2

42 5 2
                                    

Trigger warning

Linguaggio transfobico

Bullismo






"Ahi! Fai piano, ragazzone!"

"Zitto e cammina."

Steve mi trascinava neanche fossi uno scolaro che ne ha combinata una grossa. Non si era preoccupato neanche di inventare una scusa per l'urgenza con cui mi aveva portato lontano dalla riva e dagli altri Responsabili.

Eravamo di nuovo nel parcheggio - ormai vuoto -, quando mi stancai di essere strattonato: gli afferrai il colletto della maglia per fare da contrappeso e piantai i piedi per fermare quella marcia forzata. Forse tirai con troppa energia, so solo che il mio cervello prese a laggare come il computer vecchio di dieci anni di mio zio quando provai a usarlo per giocare a League of Legends. Quando si riprese, io e Harrington eravamo molto vicini.

Sorrisi, scrutandolo con attenzione e anche un po' di segreta ingordigia. "Cavolo. C'è da dire che riusciresti a imbrogliare persino... bhe, me."

Mi spintonò via. "Imbrogliare" fece eco, con aria stizzita.

Metterlo in difficoltà continuava ad essere molto divertente, ciononostante non insistetti. "Scusa, parlo per invidia. Vorrei averli avuti io i soldi da potermi togliere le tette al liceo-"

Si affrettò a tapparmi la bocca e per un secondo ebbi la tentazione di reagire come quando ero alle elementari, leccandogli la mano – ma forse, a pensarci, non era poi un istinto così innocente. Mi limitai a togliermi di dosso quella mano, tuttavia non ebbi fretta di lasciarla andare. Finsi di non notare la spontaneità con cui da quella mattina avevamo iniziato a toccarci.

"Tranquillo, Harrington. Non sono così stronzo da fare outing alla gente. Solo... sul serio: incidente col surf!? Ma da dove ti è uscita?"

Comportarsi come se niente fosse era difficile, perché il linguaggio del corpo di Steve era incredibilmente diretto. Nel far scivolare le dita via dalle mie in un gesto netto, indietreggiare di tre passi e chiudere il petto tra le braccia, fu evidente quello che voleva comunicarmi: lo stavo mettendo a disagio. Forse stavo oltrepassando una qualche sorta di limite che non avevo visto.

"È la prima cosa che mi è venuta in mente" brontolò come un bambino.

"Per essere uno con un segreto così grosso, sei terribile a dire stronzate." Mi uscì più amara di quanto avessi programmato, e allora mi resi conto di una cosa. Dietro all'intrigo, al divertimento e allo stupore per quella scoperta, si annidava in me anche una certa dose di rancore - che stava venendo fuori con frecciatine passivo aggressive.

Così, pensai che tanto valesse vuotare il sacco.

"Io ero convinto che tu non capissi." Mi sfuggì una risata sarcastica. "Perché mai un maschio cis qualunque dovrebbe arrivarci? Perché dovrebbe capire il motivo per cui arrivo a chiedergli di salvarmi da Carver?"

Lui gettò la testa indietro. Aveva intuito dove stavo andando a parare e il fatto che sembrasse addirittura esasperato dal mio discorso mi irritava ancora di più. "Non posso salvarti da nessuno, Munson" rispose. Poi rettificò: "Eddie. Comprendo la tua posizione ed è esattamente per questo che ho rifiutato di cambiare letto. Siamo sulla stessa barca."

"Oh, no che non lo siamo" sbottai. "Io non sembro un ragazzo!"

"Intendevo dire che non posso rischiare che qualcuno lo scopra. Non voglio. Per questo ho chiesto alla direzione di assegnarmi all'alloggio di Dustin e gli altri ragazzi: loro lo sanno."

Baby, you could be my endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora