ci fosse qualcosa che dovesse capire ma che ovviamente non capiva, era lui l'argomento della discussione? Perché?
«Scusami?» gli chiese allora Ermal sentendosi preso in causa. Paolo gli rivolse uno sguardo stizzito, come se non credesse minimamente alla confusione che Ermal stava provando cercandone i chiarimenti.
«Lascia perdere, non sa quello che dice» intervenne Marco alla domanda, negando una risposta effettiva ma abbastanza efficace per ammutolire entrambi, uno per via della rabbia, l'altro per l'attesa di una spiegazione che sapeva sarebbe arrivata in seguito.
«Va bene» disse Ermal all'amico «Comunque, piacere, Ermal.» aggiunse presentandosi al ragazzo in sua compagnia, che a quanto pare lo conosceva già senza i dovuti convenevoli.
«Paolo» rispose freddamente e apparentemente un po' umiliato il ragazzo.
«Andiamo in camera, domani ci tocca la consegna al prof» propose Marco per poi girarsi verso Paolo «Noi due parliamo dopo» gli disse, e venne ricambiato da un cenno di assenso e labbra rammaricamente serrate, di quelle che vorrebbero dire tanto ma che erano impossibilitate a farlo, così senza più parole, i tre uscirono dal locale ma imboccarono o due strade differenti.

Metamoro || SoulmateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora