9- Chiacchiere e amnesia

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Pov Anne

Mentre beviamo un liquore, Fleur non fa che insistere sulla questione di quel valletto con cui mi ha casualmente colta oggi nei corridoi della reggia. Non posso continuare a insistere che non è nulla di serio, perchè tanto non mi ascolta ugualmente. Posso solo sperare che i ragazzi arrivino presto e che mi salvino da questa situazione.

Proprio mentre lei si sta per lanciare nell'ennesimo tentativo di strapparmi una confessione, alle spalle di Fleur compaiono due giovani, più o meno sui vent'anni, uno con una voluminosa cappigliatura rossa e l'altro coi capelli lunghi e scuri fermati dietro la testa con un nastro alla maniera del Re. 

"Ciao!!!!" Fleur salta addosso al ragazzo coi capelli rossi e lo stritola in un abbraccio. Abbraccia poi anche l'altro ragazzo, anche se con meno slancio. Si gira verso di me: "Anne, questi sono Jean..." Stringo la mano al ragazzo dai capelli lunghi, "e Leonida" appena la mia mano sfiora quella del rosso riconosco il tocco di uno dei due ragazzi dell'altra notte. Non dovrebbe stupirmi dato che lavora qui ma un brivido mi percorre il braccio mentre mi presento. "Sono Anne, molto piacere" e intanto penso che sono venuta qui tante volte, chissà che anche l'altro ragazzo non sia...

"Allora" Fleur interrompe i miei pensieri, "facciamo un brindisi a questa nuova notte" Il barista ci tende quattro calici di champagne "Che possa portarci tante nuove cose, e buone!" Fleur solleva il calice e brindiamo.

Da quel punto in avanti non ricordo molto, forse aver bevuto prima il liquore poi lo champagne e aver smangiucchiato solo qualche meringa non ha aiutato, però un paio di cose mi sono rimaste. Leonida ha detto di avere 25 anni, anche se li porta molto bene, gli piace la caccia e il bagatelle, lavora in questo posto da una vita, apparentemente è stato quasi adottato dai gestori (un po' come Ambrose, il barista) e da allora vive qui. Jean al contrario è più giovane e ha iniziato da poco, è stato licenziato dal suo vecchio lavoro e, rimasto praticamente a corto di denaro, ha dovuto ripiegare su questo, anche se a sentir lui è l'impiego che gli piace di più tra tutti quelli che ha avuto. 

Ricordo di aver chiacchierato con loro parecchio e di averli invitati a giocare a bagatelle, dato che anche a me piace molto, ma non ho idea di come io sia tornata a casa. Fatto sta che mi sono svegliata stamattina nella mia stanza con un mal di testa allucinante e la cameriera che mi portava la solita brioche, una fettina di millefoglie, e una tazza di caffè.

Cosa diavolo è il caffè vi chiederete. Non ne avevo idea nemmeno io fino a poco tempo fa. Pare che le prime piante siano state trovate a Caffa, da cui il nome, in Etiopia. Da quelle terre gli etiopi hanno portato il caffè con loro durante le loro campagne militari. Così le piante sono state diffuse fino a la Mecca e a Medina (Arabia), dove sono sorti luoghi di degustazione in cui ci si riuniva appositamente per berlo. Qualche anno fa il borgomastro di Amsterdam ha offerto al re di Francia, come "speciale curiosità", due piante di caffè in fiore, collocate nelle serre reali di Versailles. Ed è qui che entra in gioco Tousif, uno dei giardinieri della reggia, di origini arabe, mio grande amico da anni. 

Tousif ha scoperto le piantine di caffè nella serra e, usando la ricetta che aveva imparato dalla sua famiglia araba, ne ha preparato un po' e me lo ha fatto assaggiare. L'ho adorado dal primo sorso, da allora Tousif ogni giorno raccoglie qualche bacello e lo porta alla mia cameriera così che lei possa prepararmene una tazza fumante per la colazione. 

Ovviamente nessuno lo sa, anche perchè le serre del re sono sacre e guai a chi coglie qualcosa dalle sue piante, ma ora che ho assaggiato questa bevanda magica non riesco più a privarmene.

Comunque tornando a noi non penso che mi alzerò stamattina. Sì, penso proprio che starò qui a leggere un libro fino all'ora di pranzo.

Pov Fleur

Socchiudo gli occhi infastidita, una forte luce mi arriva dritta in faccia e mi sveglia. Ho gli occhi impastati e ma mente annebbiata, appena riesco a recuperare coscienza, un forte mal di testa si abbatte su di me come un ascia. Apro mezzo occhio per cercare di guararmi intorno. la luce filtra dalla finestra di fronte al letto, e da qui mi accorgo che non è la mia camera nei sobborghi, bensì una delle stanze del Plasir d'Or. Mi guardo ancora in torno per capire come diavolo ci sono arrivata. E a quel punto vedo una figura stesa sotto le coperte di fianco a me, troppo esile per essere Leonida, troppo robusta per essere Anne, scosto il lenzuolo e il viso che mi si para davanti, confuso e mezzo addormentato, è quello di Remì. 

Plasir D'OrDove le storie prendono vita. Scoprilo ora