6. Valtur

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Come ad aver fatto un giro sulle montagne russe, sbucammo da dentro il foro come se i nostri corpi fossero stati ruotati di centoottanta gradi, e così come capita su quelle infernali giostre, mi sentii le viscere rivoltate.

Non appena capii che finalmente i nostri piedi erano saldi sul terreno, aprii un occhio, cercando di rendermi conto di dove fossimo finiti.
Intorno a noi, altro non c'era che una fitta distesa di alberi e arbusti, che rendevano quasi impossibile capire cosa ci fosse al di là di quei spessi tronchi. Alzando lo sguardo verso l'alto, si potevano notare che le chiome degli alberi erano così spesse, che la luce del sole riusciva a passare di rado tra una fronda e l'altra, immergendo l'intera zona in una penombra al quanto disturbante.

"Menomale" disse il biondo sospirando, per poi voltarsi verso di me "non dovremmo essere troppo lontani dalla strada."

"E da che cosa lo deduci?" chiesi confuso, sperando che Lucius fosse davvero riuscito a capire quale fosse la nostra posizione.
"Vedi quelli?" indicò con la mano che non era impegnata a reggermi, una fila di arbusti, molto simili l'uno all'altro, con sopra un muschio al quanto particolare; dell'erbetta luminescente, un verde neon che risplendeva, fastidiosamente, tra i rami degli alberi. Con un po' di impegno,si riusciva a notare che questo muschio era concentrato verso una zona precisa di quell'ammasso di erba e rami.

"Dovremmo essere all'interno della foresta di Ruleket, se seguiamo il muschio dovremmo riuscire ad arrivare sulla strada principale."

Sgranai gli occhi sconcertato.

"Dovremmo?"

"Si, è un po' che manco da Arcadia, aprire un portale qui significava fare un salto nel vuoto." Rispose il biondo con un sorriso beffardo in volto, che mi fece contorcere lo stomaco dalla rabbia.

Cercai di calmarmi, ripetendomi internamente che in una situazione del genere agitarsi non avrebbe aiutato, e nel mentre che mi poggiai all'albero più vicino per riposare la caviglia dolente, presi un grosso respiro.
Avevamo fretta, quello ormai era un fatto certo, ma nella mia testa mi chiedevo se pensare un secondo di più sul venire ad Arcadia o meno, oppure organizzarsi per il viaggio, non avrebbe reso la situazione molto più facile e sicura.
"Aspetta, ti do una mano." Disse poi Lucius piegandosi su un ginocchio.
Il biondo si mise in ginocchio, con entrambe le mani sulla mia caviglia, scostando alcune erbacce e dei cespugli per averla a vista; dopo aver chiuse intorno alla mia caviglia, e aver preso un respiro profondo, il suo medaglione iniziò ad illuminarsi.
"Che stai..." dovetti mordermi la lingua mentre stavo parlando, per evitare di strillare in un modo molto poco mascolino.
Un dolore acuto, improvviso, come se tutti i muscoli e i nervi della mia caviglia fossero stati torti in mezzo secondo, con uno scatto deciso e preciso.
Dovetti poggiarmi di schiena all'albero, stringendo i pugni, ficcandomi le unghie nel palmo della mano per non svenire per colpa di quella sensazione terribile.
Fu questione di istanti però, perché dopo aver ripreso il controllo di me stesso, e concentrandomi sulla caviglia, il dolore aveva fatto spazio ad un leggero indolenzimento.
Feci un paio di prove poggiando il piede a terra e muovendo la caviglia, sotto lo sguardo colpevole di Lucius.

"Meglio?" chiese lui con una faccia da cucciolo bastonato, quasi volesse farsi perdonare del non avermi neanche avvertito.

"Io ti uccido." Dissi rassegnato, lanciandogli uno sguardo infuocato.

Lui sospirò con un leggero sorriso in volto, alzandosi, e dandomi una pacca sulla spalla.
"Andiamo?" aggiunse poi, iniziando ad incamminarsi verso il muschio a neon.

"Come hai fatto?" chiesi, domandandomi in realtà il perché non l'avesse fatto prima.
"La mia unicità" disse, sparendo dietro un cespuglio.
Mi misi dritto velocemente, per poi seguire Lucius, preoccupato del fatto che perderlo di vista significasse rimanere bloccato in quel gretto labirinto di piante.

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